VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



Per informazioni e contatti scrivere a:

FAUSTOBERTILLA@GMAIL.COM



CELL. 349/1009626

domenica 31 agosto 2014

Eccoci amici, io e il mio amico Pietro

Pietro, porta pazienza;
se devo scriverti
un’ulteriore lettere
per correggerti!

L`altra faccia dell`amore.
No, Pietro non si aspettava una tale reazione,
e forse neppure noi.
Pietro ha appena riconosciuto nel Rabbì di Nazareth

lo sguardo stesso di Dio e Gesù gli ha appena svelato
di essere pietra, di avere un compito importante nella
comunità; finale felice, quindi.
Sarebbe stato così bello tagliare qui la scena, con
questa reciproca cortesia, con questo reciproco dono;
poiché Pietro viene presentato come modello del
discepolo tutti noi, credo, avremmo chiuso il
vangelo con un sorriso e pacche sulle spalle.
Ma c'è una seconda parte del vangelo di domenica scorsa,

quella meno poetica e piuttosto sconcertante di oggi.
Gesù, per la prima volta, parla apertamente ai suoi
discepoli del rischio che sta correndo e del fatto che la
sua missione potrebbe portarlo al dono totale, alla
consumazione ed alla morte.
Momento di tensione tra i dodici, e Pietro interviene
(certo ne ha il diritto, non è appena stato nominato Papa?),
prende da parte Gesù: meglio non fare questo discorso,
scoraggia il morale delle truppe, Dio ti preservi dalla
sofferenza Rabbì.
Catastrofe! Ma come, Pietro, eri partito così bene!
Perché vuoi insegnare a Dio come deve salvare il mondo?
Ma te le vai proprio a cercare tutte, che diamine.
La reazione di Gesù è durissima: tu ragioni come il mondo,
non sei ancora discepolo, il tuo parlare è demoniaco.
Mamma mia, ragazzi, che scoppola.
Anzi, per la precisione, l'ammonimento di Gesù a Pietro
è "passa dietro di me", cioè segui i miei passi, la mia logica.
Sì Pietro proprio ci assomiglia, e tanto, tutti noi almeno
una volta abbiamo cercato di insegnare a Dio quello
che deve fare, ne sono convinto.
Vediamo se riesco a sintetizzare la logica media del
cristiano, almeno ci provo, che dite…!
Dio è amore, è grande, è splendido, la mia vita è faticosa,
la cosa che più temo è la sofferenza, quindi Dio è alieno
alla sofferenza (beato lui!) spero mi preservi dal dolore.
Discorso che fila via abbastanza liscio, se non per un piccolo
particolare: Dio non la pensa così!
E te pareva, che dici Pietro, mai che ci dia ragione.
Gesù ci ha svelato il volto di un Dio amante, appassionato
degli uomini, fuoco bruciante (ne sa qualcosa Geremia: per
lui l'incontro con Dio è gioia e tormento, la sua vita è
radicalmente cambiata).
E chi ama lascia libero, chi ama soffre della mancanza

d'amore dell'altro.
Gesù soffre per la dura reazione dell'umanità verso di lui,
verso l'inattesa reazione del suo popolo al suo messaggio.
Gesù intravvede un ultimo gesto totale, un'ultima possibilità:
le parole non sono bastate, né i segni prodigiosi, né la
tenerezza, forse occorre consegnarsi, compiere il gesto
paradossale della morte in croce.
E Pietro obbietta: no, non questo, non ci piace un Dio che
soffre, non vogliamo un Dio che non sia trionfante e glorioso.
Ma come, lui può evitare la sofferenza e invece l'abbraccia?
Povero Pietro e poveri noi, quando capiremo la terribile

semplicità dell'amore di Dio?
Quando passeremo dall'idea che la sofferenza è male all'idea
che alle volte la vita è dono e donare chiede sofferenza?
Dio non ama la sofferenza, sia chiaro.
Ma-talora-compiamo gesti che comportano una rinuncia,
una morte, e la sofferenza diventa allora misura dell'amore.
Così il dolore del parto necessario a dare luce ad un bimbo,
il corpo affaticato che arrampica la vetta, la notte insonne
della madre che allatta il neonato.
Pietro, cambia idea ti prego, guarda l'amore, non il dolore,
resta stupito dalla serietà dell'amore di Dio che non resta
sulla barca solo quando tutto va bene, ma che è disposto a
mettersi in gioco, a donare tutto!
Ecco: il discepolo, come il Maestro, è chiamato ad amare
fino a perdersi.
Prendere la croce e rinnegare se stessi non diventa un
autolesionismo mistico (come spesso è stato proposto!),
ma una proposta di vita che contraddice la logica
mondana dell'autorealizzarsi.
Troppo spesso il nostro mondo propone una sorta di
idolatria del sé (fragile e ingenua).
Gesù propone di più: realizzi te stesso se la tua vita
diventa dono, apertura, accoglienza, il paradosso
del ritrovarsi "perdendosi" per gli altri.
Senti Pietro, lo sai che ti voglio bene e mi dispiace
quando fai quelle pessime figure, dai retta a me, visto
che ti assomiglio tanto perché non ci prendiamo
sottobraccio e camminiamo insieme, magari ci
correggiamo reciprocamente quando sbagliamo e
non facciamo la figura dei polli, se ci riusciamo, magari
Lui non se ne accorge e la facciamo franca, che dici?
Senti; se sei d’accordo ne parliamo con Gesù, ti va?
Grazie Pietro, sapevo che anche tu mi vuoi bene e
non hai più voglia di prendere bastonate sul naso,
perciò, qua la mano, amico mio e seguiamo Gesù
senza fare critiche, tanto Lui ha sempre ragione!

E con il mio amico Pietro, Santa Domenica amici, Fausto. 

Nessun commento:

Posta un commento