VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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domenica 31 agosto 2014

Parliamo dell'Amore

CHE COS’È L’AMORE.

Mi sono trovato con alcune persone per fare una
chiacchierata in amicizia, ci siamo scambiati le
nostre impressioni, i nostri dubbi, le preoccupazioni,
le nostre idee e i nostri valori, naturalmente
essendo quasi tutti sposati o fidanzati, si è toccato
anche l’argomento dell’unione di coppia,
del suo insieme a 360 gradi.
Questa volta, non ho avuto come di solito, nessun
tipo di attacchi da parte loro, devo dire che è stata
una bellissima serata, fino a quando la conversazione
si è diretta all’innamoramento, e qui sono iniziati
i dolori, perché, perché purtroppo ho intuito che
la maggior parte delle coppie, almeno per quelli
con cui stavo conversando, vive l’amore in un
modo sbagliato.
Mi spiego; per loro, l’amore è il momento dello
scambio delle effusione, per poi sfociare nello sfogo
fisico nella coppia, finito il quale, si ritorna al
solito tran tran quotidiano tra alti e bassi, magari
più bassi che alti, alcuni si lamentavano che la
loro partner è sempre stanca, con mille problemi,
con qualche acciacco, qualcun altro disse; è normale,
altrimenti che senso ha lo stare assieme se non
c’è il rapporto.
No, mi dispiace per voi, non sapete ancora cosa
vuol dire veramente amare.
Amore è, donarsi totalmente all’altro nel vero
senso della parola, anche quando ci sono problemi
come malattie, difficoltà, dolori e stanchezza,
e non è possibile avere dei rapporti.
Amore è guardarsi negli occhi con tenerezza,
anche quando gli occhi sono stanchi, anche quando
piangono, anche quando sono disperati, ricordiamoci
che un sorriso fatto con dolcezza anche dopo una
giornata tremenda di super lavoro o di sofferenza,
è far capire alla nostra compagna o compagno,
che va bene così, non ci sono problemi, io ti amo
così come sei, ti amo nei tuoi momenti critici,
magari nei momenti di stanchezza, di sofferenza o malattia.
Ti amo perché ti ho scelta, non solo per avere rapporti,
e quella scelta che ho fatto io la rispetto sempre con amore.
Non voglio farvi la morale perché sono meglio di voi,
quando siamo sulla barca della famiglia siamo tutti
uguali, ma questa è la mia scelta di vita logica,
diversamente non mi sentirei cristiano.
La serata finisce con qualche mugugno, qualche
rimpropero, ma tutto nella norma, anzi ci siamo
ripromessi di ritrovarci, dopo averci ragionato su
un pochino, è già una bella scommessa.
Pensate sia finito lì, impossibile, quando c’è di
mezzo Dio, non puoi stare tranquillo.
Nel ritorno a casa in macchina da solo, mi sono
chiesto; ho parlato dell’amore, ma io so veramente
cosa vuol dire amare?
Mi stavo arrovellando il cervello, quando Dio, birichino,
mi accende la luce, non quella della macchina quella
era già accesa, ma quella del cervello.
Gesù e la Croce, ecco il vero amore.
Noi lo abbiamo scaraventato in quel turbine di
sofferenza che avrebbe schiantato chiunque,
lo abbiamo appiccicato al legno del patibolo e
consegnato alla morte, e Lui che fa?
Ci spiazza con una delle sue inspiegabili azioni;
vi amo, ci dice dalla Croce, siete la linfa del mio corpo,
corpo sofferente per l’eccessivo amore.
Gesù in quelle condizioni di dolore, non ha pensato
a sé, ma ha pensato a noi: “Padre perdonali perché
non sanno quello che fanno!”.
Gesù non guarda se siamo stanchi, ammalati,
sofferenti o arrabbiati, Lui ci ama e basta.
Ecco il vero amore, il vero amore sei tu non la tua
persona, brutta o bella che sia, e questo mi basta.
E allora ho capito cos’è la preghiera, tante volte
noiosa diciamo noi.
Ho scoperto che la preghiera è un bacio al mio amore,
uno scambio di tenerezza con il mio Dio che è amore,
ma anche attraverso Dio un bacio alla persona
della mia vita anche se ammalata o sofferente.
Coraggio, allora, innamorati da strapazzo, mettiamoci
in coda, Dio si lascia baciare da tutti, tranquilli,
non lascia a piedi nessuno.
Questo deve essere il nostro insegnamento e,
forse vivremo meglio anche il nostro essere coppia,
la nostra unione e la nostra famiglia.
Un bacio a tutti amici, perché vi amo Fausto.   

