VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



Per informazioni e contatti scrivere a:

FAUSTOBERTILLA@GMAIL.COM



CELL. 349/1009626

mercoledì 30 aprile 2014

Il Santo Padre ci esorta

Riflessione di Papa Francesco oggi,
martedì 29 aprile 2014.
in Casa Santa Marta Papa Francesco ha parlato della prima
comunità cristiana, quella venutasi a formare subito dopo
la Resurrezione di Gesù, plasmata dallo Spirito Santo:
questa comunità è un esempio per ogni parrocchia,
per ogni diocesi cristiana ma è anche un metro di misura
per comprendere se stiamo vivendo pienamente gli
insegnamenti del Signore.
Il Pontefice prendendo spunto dalle Letture del giorno
individua “tre tratti” che distinguono la prima comunità cristiana,
tre pilastri sui quali fondare ogni comunità presente e futura.
A quel tempo i cristiani ancora non si chiamavano così“,
non vi erano divisioni tra di essi ma la comunità aveva un solo
cuore e un’anima sola che era la pace.
La comunità cristiana era “una comunità in pace – ha spiegato
il Vescovo di Roma – questo significa che in quella comunità
non c’era posto per le chiacchiere, per le calunnie, per le invidie,
per le diffamazioni. Cera solo Pace“.
In questa comunità regnava il perdono poiché l’amore copriva tutto.
Allora anche noi oggi dobbiamo domandarci, spiega il Santo Padre
nell’omelia, com’è l’atteggiamento dei cristiani. Sono miti, umili?
In quella comunità ci sono liti fra loro per il potere? Liti d’invidia?
Ci sono chiacchiere?
Se è così, se sono presenti tutte queste cose, le comunità
cristiane “non sono sulla strada di Gesù Cristo“.
E non è che il possedere o meno la pace e il perdono siano
elementi marginali: essi sono fondamentali, spiega Bergoglio,
poiché “il demonio cerca di dividerci sempre. È il padre della divisione“.
Non che non mancassero i problemi anche all’epoca, tuttavia è a
quel momento forte che dobbiamo guardare per costruire
una “comunità concorde” e una vera comunità di testimoni della fede“.
Infine il terzo elemento, che ci fa capire se una comunità cristiana è sulla
strada di Gesù, sono “i poveri“.
Non solo la comunità cristiana deve essere affianco ai poveri e alleviare
le loro piaghe con la tenerezza e la misericordia di Dio ma deve essere
povera poiché ricca di Spirito Santo: “lo Spirito ti fa povero – ha quindi
concluso Papa Francesco – perché Lui è la ricchezza
e fa che tu abbia cura dei poveri“.
Bellissime parole, ma non è sempre così, spesso e volentieri vediamo
lotte per primeggiare sia nelle parrocchie ed anche nella Chiesa stessa,
speriamo che chi deve intendere, intenda,
però non c’è più sordo di chi non vuol sentire.
Ringraziamo comunque Papa Francesco,

lui almeno ha il coraggio di provarci continuamente.

domenica 27 aprile 2014

Messaggio da Medjugorje

Messaggio della Madonna a Marija del 25 aprile 2014
 "Cari figli! Aprite i vostri cuori alla grazia che Dio vi dona
attraverso di me, come il fiore che si apre ai caldi raggi del sole.
Siate preghiera ed amore per tutti coloro che sono lontani
da Dio e dal Suo amore.
Io sono con voi ed intercedo per tutti voi presso il mio
Figlio Gesù e vi amo con immenso amore.

Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

Il Patrono dei ritardatari

TOMMASO IL NOSTRO GEMELLO.
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato,
mentre le porte del luogo dove si trovavano i discepoli
per paura dei Giudei erano chiuse, venne Gesù,  
stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”.
Detto questo, mostrò loro le mani e il costato.
Si rallegrarono i discepoli, vedendo il Signore.
Poi disse di nuovo: “Pace a voi!
Come il Padre ha mandato me, così io mando voi”.
Detto ciò, soffiò su di loro e disse:
“Ricevete lo Spirito Santo;
a chi rimettete i peccati, sono loro rimessi;
a chi non li rimettete non saranno rimessi”.
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo,
non era con loro quando venne Gesù.
Gli dissero allora gli altri discepoli:
“Abbiamo visto il Signore!”.
Ma egli rispose loro:
“Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e
non metto il dito nel segno dei chiodi
e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.
Otto giorni dopo i suoi discepoli erano di nuovo in
casa e Tommaso stava con loro.
Venne Gesù a porte chiuse,
stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”.
Poi disse a Tommaso: “Metti il tuo dito qui e guarda
le mie mani; porgi la tua mano, e mettila nel mio costato;
e non essere più incredulo ma credente!”.
Rispose Tommaso e gli disse:
“Signore mio e Dio mio!”.
Gesù gli disse: “Perché mi hai visto, hai creduto?
Beati coloro che hanno creduto senza vedere!”.
(Giovanni 20,19-29).
La gioia cristiana è una tristezza superata, dicevamo.
Ma non è una conquista immediata, ne semplice.
La paura, il dolore, la nostra imbecillità, gli eventi della vita,
possono ostacolare, o addirittura impedire, questa conversione.
Alla fine della guida di un gruppo di pellegrini al Santuario
dell’Amore Misericordioso, chiesi cosa avevano scoperto
nella spiegazione del Crocefisso di Gesù Amore Misericordioso.
Una ragazza mi disse: “Per me, la gioia è la consapevolezza
di essere amata dal Signore con tutti i miei difetti!”.
Le apparizioni del Risorto, sono una conferma di questa intuizione.
La gioia cristiana è più scelta che emozione,
più adesione che sentimento.
La pace che porta il Risorto,
indica bene di cosa stiamo parlando.
C’è una differenza però, che noi bravi cristiani, quando
sentiamo parlare di pace e di fede….pensiamo al cimitero!
Che tristezza!
No, la pace di cui parla il Signore risorto è la pace del cuore,
la consapevolezza di essere nella mente di Dio, la scoperta
del progetto che Dio ha su di noi, capire qual’è la ragione
della mia presenza, in questa valle di lacrime.
I discepoli gioiscono nel vedere il Signore, ci dice Giovanni.
Ma c’è una storia, che tutti conosciamo,
che spalanca il nostro cuore alla commozione.
È la storia di Tommaso, il più credente dei discepoli.
LETTERA A TOMMASO.
CARO TOMMASO.
Fa strano scriverti una lettera, ma ho deciso, dopo tanti anni,
di schierarmi formalmente e solennemente dalla tua parte.
Mi spiego meglio.
Ogni anno, dopo la gioia della festa di Pasqua,
puntualmente ti ritroviamo col Vangelo che ti riguarda.
Giovanni ci dice che il fatto, o meglio il fattaccio,
è accaduto otto giorni dopo l’apparizione di Gesù a
porte chiuse nel Cenacolo, la sera di Pasqua.
Ora; sono stufo di vederti descritto come un incredulo.
Su di te abbiamo addirittura composto un proverbio:
“Tommaso, che non ci crede se non ci mette il naso” e,
così sei arrivato fino a noi con la falsa nomina di incredulo.
È il nostro consueto modo di leggere il Vangelo, col cervello
in stand-by, ascoltando come se fosse una pia ed edificante
favoletta, senza la voglia di approfondire ciò che dovrebbe
nutrire la nostra vita e la nostra fede.
Eppure, Tommaso, leggendo bene il racconto di Giovanni,
si capisce subito che tu al Rabbì ci avevi creduto,
fin troppo, più degli altri.
D’altronde, le uniche due volte in cui si parla di te nel Vangelo,
hai dimostrato fegato ed entusiasmo.
La prima volta Gesù decise di salire a Gerusalemme,
ignorando la pessima aria che tirava.
Il rischio era reale; Gesù era malvisto dal Sinedrio che già
complottava per farlo arrestare; malgrado questo, il Maestro
decise di rischiare.
Tu, Tommaso, dicesti: “Andiamo a morire con Lui!” (Giovanni 11,16).
Poco dopo, quando Gesù parlò del suo destino,
e chiese di essere seguito, tu gli chiedesti:
“Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere
la via?”, alche, Gesù ti rispose: “Io sono la via, la verità e la vita”
(Giovanni 14,5-6).
Poi, quelle maledette quarantotto ore.
Tutti voi, Tommaso, eravate impreparati, increduli o distratti.
La croce vi era piombata addosso come un treno in corsa,
vi aveva spezzato l’anima, aveva travolto tutto.
Non foste capaci di fare il benché minimo gesto, nessuna reazione,
solo la paura e il dolore, la disperazione senza fine.
Incredulo tu? Andiamo!
Piuttosto credulone, con l’entusiasmo che ti
contraddistingueva tra i Dodici.
Sai, Tommaso, mi sono riconosciuto molte volte in te;
ti ho visto nel volto di molti fratelli scoraggiati e delusi,
dopo aver dato l’anima per un sogno, un progetto.
E ho capito che più voli in alto e più—cadendo—ti fai del male.
La croce, per te inattesa, aveva inchiodato il tuo Maestro e
la tua vita, messo fine al tuo sogno.
E ti vedo—sbalordito, a bocca aperta con gli occhi
sbarrati—che ascolti i tuoi compagni.
Le tue ferite sanguinano copiosamente e
questi—gioiosi—ti raccontano di averlo visto vivo, risorto.
Non sai credere a quello che dicono,
e soprattutto, di chi te lo dice.
Giovanni, che c’era, ha scritto solo la prima parte di ciò
che hai detto, la frase durissima del: “Non crederò” è
stato delicato Giovanni; e non ha riportato le tue altri frasi,
dette con la voce rotta dalla rabbia e dalla voglia di piangere.
Ma io immagino quello che hai detto, perché da uno come
te pieno di amore non potevano che essere: “Tu Pietro?
Tu Andrea?....e tu Giacomo? Voi mi dite che Lui è vivo?
Siamo scappati tutti, come conigli;
siamo stati deboli, non abbiamo creduto!
Eppure, Lui ce l’aveva detto, ci aveva avvisati.
Lo sapevamo che poteva finire così, e non gli siamo stati
vicini, non ne siamo stati capaci.
Ora, proprio voi, venite a dirmi di averlo visto, vivo?
 No, non è possibile…come faccio a credervi?”.
Sai, Tommaso; hai ragione!
Incontro spesso persone come te, feriti dalla pessima
testimonianza di noi discepoli, scandalizzati dal baratro
che mettiamo tra la nostra fede e la nostra vita,
increduli a causa della nostra piccolezza.
Noi, discepoli del Maestro, che invece di essere
trasparenza del Risorto, ci nascondiamo dietro ad un dito,
dalla paura di farci riconoscere, piuttosto che radiosi dalla
luce che ci ha avvolti e cambiati.
Quanti ne conosco come te, Tommaso!
Brava gente, ma turbati dal nostro poco entusiasmo.
Ma—e questo è stupefacente—Giovanni ci dice
che otto giorni dopo eri ancora con loro.
Non li hai mollati come a volte vedo fare,
non ti sei sentito superiore o migliore.
Hai voluto condividere la tua amarezza con loro,
non hai pensato di fare marcia indietro vedendo che ormai
tutto era compromesso e magari preso anche
in giro dai tuoi amici.
E hai fatto benissimo; apposta per te è venuto il Maestro;
vedi come ti ama?
Lo vedi, ora; è lì, apposta per te.
Ti mostra le sue piaghe, il costato.
Poi sorride e ti parla.
Lo so bene, Tommaso, e scusa se facciamo dei commenti
discutibili; quella frase bellissima non è un rimprovero,
Gesù non ti sta rinfacciando la tua incredulità, macchè.
Le sue parole sono un immenso gesto d’amore.
Mostrando il palmo delle mani trafitte, ti sussurra:
“Tommaso, so che hai sofferto tanto.
Guarda; anch’io ho sofferto…!”.
E ti sei arreso, finalmente.
Hai lasciato la diga del pianto rompere gli argini,
ti sei lasciato travolgere dall’amore e dalla fede,
ti sei buttato in ginocchio e tu, primo tra i Dodici,
hai osato dire ciò che nessuno,  prima aveva osato
neppure pensare: “Gesù è Dio!”.
 Senti, Tommaso, io ti voglio un sacco di bene e
ti ringrazio per la tua fede sincera.
Non credo sia un caso il fatto che il nostro
comune amico Giovanni ti abbia soprannominato
“Didimo”, cioè gemello; davvero mi assomigli.
Voglio affidarti, caro mio gemello,
tutti quelli che--come te—non si sono ancora arresi
al Signore, tutti quelli insomma, bastonati come te.
E anche gli scandalizzati da noi cristiani; che guardino
a Cristo, piuttosto che ai suoi fragili discepoli.
Hai abbandonato il tuo dolore, restando con la
comunità, senza scandalizzarti dei tuoi limiti e
di quelli dei tuoi fratelli di ventura.
Hai superato il dolore quando,  lo hai saputo condiviso
dal Maestro, quando lo hai sentito dietro alle
spalle del tuo Dio.
Ciao, uomo dalla grande fede sincera.
Tommaso ha scoperto che la gioia cristiana è
riconoscere nel dolore assunto da Dio
un gesto d’amore e di condivisione.
Fidandosi della comunità,

