VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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domenica 14 settembre 2014

Esaltiamo la Croce? No grazie!
Dedicata a te Laura.
Avete ragione, scusate.
Davanti al dolore dell’innocente, davanti alla sofferenza
inattesa, davanti ai tanti volti di persone che hanno
avuto la vita stravolta dalla tragedia di una malattia
o di un lutto, le parole diventano fragili e l’annuncio
del Vangelo si fa zoppicante.
L’unica vera obiezione all’esistenza di un Dio buono,
così come Gesù è venuto a svelare, è il dolore
dell’innocente.
Molti dei dolori che viviamo hanno la loro origine
nell’uso sbagliato della nostra libertà o nella
fragilità della condizione umana.
Ma davanti ad un bambino che muore anche il
più saldo dei credenti vacilla, statene certi.
Al discepolo il dolore non è evitato, e non cercate
nella Bibbia una risposta chiara al mistero del
dolore (Ma davvero cerchiamo una risposta?
Noi vogliamo non soffrire, non delle risposte!).
Non troviamo risposte al dolore, troviamo un
Dio che prende su di sé il dolore del mondo.
E lo redime.
Per noi oggi, giunge l’occasione di una
seria riflessione sulla croce.
Dio non ama la sofferenza.
Prima, però, voglio chiarire una cosa.
La croce non è da esaltare, la sofferenza non è mai
gradita a Dio, Dio non gradisce il sacrificio fine a se stesso.
Lo dico per scongiurare la tragica inclinazione
all’autolesionismo tipica del cattolicesimo,
inclinazione che crogiuola il cristiano nel proprio
dolore pensando che questo lo avvicini a Dio,
inclinazione che produce molti danni.
La nostra è una religione che rischia di fermarsi al
venerdì santo, perché tutti abbiamo una sofferenza
da condividere e ci piace l’idea che anche
Dio abbia sofferto come noi.
Ma la nostra fede non resta ferma al calvario,
sale al sepolcro.
E lo trova vuoto, certo, e ne sono sicuro.
La felicità cristiana è una tristezza superata,
una croce abbandonata perché ormai inutile e
questa croce, ormai vuota, viene esaltata.
La croce non è il segno della sofferenza di Dio,
ma del suo amore. Grande Gesù.
La croce è epifania della serietà del suo
bene per ciascuno di noi.
Fino a questo punto ha voluto amarci, perché altro
è usare dolci e consolanti parole, altro appenderle a
tre chiodi, sospese fra il cielo e la terra.
Il paradosso dell’amore.
La croce è il paradosso finale di Dio, la sua ammissione
di sconfitta, la sua dichiarazione di arrendevolezza:
poiché ci ama lo possiamo crocifiggere.
Esaltare la croce significa esaltare l’amore,
esaltare la croce significa spalancare il
cuore all’adorazione e allo stupore.
Innalzato sulla croce, (Giovanni non usa mai
la parola “crocifisso” ma “osteso” cioé mostrato)
Gesù attira tutti a sé.
Davanti a Dio nudo, sfigurato, così irriconoscibile
da necessitare di una didascalia per riconoscerlo,
possiamo scegliere: cadere nella disperazione
o ai piedi della croce.
Dio–ormai–è evidente, abissalmente lontano
dalla caricatura che ne facciamo;
Egli è li, donato per sempre.
E al discepolo è chiesto di portare la sua croce.
Ho scoperto che, spesso, la croce sono gli altri
a procurarcela.
O noi stessi.
E noi ci svegliamo ogni mattina e la
carteggiamo e la pialliamo.
Evitiamo le sofferenze inutili, abbandoniamo
i dolori che scaturiscono da un’errata
visione del mondo.
Portare la propria croce significa portare l’amore
nella vita, fino ad esserne crocifissi.
La croce non è sinonimo di dolore ma di dono,
dono adulto, virile, non melenso né affettato.
Dio ci ha presi sul serio, rischiando di essere
uno dei tanti giustiziati della storia.
Ora è per noi l’occasione di posare lo sguardo sulla
misura dell’amore di un Dio che muore per amore,
senza eccessi, senza compatimenti,
libero di donarsi, osteso, amici, osteso.
Questo, ora, è il volto di Dio.
Cristi in croce.
Allora ti rispondo, amico, che mi hai telefonato,
urlando a Dio il tuo dolore: alla fine della tua acida
preghiera non troverai un muro di gomma, né un
volto indurito, ma–semplicemente–un Dio
che muore con te.
E potrai scegliere di bestemmiarlo e accusarlo
ancora per il tuo immenso dolore,
oppure restare stupito come quel ladro crocifisso
che non sapeva capacitarsi di tanta follia d’amore.
Tutto qui, la croce è l’unità di misura dell’amore di Dio.
Sì, amici, c’è di che celebrare,
c’è di che esaltare,
c’è di che esultare, per l’immenso amore che
Cristo ha riversato su di noi.
Buona Domenica a tutti voi sofferenti come Cristo, Fausto.



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