VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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domenica 3 agosto 2014

Pani e Pesci

La gente ha fame della Parola del Signore.
Perciò, rimbocchiamoci le maniche.
Chi ha trovato il tesoro nascosto nel campo, ora crede.
Ha lasciato tutto per seguire questo folle Rabbì di Nazareth
che svela il volto di un Dio che ama i passerotti, che è più di
un innamoramento, che semina la Parola e non
si spaventa della zizzania.
Il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci insegna
a Matteo, e a noi, qualcosa di ancora più grande: questo
splendido Dio ha bisogno di noi, vuole che siamo noi a renderlo
presente là dove la fame di felicità e di senso diventano insostenibili.
Mettersi da parte
Gesù ha sentito dell’arresto del Battista: si rende conto che
la situazione si fa tesa; parlare di pace e di conversione è diventato
pericoloso, come in questi fragili giorni di follia e di terrore.
Gesù vuole farsi da parte, abbassare i toni, sparire ma, quando
arriva in Galilea, scopre che la folla lo ha preceduto.
Non manifesta stizza, né preoccupazione: mette da parte
il buon senso e la prudenza e si occupa della folla che
è come un gregge senza pastore.
Abitudine inquietante, questa di Gesù, anche durante l’ultima
cena, di fronte agli apostoli litigiosi, e ancora sulla croce, Gesù
si metterà da parte per donare la sua parola e la sua vita.
La fame, dunque. Fame di cibo, di giustizia, di senso, di pace.
Gesù conosce la fame, la nostra fame la vede, Dio non è sbadato,
e chiede ai dodici di aiutarlo, di trovare una soluzione.
Panico, amici.
Ma Dio non ci serve proprio a risolvere i problemi?
Cos’è questa storia, che ce ne facciamo di un
Dio che ci chiede di aiutarlo?
La Chiesa (quella vera)
Cos’è la Chiesa? Una holding del sacro?
Un vecchio baraccone che custodisce antichi riti?
Una centrale del potere che tenta di salvarsi dal
naufragio della modernità?
L’esperienza di Chiesa che vive Matteo diversa, racchiusa in
quel gesto ingenuo e potente dell’offrire la propria merenda
al Signore perché con essa sfami l’umanità.
L’umanità ha fame, amici.
Fame che Dio sazia, non noi, che Lui vede, non noi, che
commuove Dio e – speriamo – un poco anche noi discepoli.
Il mosaico di luce che il Maestro vuole disegnare ha bisogno
anche di noi, a Dio (burlone!) piace di coinvolgere i suoi
discepoli nel suo sogno di pace, e Dio chiede, al solito.
Date loro voi stessi da mangiare.
Signore, noi crediamo in te e ti preghiamo e ti veneriamo,
appunto per non dover far nulla!
Noi vogliamo sempre credere in te, Dio di ogni Potenza, proprio
perché tu ci tolga dai guai e sbrogli le nostre matasse!
Non è forse l’idea di Dio che preferiamo?
Un Dio che vede la sofferenza e – come un sovrano
illuminato – ascolta la preghiera dei suoi servi e li esaudisce?
Gesù, invece, chiede collaborazione, coinvolge.
Quando nella nostra preghiera chiediamo: `Signore ferma
le guerre!`, Dio ci risponde: `Tu per primo diventa costruttore
di pace`; quando lo invochiamo dicendo: `Aiuta quella persona
malata`, Dio ci dice: `Tu diventa mia consolazione per lei`.
Dal poco alla sazietà
Non siamo capaci, non abbiamo i mezzi, non abbiamo sufficiente
fede, abbiamo troppa zizzania nel cuore.
Ogni scusa è buona per aggirare la richiesta.
Gesù insiste: a lui serve ciò che sono, anche se ciò che sono è poco.
La sproporzione è voluta: pochi pani e pesci per una folla sterminata;
è una situazione che produce disagio, sconforto, la stessa sensazione
che proviamo noi quando cerchiamo di annunciare la Parola,
di porre gesti di solidarietà, di bene.
Incontro tanti amici nei pellegrinaggi, parliamo delle belle esperienze
in quei luoghi di pace e serenità del bel modo di vivere che aveva Gesù.
Poi si ritorna a casa e sentiranno e vivranno il contrario:
violenza, egoismo, opportunismo.
Vivo come uomo di pace e i miei colleghi d’ufficio ne
approfittano e mi fregano.
Dono il mio tempo al Vangelo,  e la gente pensa che io
sia una specie di funzionario di Dio.
Occorre arrendersi?
No: il nostro è gesto fecondo se accompagna l’opera di Dio,
è segno profetico che imita l’ampio gesto del seminatore,
è icona di speranza che imita la pazienza verso la zizzania
del padrone del campo.
Adulti: noi e Dio.
Animo, discepoli, coraggio amici!
Ci siamo saziati del cibo della Parola, del vino e del latte
gratuito del Padre, come profetizzato da Isaia, e sappiamo che
nessuna difficoltà ci può separare dall’amore di Cristo.
Siamo chiamati a donare quel poco che abbiamo, a condividere
con inattesa incoscienza tutto ciò che siamo, per somigliare
almeno un poco a questo Dio che riempie i cuori.
Un Dio adulto che ci crede e ci rende capaci di
cambiare il volto della Storia.
Questa è la Chiesa, quella del cuore di Dio, non quella delle
nostre elucubrazioni: l’insieme di coloro che hanno conosciuto
l’immensa tenerezza di Dio e che mettono a disposizione ciò che sono,
ciò che fanno, perché Dio sazi l’umanità stanca.
Santa Domenica, affamati di Dio, Fausto.



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