VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



Per informazioni e contatti scrivere a:

FAUSTOBERTILLA@GMAIL.COM



CELL. 349/1009626

mercoledì 3 settembre 2014

Il Giovane ricco e ingabbiato.
Come tanti di noi. (Mt. 19,16-22).
Carissimi amici, appena ritornato da Medjugorje,
mi devo già preparare per un’altra partenza con
un altro gruppo di amici, e sono stato interpellato
da un signore che voleva un posto per la moglie,
ma il pulman è già pieno, ed allora un po contrariato
mi dice: “Ma scusa , perché tutti vogliono andare in
quel posto, la Madonna c’è anche qui, perché fare
tanta strada”, ed allora essendo che entra nel mio blog,
perché del pellegrinaggio lo ha scoperto lì, ho pensato
di rispondergli con questa storiella ricavata dal brano
di questo Vangelo.
Quanto ci aiuta il Vangelo nella nostra vita.
Dal Vangelo secondo Matteo (19,16-22) anno A.
In quel tempo, un tale gli si avvicinò e gli disse: «Maestro,
che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?».
Egli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono?
Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva
i comandamenti».
Ed egli chiese: «Quali?».
Gesù rispose: «Non uccidere, non commettere adulterio,
non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e
la madre, ama il prossimo tuo come te stesso».
Il giovane gli disse: «Ho sempre osservato tutte queste
cose; che mi manca ancora?».
Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello
che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo;
poi vieni e seguimi».
Udito questo, il giovane se ne andò triste;
poiché aveva molte ricchezze.
Parola del Signore. 
Cosa cerca di dirci questa Parabola, cosa ci vuol far capire?
Il tema dell’incontro fra Gesù e il giovane, è la pretesa di
Gesù di essere l’unico che può colmare la nostra sete.
Il racconto ci dice che l’incontro è avvenuto per strada,
non in Chiesa o nel confessionale, non che abbia
qual’cosa contro di loro, ci mancherebbe, ma per far
capire che forse quel giovane non ci sarebbe mai entrato
per chiedere consiglio.
Geniale Gesù, allora lo incontra per la strada.
Tanta persone pensano che la fede sia una cosa statica,
inamovibile, legata al passato.
Nel Vangelo, invece, Gesù è sempre in movimento, sempre
per strada, in continua evoluzione.
Perciò, Dio è dinamico, in espansione, in perenne creazione
perché l’amore è creativo.
Così come dovremo fare noi discepoli.
Ecco il significato del pellegrinaggio, il cristiano è sempre per
strada, in cammino, perché è lì che incontriamo i cercatori
di Dio da aiutare.
Bene, ritorniamo alla nostra storia.
Un tale va incontro a Gesù.
Presumo che gli corra incontro, perché abbiamo detto che
Gesù era sempre in movimento, e quel tale aveva fretta,
forse doveva recarsi al suo lavoro, forse.
Quel tale è pieno di entusiasmo e buona volontà, si sente nel
parlare che ha fatto essenza di Dio, che è seriamente
intenzionato a seguirlo.
Ha saputo di Gesù, lo riconosce come Maestro, si fida di Lui.
Ma è decisamente esagerato, si rivolge a Lui col titolo di buono.
Se vogliamo un po’ fanatico; io li chiamo leccapiedi!
In effetti, Gesù non gradisce.
E lo apostrofa: “Perché mi chiami buono?
Buono è uno solo; Dio”.
Piuttosto andiamo al sodo.
Cosa vuole il giovane?
Vuole la vita eterna, chiede cosa deve fare per averla.
Quella non si merita, è gratis.
Non è imposta, la scelta deve essere mia, devo decidere
io se averla gratuitamente.
Mi piace questo giovane, è schietto, parla direttamente,
non per sottintesi.
Vuole davvero mettersi in gioco, prende sul serio la fede,
è disposto a dei cambiamenti, a seguire dei consigli.
Ci crede, insomma.
Se Dio solo è buono e Gesù è chiamato buono, allora
chi è veramente il Maestro?
Il giovane intuisce la verità, perché sta per fare esperienza
della bontà divina.
Una bontà che, invece di accendere in lui la passione,
lo inquieterà e lo spaventerà, perché estremamente esigente.
Siamo tutti molto affascinati da Gesù, fino a quando Gesù
non propone la conversione.
Gesù è amorevole, certo, ma l’amore è una cosa seria.
Non come adesso, l’amore c’è finche dura l’attrazione,
ma lasciamo perdere che è meglio.
Ci accoglie, ovvio, ma ci tratta da adulti.
La sua salvezza è per ogni uomo, certo.
Ma accoglierla, richiede un non facile cambiamento in noi.
Il giovane ha chiesto cosa fare.
Gesù gli risponde a tono, senza chiedergli niente di più.
Non lo scoraggia, non polemizza, avverte il suo desiderio sincero.