     

Messaggio a Ivan

Messaggio particolare della Madonna al veggente
Ivan il 29 Agosto sul Monte Podbrdo alle ore 22,00.
Cari figli, anche oggi gioisco insieme a voi in questo
tempo di grazia.
Particolarmente gioisco quando vedo così tanti
miei figli che sono felici durante questi giorni.
Vi invito, cari figli, a pregare durante questo tempo,
per la pace.
Pregate per la pace, la pace che regni nel cuore dell’uomo.
Che mio figlio dimori nei vostri cuori, Lui vi porterà
la pace perchè Lui è la pace.
Io prego, cari figli, e intercedo presso mio Figlio per
tutti voi; perciò perseverate anche voi nella preghiera
e non abbiate paura ma continuate a pregare.
Grazie, cari figli, per la vostra perseveranza e perchè
anche oggi avete risposto alla mia chiamata


Eccoci amici, io e il mio amico Pietro

Pietro, porta pazienza;
se devo scriverti
un’ulteriore lettere
per correggerti!

L`altra faccia dell`amore.
No, Pietro non si aspettava una tale reazione,
e forse neppure noi.
Pietro ha appena riconosciuto nel Rabbì di Nazareth

lo sguardo stesso di Dio e Gesù gli ha appena svelato
di essere pietra, di avere un compito importante nella
comunità; finale felice, quindi.
Sarebbe stato così bello tagliare qui la scena, con
questa reciproca cortesia, con questo reciproco dono;
poiché Pietro viene presentato come modello del
discepolo tutti noi, credo, avremmo chiuso il
vangelo con un sorriso e pacche sulle spalle.
Ma c'è una seconda parte del vangelo di domenica scorsa,

quella meno poetica e piuttosto sconcertante di oggi.
Gesù, per la prima volta, parla apertamente ai suoi
discepoli del rischio che sta correndo e del fatto che la
sua missione potrebbe portarlo al dono totale, alla
consumazione ed alla morte.
Momento di tensione tra i dodici, e Pietro interviene
(certo ne ha il diritto, non è appena stato nominato Papa?),
prende da parte Gesù: meglio non fare questo discorso,
scoraggia il morale delle truppe, Dio ti preservi dalla
sofferenza Rabbì.
Catastrofe! Ma come, Pietro, eri partito così bene!
Perché vuoi insegnare a Dio come deve salvare il mondo?
Ma te le vai proprio a cercare tutte, che diamine.
La reazione di Gesù è durissima: tu ragioni come il mondo,
non sei ancora discepolo, il tuo parlare è demoniaco.
Mamma mia, ragazzi, che scoppola.
Anzi, per la precisione, l'ammonimento di Gesù a Pietro
è "passa dietro di me", cioè segui i miei passi, la mia logica.
Sì Pietro proprio ci assomiglia, e tanto, tutti noi almeno
una volta abbiamo cercato di insegnare a Dio quello
che deve fare, ne sono convinto.
Vediamo se riesco a sintetizzare la logica media del
cristiano, almeno ci provo, che dite…!
Dio è amore, è grande, è splendido, la mia vita è faticosa,
la cosa che più temo è la sofferenza, quindi Dio è alieno
alla sofferenza (beato lui!) spero mi preservi dal dolore.
Discorso che fila via abbastanza liscio, se non per un piccolo
particolare: Dio non la pensa così!
E te pareva, che dici Pietro, mai che ci dia ragione.
Gesù ci ha svelato il volto di un Dio amante, appassionato
degli uomini, fuoco bruciante (ne sa qualcosa Geremia: per
lui l'incontro con Dio è gioia e tormento, la sua vita è
radicalmente cambiata).
E chi ama lascia libero, chi ama soffre della mancanza

