VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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giovedì 17 aprile 2014

Andiamo avanti con la storia

Le Ombre e Giuda.
Stiamo per entrare nell’ombra.
L’ombra che è iniziata già durante la Cena.
Perché la passione è un omicidio pieno di luci e di ombre,
e gli evangelisti si divertono a mischiarle e a sovrapporle.
Come accade nella vita.
Abbiamo parlato dell’immensa luce, scaturita dal gesto
di Maria a Betania.
Abbiamo scoperto la grande accoglienza di chi ha
messo a disposizione la stanza del piano alto,
addobbata per una cena speciale.
Abbiamo contemplato il dono assoluto dell’Eucaristia.
Ora purtroppo, dobbiamo vedere le ombre.
Il gesto maldestro di Giuda.
Il litigio degli apostoli sui primi posti, durante l’ultima cena.
L’annuncio del rinnegamento di Pietro.
L’incomprensione totale con il Maestro.
Non abbiamo capito il momento doloroso del Signore.
Troppo chiusi nelle nostre misere certezze.
E allora, Luca, il misericordioso, ci guiderà in questa oscurità.
Il racconto del tradimento è molto triste, terribilmente tirato.
Luca dice: “Si avvicinava la festa degli azzimi, detta anche pasqua,
e i capi dei sacerdoti e i dottori della legge cercavano come sopprimerlo.
Però temevano il popolo.
Satana allora entrò in Giuda, chiamato Iscariota,
che era nel numero dei Dodici.
Ed egli andò a mettersi d’accordo con i capi dei sacerdoti e i
capi della guardia sul modo di consegnare il Gesù nelle loro mani.
Essi ne furono contenti e convennero di dargli del denaro.
Egli fu d’accordo e da quel momento cercava l’occasione propizia per
consegnarlo loro senza che il popolo se ne accorgesse” (Luca 22,1-6).
Nessuno degli evangelisti azzarda una ragione del suo gesto, nessuno
spiega il tradimento di Giuda, neppure Matteo, che pure c’era.
L’argomento “Giuda” è taboo, vietato, suscita imbarazzo.
Eppure Giuda è un discepolo, Gesù ha pregato un’intera notte prima
di sceglierlo; Giuda è uno dei Dodici, ha seguito il Maestro
per tre anni, giorno e notte.
Vedremo come Matteo insiste su Giuda, tentando un percorso di
redenzione, se non proprio di giustificazione.
Troppo spesso Giuda è stato liquidato dalla predicazione cattolica
come la macchietta del tradimento, il prototipo del disgraziato,
il simbolo del male assoluto, addossandogli grossolanamente ogni
responsabilità, come se fosse lui l’unico artefice della fine di Gesù.
Giuda il ladro, Giuda il falso, Giuda che vende l’amico.
Cattolici da strapazzo, che pensiamo che sia tutto così semplice,
che esistano davvero i cattivi e i buoni, noi, modestamente,
quasi sempre dalla parte dei buoni, scordando che la zizzania
e il buon grano crescono insieme in ciascuno di noi!
Devoti paurosi, che non abbiamo il coraggio di riconoscere
che ogni discepolo può scivolare nelle tenebre!
Discepoli sciocchi, che non vediamo come il male sia
sempre un combattimento tra luci e ombra!
Ma noi, quando cadiamo nel peccato, chi siamo?
Giuda; ecco appunto, non condanniamo.
No, purtroppo non è cos’ semplice.
Giuda non è predestinato a tradire, non è il malvagio
del momento, non è palesemente malvagio.
È un discepolo che scivola nella caligine del peccato.
Perciò, Giuda ci è prezioso; perché ci assomiglia, ci svela che,
dietro ogni discepolo c’è il rischio di un’abbandono,
di un disastro, di un fallimento.
Parlare del percorso di Giuda, significa entrare in una dimensione
di umiltà, in cui non siamo certi della nostra salvezza,
ne ci vantiamo della nostra fede.
