VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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giovedì 4 settembre 2014

Grandi Pescatori

Barche e una strana pesca.
Ciao Pietro, non posso lasciarti solo neanche un
momento, che vai subito in tilt.
Scherzo naturalmente, questa volta hai fatto la cosa
più bella della tua esistenza, hai seguito quello
strampalato falegname, magari incavolato, ma l’hai
seguito e Lui ti ha premiato, hai visto quanti pesci?
E scusa, ma poi lo hai ringraziato almeno?
Grande Pietro, e ancora di più Gesù.
Pietro non si aspettava certo di finire in quel modo
strampalato quella notte in cui tutto era andato storto.
E invece, a riva, lo aspettava un’insolita ressa, la calca
di gente che ascoltava quello strano falegname,
Gesù figlio di Giuseppe, quel Maestro che correva
dietro alle nuvole e alle profezie, e che lo ha invitato
a interrompere il lavoro di riassetto delle reti e
di imprestargli la barca.
Chissà: forse per educazione o per non sfigurare
davanti a tanta folla, Pietro ha accettato, perplesso
e scocciato, ascoltando quel buontempone che
aveva così tanto tempo da perdere.
Poi, d’improvviso, la richiesta di prendere il largo,
di calare le reti, di tornare a pescare.
Luca, gentile, ci dona una versione politicamente
corretta del dialogo.
In realtà, con modo brusco e sbrigativo, Pietro ha
detto al falegname di pensare al suo mestiere,
senza insegnargli a fare il pescatore dopo tanti anni.
E–chissà come–alla fine si è lasciato convincere il

generoso Pietro, e ha fatto la pesca più sbalorditiva
della sua vita.
Da quel giorno tutto è cambiato, e Pietro ha avuto
per un momento la percezione della potenza di Dio,
dell’immensa distanza tra la sua fragile vita e la
serena presenza dell’Assoluto di Dio racchiuso dietro
lo sguardo tagliente e sorridente di quel Nazareno.
Così inizia l’avventura di Pietro. E la nostra.
Sì perché, amici, dopo avere accolto la buona notizia

dell’oggi di Dio, avviene qualcosa di inatteso: Dio mi
chiede, ci chiede di collaborare, di metterci in gioco,
di aiutarlo, insomma: prende a prestito la nostra barca.
Sì amici, Dio vuole salire sulla nostra barca, ha bisogno
di me, di te e di tutti noi per potere raccontare il Vangelo,
ha bisogno della nostra disponibilità per raccontarsi.
E questo avviene alla fine di una giornata da schifo,
di un periodo nero.
E questo avviene–leggete!–non per merito: Pietro si
accorge dell’immensa distanza tra lui e il Rabbì, e
quando finalmente apre il suo cuore all’assoluto di Dio,
sente la fragilità del suo limite, la pesantezza del peccato.
Ma neppure questo è sufficiente a fermare Dio, neppure
il nostro peccato è sufficiente a bloccare la chiamata di Dio.
Siamo onesti: pensiamo sempre che la `vocazione` riguardi

qualche prete o qualche suora, e anche noi, come Pietro,
assistiamo perplessi a questo mondo di devoti che ci
sembra lontano dalla fatica del quotidiano.
E invece no: Dio ha bisogno proprio di me, di te, di noi e

ci chiede di mettergli a disposizione la barca.
Non ci chiede di fare i predicatori o i guaritori, no.
Ci chiede di accoglierlo, di credergli, di fidarci.
Fidati, amico, fidati, affidati, confida.
`Eccomi, manda me!` (Is 6,8b): il grido di Isaia

sintetizza bene il tema della chiamata.
Isaia viene chiamato durante la sua preghiera nel
tempio e assiste nel suo cuore alla manifestazione
della gloria di Dio (quanti dopo di lui hanno parlato
di questa gloria!) e sente il desiderio profondo di
andare dal popolo a richiamare l’alleanza.
E davanti a questo volto luminoso di Dio Isaia
sente la propria fragilità, la stessa di Pietro che si
butta in ginocchio davanti a Gesù, dopo il miracolo
della pesca inattesa e la stessa di Paolo che si considera
`come un aborto` rileggendo la sua chiamata.
E’ Dio che ci chiama, non siamo noi che lo troviamo.

E’ paradossale ma è così: noi cerchiamo colui che ci cerca.
E’ una specie di gioco che coinvolge la nostra libertà e
ci spinge al vero dentro di noi.
Dio desidera incontrarci, ma noi fatichiamo,
scappiamo, siamo indifferenti e indaffarati.
La storia dell’umanità si gioca tutta dietro questa cifra
di doppia ricerca: Dio da una parte e l’uomo dall’altra.
Diverse sono le strade attraverso cui lasciarci raggiungere
da Dio: per Isaia è il silenzio e la preghiera del tempio.
Dimensione trascurata, il silenzio manca alle nostre
giornate piene di rumore.
Attenzione, però, qui non parliamo del silenzio
angosciante e vuoto della solitudine, ma di quello
gravido e teso della preghiera.
Paolo, invece, è chiamato da Dio attraverso la
testimonianza della comunità.
Notiamo: la stessa comunità che Paolo perseguita, la stessa.
Non è così anche per noi?
Parlare di Chiesa ci fa rabbrividire, ci scoccia, ognuno
è disposto a dire ogni male della Chiesa, là dove per
`Chiesa` intendiamo una specie di struttura rigida e ostile
fatta di privilegi e cose assurde, (già: ma esiste questa `Chiesa`?
Gesù parla di una comunità di fratelli che realizzano il Regno…).
Così Paolo; anzi, lui passa dalle parole ai fatti:
questa `Chiesa` va eliminata.
Ma, sulla strada di Damasco Paolo dovrà cambiare giudizio,
sarà atterrato e accecato e dovrà fidarsi per vederci chiaro.
Dopo molti anni Paolo il grande riguarda la sua esperienza
e vede luce, vede che Dio l’ha raggiunto proprio attraverso
la testimonianza di quei fratelli che Paolo voleva distruggere…!
Pietro, Isaia, Paolo e noi, sperimentiamo questa immensa

verità: Dio ci viene incontro, ha bisogno di noi, del nostro
tempo, della nostre energie, delle nostre risorse.
Poco importa se ne siamo degni, poco importa se siamo
poco devoti o ci sentiamo distanti.
Il Signore vuole farci diventare dei pescatori di uomini.
Bellissimo! Pescatori di uomini, cioè capaci di far uscire

umanità dal nostro cuore e dal cuore delle tante persone
che incontriamo.
Pescatori di uomini, capaci di raccogliere intorno al Maestro
dei discepoli che, vivendo il Vangelo, diventano più uomini.
Pescatori, non agricoltori.

Perché il Signore ha scelto dei pescatori?
L’agricoltore deve dissodare il terreno e seminarlo e
irrigarlo e accudirlo, vero.
Ma il terreno è immobile, fermo.
Il pesce no, è il pescatore che si deve muovere.
Forse il Signore voleva dirci che la Chiesa, comunità
di coloro che si sono fidati, non si può fermare, non si
può arenare, non può (mai e mai) diventare statica.
Animo, fratelli, facciamo i matti, un volta tanto,

smettiamola di calcolare, di pensare, di progettare,
di valutare e doniamo il nostro cuore e la
nostra vita al Regno!
Ed allora facciamo come quel matto del mio amico
Pietro, lui si è fidato, ed io amici ho imparato da lui
e ne sono contento.
E voi che fate? Fidatevi amici ne vale la pena e fate
in fretta, perché vede che Gesù è sempre di corsa e
non ha tanto tempo per aspettare.


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