d'amore dell'altro.
Gesù soffre per la dura reazione dell'umanità verso di lui,
verso l'inattesa reazione del suo popolo al suo messaggio.
Gesù intravvede un ultimo gesto totale, un'ultima possibilità:
le parole non sono bastate, né i segni prodigiosi, né la
tenerezza, forse occorre consegnarsi, compiere il gesto
paradossale della morte in croce.
E Pietro obbietta: no, non questo, non ci piace un Dio che
soffre, non vogliamo un Dio che non sia trionfante e glorioso.
Ma come, lui può evitare la sofferenza e invece l'abbraccia?
Povero Pietro e poveri noi, quando capiremo la terribile

semplicità dell'amore di Dio?
Quando passeremo dall'idea che la sofferenza è male all'idea
che alle volte la vita è dono e donare chiede sofferenza?
Dio non ama la sofferenza, sia chiaro.
Ma-talora-compiamo gesti che comportano una rinuncia,
una morte, e la sofferenza diventa allora misura dell'amore.
Così il dolore del parto necessario a dare luce ad un bimbo,
il corpo affaticato che arrampica la vetta, la notte insonne
della madre che allatta il neonato.
Pietro, cambia idea ti prego, guarda l'amore, non il dolore,
resta stupito dalla serietà dell'amore di Dio che non resta
sulla barca solo quando tutto va bene, ma che è disposto a
mettersi in gioco, a donare tutto!
Ecco: il discepolo, come il Maestro, è chiamato ad amare
fino a perdersi.
Prendere la croce e rinnegare se stessi non diventa un
autolesionismo mistico (come spesso è stato proposto!),
ma una proposta di vita che contraddice la logica
mondana dell'autorealizzarsi.
Troppo spesso il nostro mondo propone una sorta di
idolatria del sé (fragile e ingenua).
Gesù propone di più: realizzi te stesso se la tua vita
diventa dono, apertura, accoglienza, il paradosso
del ritrovarsi "perdendosi" per gli altri.
Senti Pietro, lo sai che ti voglio bene e mi dispiace
quando fai quelle pessime figure, dai retta a me, visto
che ti assomiglio tanto perché non ci prendiamo
sottobraccio e camminiamo insieme, magari ci
correggiamo reciprocamente quando sbagliamo e
non facciamo la figura dei polli, se ci riusciamo, magari
Lui non se ne accorge e la facciamo franca, che dici?
Senti; se sei d’accordo ne parliamo con Gesù, ti va?
Grazie Pietro, sapevo che anche tu mi vuoi bene e
non hai più voglia di prendere bastonate sul naso,
perciò, qua la mano, amico mio e seguiamo Gesù
senza fare critiche, tanto Lui ha sempre ragione!

E con il mio amico Pietro, Santa Domenica amici, Fausto. 

sabato 30 agosto 2014

Lettera a Giuda

Vogliamo sempre farci
gli affari degli altri.