Se uno dei Dodici, che ha guardato Gesù negli occhi, che ha visto
i lebbrosi guarire e i ciechi tornare a vedere, che ha masticato
il pane della moltiplicazione, è caduto; quanta umiltà dobbiamo
mettere nel nostro discepolato!
Io comincio, per primo!
Mi sembra di leggere fra le righe, soprattutto in Giovanni,
una rabbia repressa, quando parla di Giuda.
Verso se stesso.
Perché il fallimento di un discepolo, è una ferita per tutta
la Chiesa, uno smacco.
La rabbia di Giovanni, dipende dal non aver saputo
capire e fermare la deriva di uno di loro.
Cosa aveva in mente Giuda?
Diciamolo subito; il suo ruolo nell’uccisione di Gesù
è assolutamente marginale.
Il Sinedrio ha già deliberato di ucciderlo.
Deve solo trovare Gesù da solo, con i suoi apostoli, per non
arrestarlo in pubblico, e non creare una possibile sommossa,
decisamente inopportuna rispetto ai romani, specie in quei
giorni di festa, con la sgradita presenza, a Gerusalemme,
di Ponzio Pilato.
Giuda deve semplicemente indicare alle guardie del Sinedrio,
la forza di polizia del tempio, tollerata dai romani,
dove e quando prendere Gesù.
Per fare cosa?
Giuda, come leggeremo in Matteo, resterà stupito e turbato
dal processo e dalla condanna a morte; si capisce che non era
quella la sua finalità.
Cosa, allora?
Penso che, Giuda volesse semplicemente fare incontrare Gesù
con il Sinedrio.
Un incontro mai avvenuto fino ad allora, e che, secondo Giuda,
avrebbe forse permesso a Gesù di essere finalmente riconosciuto.
Quanta ingenuità in Giuda.
Probabilmente Giuda vede la situazione sfuggire di mano al Maestro;
il Regno auspicato non si vede e la folla si sta stancando Giuda,
attento al clima che si sta creando intorno a Gesù,
teme che tutta la missione stia fallendo.
E ha ragione.
Vuole forzare la mano, affrettare i tempi, vuole mediare,
certamente il Sinedrio, vedendo Gesù, ascoltando le sue ragioni,
lo riconoscerà, lui pensava.
Ma ragionando politicamente, argomentando, pensando che
Gesù sbagli la sua strategia, non sa di fare la volontà dell’avversario.
È fatta; Giuda combinerà l’incontro.
I sadducei sono contenti, merita un premio.
Già, qualche soldo non fa mai male.
Matteo e Marco ci dicono il prezzo; trenta monete d’argento.
Un buon prezzo, per un’informazione del genere.
Ci si potrebbe comprare uno schiavo.
O diventarlo. È sempre così, il male.
Si vende come bene, o come male minore.
È sempre così; inganna, crea zone di grigio, non è riconoscibile.
Nessuno di noi berrebbe a una bottiglia etichettata come veleno!
Il male si presenta sempre come un possibile bene.
Ogni nefandezza ha avuto, all’origine, qualche buona ragione.
Anche nella Chiesa.
Per Giuda la buona ragione è aiutare Gesù a manifestare la sua
vera identità, forzargli la mano, costringerlo a uscire dalla
riservatezza e, così, essere riconosciuto dal Sinedrio.
Che, però, non ha alcuna voglia di accogliere un Messia.
Figuriamoci uno strampalato come Gesù.
Gli altri ignorano, Gesù sa.
È troppo scostante, Giuda, negli ultimi tempi.
Fugge il suo sguardo. Gesù sa, e vorrebbe salvarlo.
Lo uccideranno lo stesso, lo sa, ma vorrebbe che i suoi
ne restassero fuori.
Prova a scuotere Giuda, senza accusarlo,
senza metterlo alle strette.
Gesù si rivela, come sempre, uno straordinario pedagogo,
un sottile psicologo, un grande animo.
Provoca Giuda, ma senza metterlo all’angolo.
