VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



Per informazioni e contatti scrivere a:

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mercoledì 14 dicembre 2011

L'illogica sbalorditiva di Dio (e di Maria)

Amici, manca ancora una settimana
poi ci sarà il Natale.
Come sarà quest'anno il vostro
Natale, spero sia veramente bello,
Certo; nasce Gesù, si ma non per
tutti, per qualcuno sarà un Natale
triste, senza bollicine, senza
entusiasmo, peccato, però il
neonato Gesù viene proprio
per loro, per condividere la
loro sofferenza, il loro dolore.
Coraggio, riprendiamo il
cammino.
E due.
Per due volte, negli ultimi quindici giorni,
abbiamo ascoltato questa parola.
È dunque così importante questa pagina scarna,
che ha scatenato la fantasia e l’estro
di generazioni di pittori?
È così centrale la presenza di questa acerba
adolescente di Nazareth propostaci
come modello dell’accoglienza?
Sì, certo, lo è.
Marco, ormai un mese fa, ci ha chiesto
di vegliare, per non abituarci allo stupore
del Natale, per non asfaltare il nostro
cuore col demone dell’abitudine,
per non cedere al Natale tarocco;
non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce, no.
Gesù è già nato nella storia e tornerà nella gloria.
A noi, qui e ora, di aspettarlo,
di lasciarlo nascere nel cuore perché possiamo,
fare, i cristiani per tutta la vita
senza incontrare mai il Dio di Gesù.
Natale è un dramma, una sfida; Dio viene,
ma non trova accoglienza, pochi lo riconoscono.
Tra questi pochi Maria di Nazareth e Giovanni il
battezzatore che abbiamo incontrato domenica scorsa.
Giovanni il sincero, che dice il vero di sé,
che non si prende per Dio e che c’invita a
prepararci al Natale con disarmante sincerità.
Oggi rileggiamo l’incontro di questo mistero e
garbato angelo (uno dei principi degli angeli),
che parla alla pari con questa ragazzina di Nazareth,
e scopriamo la grandezza del pensiero di Dio.
Perché è in quella minuscola casa di quel
minuscolo paese addossato a un dorsale roccioso,
da cui la gente ha ricavato nelle grotte
naturali delle abitazioni fresche e asciutte,
che avviene l’assurdo di Dio.
Protagonisti; una quindicenne senza istruzione
di un paese occupato da una potenza straniera,
ai confini del mondo, fuori dalle rotte commerciali
che da Damasco portavano a Cesarea, e Dio.
Nessun satellite, nessuna diretta televisiva,
nessun giornale è presente per riportarci l’accaduto,
nella minuscola Nazareth che diventa ombelico
del mondo, centro assoluto della storia.
Dio, stanco di essere incompreso,
decide di venire a raccontarsi, poiché la pur
lunga storia di amicizia e di affetto con il popolo
d’Israele non è stata sufficiente per spiegarsi,
Dio sceglie di farsi uomo, parole, lacrime,
sorriso, emozione, sentimento, tono di voce, sudore
e necessita di un corpo, ha bisogno di una madre.
Non la moglie dell’imperatore, o il premio
Nobel per la medicina, non una donna manager
dinamica dei nostri giorni, macchè,
la piccola adolescente Mariam (la bella) Dio sceglie,
e a Lei chiede di diventare la porta d’ingresso per
Dio nel mondo, tutto lì.
Cosa direste se domattina vi arrivasse una figlia
o una nipote adolescente dicendo:
“Dio mi ha chiesto di aiutarlo a salvare il mondo.
Sono incinta?”…..appunto!
Invece Maria ci sta, ci crede e tutti noi non
sappiamo se ridere o scuotere la testa
davanti a tanta splendida incoscienza,
tutti restiamo ammutoliti davanti alla
sconcertante semplicità di questo dialogo,
di una ragazzina che parla alla pari con l’Assoluto,
che gli chiede spiegazioni e chiarimenti.
Dio sceglie Nazareth e, a Nazareth, sceglie Maria.
E a Nazareth, per trent’anni, Dio si nasconde
nella quotidianità più semplice;
bambino, adolescente, giovane falegname, come suo padre.
Durante quei trent’anni,
milioni di persone gridavano la loro pena a Dio,
giorno e notte, e Dio che faceva? Sgabelli.
Quanto parla questo assordante silenzio!
Quanto dice di Dio questa sua scelta!
A noi che sempre cerchiamo l’applauso e la
visibilità, l’efficienza e la produttività,
Dio propone una logica diversa.
Scegliere Nazareth, un paese occupato
dall’Impero romano, ai confini della storia,
ai margini della geografia del tempo,
in un’epoca sprovvista di comunicazioni,
ci rivela ancora una volta la logica di Dio,
logica basata sell’essenziale, sul mistero,
sulla profezia, sulla verità di sé,
sui risultati imprevisti (e sconcertanti).
Animo, fratelli!
Quando pensiamo di avere sbagliato
tutto nella vita, di non avere avuto
sufficienti opportunità, quando non
siamo soddisfatti dei nostri risultati o
siamo travolti dall’assordante incitamento
di chi ci grida: “Devi riuscire”,
pensiamo a Nazareth, a questo modo di
operare che ci sbalordisce e c’incanta.
Pochi giorni ci separano dal Natale e dal mare
di banalità e di sofferenza che porterà ad alcuni.
Andiamo a Betlemme, amici, così come siamo,
perché dobbiamo solo ricevere;
come Davide nella prima lettura che vuole
costruire un bel tempio a Dio, anche noi ci
sentiremo rispondere: “Lasciami fare,
non preoccuparti di come hai preparato il
tuo avvento, sono Io che ti vengo incontro”.
Che volete, così è il nostro Dio,
lasciamoci incontrare!
E spero proprio di incontrarlo veramente Dio
in questo Natale, io ci provo speriamo.
Un saluto, amici, ora per un po di tempo
non vi scoccerò più con le mie lagne, vado a fare
un po di volontariato al Santuario, ci ritroveremo
dopo le feste, allora, amici voglio donarvi gli
auguri adesso, che questo Santo Natale sia per
tutti voi pieno di Gioia, Pace e Serenità e che l'anno
Nuovo porti veramente nelle vostre famiglie l'amore.
Al Santuario vi porterò tutti nel cuore e nella
preghiera Fausto e Bertilla.