Anche Giuda, forse.
Stiamo andando a passi veloci verso l’autunno,
fra poco dobbiamo cominciare a parlare del Natale,
che sarà ghiacciato sembra, (hanno già fatto le previsioni,
dicono che sarà un’inverno terribile per il freddo; però,
anche questa estate doveva essere terribile per il caldo,
forse intendevano quello che non c’è stato!), perciò
dobbiamo già prepararci per l’Avvento di logica.
Ma purtroppo da me la logica non esiste, vengo
stuzzicato da un interlocutore, (chiamiamolo così
perché non voglio mettere il nome per la praivaci),
che aveva assistito ad un incontro formativo cui
avevo partecipato, il quale aveva come tema il
tradimento, bellissimo argomento, naturalmente
abbiamo iniziato con i tradimenti antichi o se vogliamo
disobbedienze, per soffermarci poi sul tradimento di Giuda.
Quella sera avevo portato una mia tesi appunto su quel
tradimento, la quale diceva che Giuda secondo me non
è stato un traditore, ma piuttosto un ingannato, un ingenuo.
Apriti cielo, critiche a non finire, fortunatamente un
giovane sacerdote prende la parola e dice: “Hai ragione
Fausto, la tua tesi può essere giusta, però ci devi
spiegare il perché”.
Io spiego il più chiaro possibile il perché e tutto
si tranquillizza fortunatamente.
Ritorno al mio interlocutore che era presente e non ha
avuto il coraggio di intervenire.
Alcune sere più tardi, mi interpella attraverso face book,
ed è altamente arrabbiato con me, mi dice subito che
non conosco assolutamente il Vangelo, che non capisco
un cavolo della fede ed è meglio per gli altri se non partecipo
ad incontri di quel tipo e che non posso stravolgere il Vangelo.
Ho preso paura, sembrava che avessi ammazzato
un’altra volta il Signore.
Signur, perché tutti a me, non lo so, mi sembra di essere
come la c…a, che attira le mosche, è forse perché ho tanta
pazienza? ma anche quella può esaurirsi.
Senti Signore, dimmelo se sbaglio, visto che ho voluto difendere
le tue scelte, se non sbaglio, Giuda lo avevi scelto Tu, grazie.
Hai pregato un’intera notte prima di sceglierlo, e lui ti
ha seguito per tre anni, giorno e notte.
Non credo che da un momento all’altro sia diventato una disgrazia.
Credo che troppo spesso Giuda sia stato liquidato dalla
predicazione cattolica come la macchietta del tradimento,
il prototipo del disgraziato, il simbolo del male, come
fosse l’unico artefice della fine di Gesù.
Siamo dei cattolici da strapazzo, pronti solo a incolpare gli
altri, anche di colpe nostre; bravi un applauso.
No, Giuda non è un traditore, ma un discepolo che
scivola nella caligine.
Noi discepoli, che puntiamo il dito verso Giuda, siamo
sicuri di essere dei puritani, siamo sicuri di non
commettere nessun peccato?
Sinceramente non lo so!
Come Gesù dico; chi è senza peccato scagli la prima pietra;
ma dove sono, non c’è più nessuno? No Signore sono
scappati tutti! Bene allora siamo a posto!
Vorrei proprio vedervi tutti se avete il coraggio di scagliare
la prima pietra, ipocriti e falsi, sapete solo lavarvi la bocca
con sentenze, un applauso.
No, Giuda non è un traditore, è stato ingannato, da chi?
Dai sacerdoti del tempo, proprio loro lo hanno fregato,
l’unica sua colpa è quella di essere stato un ingenuo.
Invece Giuda ci è prezioso; perché, perché ci assomiglia,
perché svela che dietro ogni discepolo c’è il rischio di un
abbandono, di un disastro, di un fallimento, il mio,
il vostro, quello di tutti noi.
Perciò, parlare del percorso di Giuda significa entrare
in una dimensione di umiltà, in cui non siamo certi della
nostra salvezza, né ci vantiamo della nostra fede.