Gli dà la possibilità di venire alla luce.
A volte una verità detta in faccia smuove la coscienza,
abbassa le difese, toglie la maschera.
A volte, non sempre purtroppo.
Se volete leggete il brano di Matteo 26,20-25.
Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato.
Un giudizio duro, certo. Tutti lo chiamano, Signore.
Giuda no, lo chiama Rabbì. Da tempo non è più il suo Signore.
E chiede se è lui il traditore. Gesù lo guarda, non dice di sì.
Dice: “Tu l’hai detto”.
Che tenerezza che ha Gesù verso Giuda.
Come a dire; sei tu che hai in mano il tuo destino,
non sei un traditore, decidi di diventarlo.
Sei libero, Giuda, così ti ha creato il tuo Dio.
Ho visto dentro di te  un discepolo.
Tu, invece, stai vedendo in te un traditore.
Svegliati, Giuda, svegliamoci tutti una buona volta,
non è questa la strada!
Non pensare di forzare l’avvento del Regno!
Non ragionare in termini umani!
Giuda non sente, non vede, non capisce,
come tanti di noi, purtroppo.
Porca miseria, quando vedo dei testoni così, mi arrabbio.
Giovanni osa molto di più, nel suo racconto.
Leggete se volete il brano di Giovanni 13,21-30.
Gesù è turbato, dà l’annuncio del tradimento.
I discepoli, invece di guardarsi dentro,
si guardano gli uni gli altri.
La colpa è sempre nell’altro, mai in me.
Il nostro mondo è diventato esperto di moralismo.
Non è affatto vero, come lamentano alcuni preti,
che l’occidente abbia smarrito il senso del peccato.
Esiste forte il senso del peccato. Quello degli altri!
È sempre colpa di qualcuno. Non io, qualcun altro.
I discepoli si guardano gli uni gli altri,
basterebbe guardarsi dentro in ognuno di noi.
Purtroppo, il fatto è che crediamo di non peccare mai,
di essere dei super cristiani e perciò pensiamo
che a peccare siano sempre gli altri.
Quanta confusione abbiamo nella testa.
Anche Giovanni, sdraiato accanto a Gesù, tira indietro
la testa e l’appoggia al petto di Gesù e chiede: “Chi è?”.
Giovanni sente, per un attimo, il battito del cuore di Cristo.
(Chissà se, tirando al suo petto Giuda, sentendo battere
il cuore del Maestro gonfio d’amore, questi avrebbe
cambiato idea!).
Non credo, ormai era perso.
Gesù prende un pezzo di pane e lo dona a Giuda.
Condivide il pane consacrato. Gli dona la comunione.
(Lo so, è molto forte questa affermazione,
e piena di conseguenze.
Però prendetevela con Gesù che lo ha fatto,
non con me che lo dico).
Giuda interpreta quel gesto come una provocazione e la
rabbia gli sale alla testa, ormai satana lo può abitare!
Come dice bene la Genesi, riguardo alla rabbia di Caino.
Il Signore disse allora a Caino:
“Perché ti sei acceso d’ira e perché è abbattuto il tuo volto?
Non è forse vero che se agisci bene puoi tenere alta la testa,
mentre se non agisci bene, è alla porta il maligno, accovacciato?
Esso si sforza di conquistare te,
ma sei tu che lo devi dominare!” (Genesi 4,6-7).
Quante volte ho visto, nelle coppie, fra genitori e figli,
fare dei gesti di riconciliazione che scatenano la rabbia,
gesti di bene, che sono derisi, gesti d’amore incompresi!
Gesù lo esorta a fare tutto subito, a far scattare l’ora.
Giuda pensa all’ora del confronto.
Sarà, invece, l’ora dell’omicidio!
Per Gesù è l’ora in cui potrà manifestare la serietà
e la misura del suo amore.
È notte nel cuore di Giuda (Giovanni 13,30).
E anche, purtroppo, nel nostro.


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