La sua è una risposta esemplare, tipica da prete;
propone al giovane di osservare i comandamenti,
niente di particolarmente difficile.
Mi piace questa cosa; Dio non chiede cose superiori alle nostre forze.
È Lui che interviene, che si adatta, perché la fede è accessibile;
la salvezza, cioè la vita piena, parte dalle piccole cose.
Osservare i comandamenti dice Gesù, è un buon punto di partenza
per avere la vita vera.
Il rischio è quello di ridurre il credere a un fare.
Perché essere cristiani, significa incontrare Cristo, che ti cambia
la vita, se viene accolto.
Esempio; amo questa donna che ho sposato, ma tradurre
questo amore in vicendevole rispetto, pazienza, comprensione,
è una continua conversione.
L’amore fatto solo di emozioni e di sussulti, è drammaticamente
egoistico; soddisfa chi lo prova, non chi lo riceve.
Gesù lo sa bene; l’amore può diventare; crocifisso.
Il giovane ricco, ha scelto la strada del rigore, del precetto, da
sempre osserva i comandamenti, perciò è a posto, ci mancherebbe.
Ma se notiamo, Gesù elenca i comandamenti indicando solo
quelli che riguardano il prossimo: “Non uccidere, non commetterai
adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e
la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso”.
Quello gli rispose: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate
sin dalla mia giovinezza; che altro mi manca?”.
È bravo il giovane, io l’avrei mandato a quel paese e me ne sarei
andato; lui no, gli dice di essere a posto, di averlo fatto da sempre.
Eppure non è soddisfatto.
Li ha seguiti i precetti, da sempre, ma non è quella la soluzione.
Il suo cuore è ancora assetato.
Che cosa gli manca?
Ha seguito la regola e il rigore.
Gli mancano la bontà e la misericordia.
Perché? È ricco!
Se andiamo a leggere il parallelo di Marco, che
scrive: “Gesù, guardandolo, lo amò”.
Quello sguardo è la sintesi dell’amore del Signore.
Quell’amore che dona gioia, che sazia e che solo Dio che ne
è sorgente, può donarcelo.
Ora lo sguardo del giovane è immerso nell’amorevole
sguardo di Cristo.
Che osa: “Ti manca ancora una cosa.
Và, vendi tutto ciò che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro
nel cielo;poi vieni e seguimi!”.
La proposta di Gesù è netta; non mezze misure, lascia ciò
che non sazia e seguimi.
E per farlo ci guarda con amore.
A queste parole, però il ragazzo corrugò la fronte e se ne
andò rattristato, perché aveva molte ricchezze.
In paradiso, non ci si va con il Ferrari ultimo tipo.
Il giovane tentenna, non capisce.
Forse si aspettava un applauso per quello che fa.
Invece, riceve una risposta che spalanca una nuova
porta sull’infinito.
Gesù lo vede in prospettiva, mentre egli si vede nel suo limite.
È triste il giovane ricco, perché possiede.
Quando rinunciamo a Dio, quando ci immaginiamo meno capaci
di quanto non siamo veramente, c’è spazio solo per la tristezza.
Il giovane ricco intuisce la soluzione alla sua ricerca di felicità,
la sfiora, ma quando Gesù gli chiede di imitarlo
nel dono, si rattrista.
Anche i discepoli si rattristano perché non accettano la logica
del dono di Gesù in croce.
Anche i nostri Senatori, si rattristano alla notizia di dover
lasciare i loro privilegi, ed allora bloccano l’Italia.
Ciò che accumuna il giovane e i discepoli, è l’illusione che
esista una strada verso la pienezza che non comporti
un abbandono di sé, una fatica, una croce.
Vorremmo arrivare in cima al monte, ma in funivia.
Vorremmo la felicità, ma senza faticare.
Vorremmo Dio, ma senza fargli spazio.
Gesù chiede al giovane e ai discepoli, che ama; di fare
spazio alla logica del dono, di considerare ricchezza
solo ciò che si dona agli altri.
Il Maestro buono, ha fatto della sua vita un dono, e la croce
diventa manifestazione dolorosa e definitiva della volontà
di diventare dono agli altri.
Un po’ troppo, siamo onesti.
Come il giovane, anche noi temiamo di perdere ciò che
crediamo di avere.
Seguire il Signore è sempre un rischio, un’avventura.
Un gesto di fede, ma autentica, non quella di facciata.
Il giovane senza nome se ne va, torna alle sue occupazioni,
continua a osservare scrupolosamente i comandamenti
e a essere un giusto.
Solo che non diventerà un discepolo.
Almeno per ora.
E noi, cosa intendiamo fare?
Cerchiamo di darci una risposta!
Però non pensateci su troppo, Zaccaria perché ha
sbagliato i tempi della risposta è rimasto muto nove mesi,
pensiamoci in fretta.
Ciao amici pensatori, e buona serata.





  

Nessun commento:

Posta un commento