Perché, vedete, se uno dei dodici che ha guardato Gesù
negli occhi, che ha visto i lebbrosi guarire e i ciechi tornare
a vedere, che ha masticato il pane della moltiplicazione,
è caduto in quel tranello, quanta umiltà dobbiamo
mettere nel nostro discepolato!
Se guardiamo al Vangelo di Giovanni, scopriamo una
rabbia verso se stesso quando parla di Giuda, perché il
fallimento di un discepolo, è una ferita per tutta la Chiesa,
per tutta la comunità, la rabbia di Giovanni dipende dal
non aver saputo capire e fermare la deriva di uno di loro.
Cosa aveva in mente Giuda?
Innanzi tutto il suo ruolo è marginale.
I sacerdoti avevano già deliberato di uccidere Gesù.
Devono solo trovare Gesù da solo, perché avevano paura
della sommossa del popolo.
Ecco a cosa è servito Giuda, a far capire a loro chi era.
Guardate che Giuda si è accordato con i sacerdoti;
semplicemente perché voleva che Gesù si incontrasse
con loro per spiegarsi, in effetti Gesù, non si era mai
incontrato con i sacerdoti.
Pensava che riuscissero a capirsi a spiegarsi per collaborare,
ecco cosa voleva Giuda.
In effetti, non gli ha chiesto soldi per l’informazione,
sono stati loro a darglieli, come ricompensa.
Poi quando troppo tardi, ha capito di essere stato ingannato,
li ha restituiti, lui, soldi bagnati di sangue non li ha voluti.
È sempre così, il male.
Si vende come bene, o come male minore.
È sempre così; inganna, crea zone di grigio, non è riconoscibile.
Nessuno di noi berrebbe a una bottiglia etichettata come veleno!
Il male si presenta sempre come un possibile bene.
Ogni nefandezza ha avuto, all’origine, qualche buona ragione.
Per Giuda la buona ragione è aiutare Gesù a manifestare la sua
vera identità, forzargli la mano, costringerlo a uscire dalle
riservatezze e, così, essere riconosciuto dal Sinedrio.
Che però, non ha alcuna voglia di accogliere un Messia.
Figuriamoci uno strampalato come Gesù, che vuol
condividere. Scherziamo!
Giuda non voleva far arrestare Gesù, abbiamo detto,
le cose non vanno come pensava, è inorridito nel vedere
quello che stava succedendo, corre dai sacerdoti, li supplica,
getta i denari per terra, non li vuole, non erano questi i patti,
mi avete imbrogliato, non c’è stato niente da fare,
ormai la frittata era fatta.
Non me lo posso perdonare, non sono riuscito a capire
quello che Lui voleva fare, ero troppo lontano da Lui,
non posso essere perdonato.
Giuda si toglie la vita dalla disperazione.
E noi vogliamo dargli del traditore, ironia dei cristiani.
In quel gesto, c’è tutta la nostra colpevolezza di quando
cadiamo nel peccato, ma ancora abbiamo il coraggio di
puntare il dito verso Giuda e dire; traditore!
No, Giuda, io non punto il dito contro di te, non me la
sento di mettere il peso delle mie colpe sulle tue spalle,
in quella colpa, centro anch’io tantissimo, scusami se non
ho avuto il coraggio che hai avuto tu, quello di ritornare
al Sinedrio a reclamare per l’imbroglio subito, avevo
troppa paura e sono andato a nascondermi.
Però, lasciami farti un rimprovero, perché caspita non
hai risposto al richiamo di Maria, Lei era venuta a cercarti,
come ha fatto con noi, non ti ha abbandonato al tuo destino,
sei tu che non ti sei fatto trovare.
Perché!
Solo quello voglio sapere; Perché!
Guarda che Gesù ti avrebbe perdonato,
come ha fatto dalla Croce con tutti noi.
Scusaci, Giuda, se non siamo stati capaci di aiutarti, di starti
vicino, ecco il nostro dramma.
Ecco caro amico interlocutore, io la penso così, attento
però che della caligine ce né per tutti e ci si sporca pure.