Tommaso incontrerà il suo Dio e  Signore.  

sabato 26 aprile 2014

Udienza Generale di Mercoledì 23 Aprile 2014

Il Papa: “Perchè cercate 
tra i morti Colui che è vivo ?”.
Questa settimana è la settimana della gioia: celebriamo la 
Risurrezione di Gesù.
È una gioia vera, profonda, basata sulla certezza che Cristo 
risorto ormai non muore più, ma è vivo e operante nella Chiesa 
e nel mondo. 
Tale certezza abita nel cuore dei credenti da quel mattino 
di Pasqua, quando le donne andarono al sepolcro di Gesù 
e gli angeli dissero loro: «Perché cercate tra i morti 
colui che è vivo?» (Lc 24,5).
Lo ha detto questa mattina Papa Francesco, in Piazza san Pietro,   
nel dare inizio alla catechesi del mercoledì, rivolgendosi ad oltre 
60mila pellegrini e ad un folto gruppo di disabili che ha salutato 
personalmente nell’Aula Paolo VI.
 “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”
Queste parole–ha ricordato il Papa-sono come una pietra miliare 
nella storia; ma anche una “pietra d’inciampo”, se non ci apriamo 
alla Buona Notizia, se pensiamo che dia meno fastidio un Gesù morto 
che un Gesù vivo! Invece quante volte, nel nostro cammino quotidiano, 
abbiamo bisogno di sentirci dire: “Perché stai cercando 
tra i morti colui che è vivo?”…
Ne abbiamo bisogno quando ci chiudiamo in una qualsiasi 
forma di egoismo o di auto-compiacimento; quando ci lasciamo 
sedurre dai poteri terreni e dalle cose di questo mondo, 
dimenticando Dio e il prossimo; quando poniamo le nostre 
speranze in vanità mondane, nel denaro, nel successo.
Allora la Parola di Dio ci dice: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. 
Perché stai cercando lì? 
Quella cosa non ti può dare vita! Sì, forse ti darà un’allegria di un minuto, 
di un giorno, di una settimana, di un mese… e poi?
“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. 
Questa frase – ha detto il Papa-deve entrare nel cuore e dobbiamo 
ripeterla e, con il suo solito stile dialogante, ha chiesto 
ai presenti :La ripetiamo insieme tre volte? Facciamo lo sforzo? 
Tutti: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” 
[ripete con la folla] 
Oggi–ha poi proseguito-quando torniamo a casa, diciamola 
dal cuore, in silenzio, e facciamoci questa domanda: perché 
io nella vita cerco tra i morti colui che è vivo? Ci farà bene.
Non è facile essere aperti a Gesù. 
Non è scontato accettare la vita del Risorto e la sua presenza 
in mezzo a noi. Il Vangelo ci fa vedere diverse reazioni… 
Tommaso pone una condizione alla fede, chiede di toccare l’evidenza, 
le piaghe; Maria Maddalena piange, lo vede ma non lo riconosce, 
si rende conto che è Gesù soltanto quando Lui la chiama per nome; 
i discepoli di Emmaus, depressi e con sentimenti di sconfitta, 
giungono all’incontro con Gesù lasciandosi accompagnare da 
quel misterioso viandante. 
Ciascuno per cammini diversi! Cercavano tra i morti colui che è vivo 
e fu lo stesso Signore a correggere la rotta. 
Ed io che faccio? Quale rotta seguo per incontrare il Cristo vivo? 
Lui sarà sempre vicino a noi per correggere la rotta se noi abbiamo sbagliato.
«Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (Lc 24,5). 
Questa domanda ci fa superare la tentazione di guardare indietro, 
a ciò che è stato ieri, e ci spinge in avanti verso il futuro…
Oggi–ha detto Papa Francesco-viene rivolto anche a noi 
questo interrogativo. 
Tu, perché cerchi tra i morti colui che è vivo, tu che ti chiudi in 
te stesso dopo un fallimento e tu che non hai più la forza di pregare? 
Perché cerchi tra i morti colui che è vivo, tu che ti senti solo, 
abbandonato dagli amici e forse anche da Dio? 
Perché cerchi tra i morti colui che è vivo tu che hai perso la 
speranza e tu che ti senti imprigionato dai tuoi peccati? 
Perché cerchi tra i morti colui che è vivo tu che aspiri alla bellezza, 
alla perfezione spirituale, alla giustizia, alla pace?
Abbiamo bisogno di sentirci ripetere e di ricordarci a vicenda l’ammonimento 
dell’angelo! 
Questo ammonimento, «Perché cercate tra i morti colui che è vivo»-ha 
detto il Papa avviandosi alla conclusione-ci aiuta ad uscire dai nostri 
spazi di tristezza e ci apre agli orizzonti della gioia e della speranza. 
Quella speranza che rimuove le pietre dai sepolcri e incoraggia ad 
annunciare la Buona Novella, capace di generare vita nuova per gli altri.

Ripetiamo questa frase dell’angelo per averla nel cuore e nella 
memoria e poi ognuno risponda in silenzio: “Perché cercate tra 
i morti colui che è vivo?” 
Ripetiamola! [ripete con la folla] Guardate fratelli e sorelle, 
Lui è vivo, è con noi! Non andiamo da tanti sepolcri che oggi 
ti promettono qualcosa, bellezza, e poi non ti danno niente! 
Lui è vivo! Non cerchiamo fra i morti colui che è vivo!