mercoledì 27 agosto 2014

All'Amico Pietro

SONO IO NON TEMETE.
(Matteo 14,22-33).

LETTERA ALL’AMICO PIETRO.

Dopo una notte insonne a causa dei
nostri problemi e di certe persone che
sembra si divertano a crearti dei problemi,
verso mattina mi sono incontrato con un mio
compagno di sventura, (mi spiego; dopo aver
ricevuto una telefonata, ne ho già parlato nel
mio sfogo di alcuni giorni fa dopo il ritorno
da Medjugorje, non riuscendo a dormire a causa
di quella telefonata, mi rileggo le meditazioni
che ho fatto durante il viaggio e ne trovo una
che sembra fatta apposta per me in quel momento
di crisi); un mio compagno di sventura, dicevo,
un certo Pietro, discepolo della prima ora, ci siamo
messi a chiacchierare della sua avventura
di quella notte, ed allora gli ho
scritto questa lettera, poi vinto
dalla stanchezza sono crollato.
Santa fifa ora pro nobis,
quando tutto va bene siamo dei leoni,
quando va male e la nostra fragile barchetta
è sballottata dalle onde della vita, ecco i
piagnistei, mai diamo piena fiducia
al Maestro e Pietro ne sa qualcosa!
Caro amico Pietro, possiamo darci la mano,
succede anche a me amico, di trovarmi carico
e riuscire e fare i primi passi sulle onde del mare
della vita, mi sento forte, poi ecco la tempesta e,
come hai fatto tu, anch’io sprofondo nel mare
della vita, ma abbiamo una fortuna in comune;
è Gesù, che ci prende per mano e ci
riaccompagna sulla barca.
Questa meditazione è il frutto del brano del
Vangelo di qualche domenica precedente,
riproposto per il nostro viaggio a Medjugorje
che diventava per noi l’attraversamento del lago
delle nostre miserie umane, le nostre paure,
le cadute e Gesù ci ha preso per mano e ci
ha riportato sulla barca.
Pietro? Già; oggi la Parola ci presenta
questo modello di discepolato con cui
confrontarci nella concretezza
della nostra vita di fede.
Gesù fugge il delirio della folla che lo vuole
fare re, dopo la moltiplicazione dei pani e
dei pesci, e si rifugia nella preghiera, da solo
sulla montagna, Gesù non vuole una fede—che
spesso, ahimè, è la nostra—basata sui miracoli.
Pietro e gli altri devono nuovamente
attraversare il lago di Tiberiade e lì, sul far
del mattino, sono investiti dalla tempesta,
quello che succede spesso anche a noi, in
particolare a me, sempre sul far del mattino.
Questo racconto è un’icona della Chiesa;
aspettando il ritorno del Maestro, anche
noi dobbiamo attraversare la Storia su
una fragile barca sballottata dai venti.
Me lo sono letto in una notte insonne,
è quasi mattino, amici, l’ora peggiore,
per chi si trova in difficoltà.
Questi duemila interminabili anni di
Cristianesimo hanno rappresentato
una dura prova di fede per i cristiani;
spesso dimenticando il Vangelo, spesso
travolti dalle persecuzioni (che continuano!),
i discepoli hanno assaporato e assaporano la
fatica della fede vivendo tra le persecuzioni
del mondo e le consolazioni di Dio.
Come succede a ciascuno di noi, d’altronde;
appena la Parola gettata dal seminatore
attecchisce, pur convivendo con la zizzania
che tende a soffocarla, ci mettiamo alla ricerca
della perla preziosa nel segno della condivisione
e—statene certi—arriva qualche
prova nella fede, urca se arriva, puntuale.
Una sofferenza, una stanchezza, una depressione;
il vento gelido del dubbio, l’assenza del Maestro
(sì, esiste, ho incontrato il suo sguardo
di compassione, ma ora è assente) ci
allontanano dalla fede, ci restituiscono al vortice
dell’inesorabile quotidianità, ci rendono pagani.
Così Pietro e gli altri, turbati dal vento contrario,
stanchi di remare, così noi, fragili discepoli chiamati
a sopravvivere dentro una modernità che anestetizza
la nostra interiorità e ci allontana dal se e dal vero.
Ma proprio quando l’onda è alta su di noi,
proprio quando ci sembra di essere
sconfitti, qualcosa accade.
Gesù cammina sulle acque tempestose e ci
ripete: “Coraggio, sono, io, non abbiate paura!”.
Pietro si tuffa, furbo lui, anche lui vuole
camminare sulle acque e sulle difficoltà;
si fida, muove i primi passi e poi miseramente
sprofonda nel lago agitato.
Gesù, garbatamente, lo prende per mano.
Grande Gesù, non lo prende per i fondelli come
facciamo noi, no, lo prende delicatamente per mano.
Davanti ai dubbi di fede, davanti alle tempeste
della vita, il discepolo è chiamato, ad ascoltare
nel suo cuore il silenzioso mormorio di Dio,
recuperando quella dimensione assoluta
che è il silenzio, la preghiera, l’ascolto meditato
del grande e quieto oceano della presenza di Dio.
Troppo pagano è diventato il nostro cristianesimo,
troppo efficientista, troppo rumoroso.
Urge riscoprire un modo nuovo di pregare e meditare,
un modo che attinge all’immensa tradizione cristiana
usando parole nuove, adatte alla sfida attuale.
Come Pietro, il discepolo è chiamato a gettarsi
nelle braccia di Dio, ma sul serio.
La fede è fidarsi, la fede è slanciarsi nel
vuoto, la fede è un concreto abbandono.
Troppe volte, però, la nostra è fede
condizionata, tentennante, dubitativa;
lasciamo aperta una via di fuga,
convinti ma non troppo.
E allora beviamo.
Quando la smetteremo di tenere in mano il timone
della nostra barca invece di affidarlo a Dio?
Fidiamoci, affidiamoci, confidiamo, diffidiamo
delle nostre (piccole e fragili) sicurezze.
Anche gli Apostoli hanno dubitato,
ma poi hanno creduto.
E come loro cerchiamo di vivere della
fiducia nel Dio dell’alleanza.
Animo, dunque, altri hanno già vissuto ciò che
viviamo, altri hanno già attraversato il mare
in tempesta, facciamoci coraggio, prendiamo
in mano il Vangelo, la nostra ancora di salvezza.
Ed ecco questo viaggio, partiremo, ed un
lungo viaggio ci porterà in un paese lontano,
Medjugorje, dove per nostra fortuna,
lontani dal nostro benessere, il nostro correre
quotidiano, ci troveremo nella quiete,
nella serenità e nella gioia,
accompagnati dalla Mamma Celeste,
riusciremo a ritrovare Dio per affidargli
la nostra fragile barchetta, ma
soprattutto ad imparare ad affidarci a Lui
gran navigatore (non come Schettino),
per superare le tempeste della nostra vita.
Animo allora mi sono detto quella notte,
senza paura devo riattraversare quel lago in
tempesta, forse è il destino che il Signore mi
ha preparato, sempre continuamente provato
per capire se mi affido veramente al suo Amore.
Magnifico Dio, perché non ti lascia mai solo,
e ti mette accanto tante persone che ti sorreggono
nel momento del bisogno, anche solo con una parola,
che è: “Io ci sono, navighiamo insieme?”.
Certo amico con piacere, in due si rema meglio.
Grazie a tutti quelli che mi sono stati vicini.  

Buona giornata navigatori e compagni di viaggio, Fausto.

Messaggio da Medjugorje

Messaggio della Madonna a Marija
del 25 Agosto 2014 a Medjugorje.
"Cari figli! Pregate per le mie intenzioni perché
Satana desidera distruggere il mio piano che ho
qui e rubarvi la pace.
Perciò, figlioli, pregate, pregate, pregate affinché
Dio possa operare attraverso ciascuno di voi.
I vostri cuori siano aperti alla volontà di Dio.
Io vi amo e vi benedico con la mia benedizione materna.

Grazie per aver risposto alla mia chiamata. "