lunedì 12 dicembre 2011

Giuseppe il grande ed il giusto

Parliamo un pò, amici, di Giuseppe uomo giusto.
Colui che ha saputo donarci una grande pagina
poetica di fiducia e abbandono nel Signore.
Giuseppe sta organizzando casa per accogliere Maria.
È un bravo ragazzo, un onesto lavoratore ed
è sufficientemente devoto, insomma: un buon partito.
È contento di accogliere Maria, che è una ragazza
timida ma decisa, gentile e di bell’aspetto:
molti lo considerano fortunato di avere in
sposa la piccola adolescente di Nazareth.
In questo clima di festa matrimoniale, arriva la doccia fredda.
Matteo, tutela della privacy, non ci spiega come Giuseppe sia venuto
a conoscenza della gravidanza di Maria.
Dubito che si siano incontrati, forse è stata la madre Anna
a comunicargli la notizia, chissà.
Possiamo, però immaginare la notte insonne di Giuseppe,
la peggiore della sua vita.
Ma come? Maria? La mia piccola Maria?
E chi sarà il padre?
Io che pensavo fosse una così brava ragazza!
Che stupido sono stato!
Ma ci sarà una ragione, qualcuno avrà abusato della sua gentilezza…
Giuseppe non riesce a prendere sonno, si gira e si rigira sul giaciglio,
come fa la porta sui cardini.
Ma, oltre alla profonda ferita di un amore tradito,
Giuseppe deve affrontare l’incubo del futuro.
Cosa deve fare?
A norma di legge (Dt 22,21), Giuseppe deve svegliarsi e radunare
altri uomini della comunità dicendo che quel bambino non è suo,
e subito Maria sarà lapidata a morte.
Per essere un buon credente e un devoto, deve uccidere Maria.
(Non è folle che, a volte, gli uomini compiano cose orribili in nome di Dio?).
Giuseppe deve informare il rabbino del fattaccio e ripudiare la futura sposa,
che rimarrà a casa dei propri genitori piena di vergogna, segnata per tutta la vita.
E, a questo punto, succede l’incredibile.
Giuseppe, che è un giusto, trova una soluzione.
Mentirà. Il mentitore giusto
Dirà che si è stancato di Maria, la ripudierà, salvandole l’onore.
Certo, nessuno prenderà più in sposa una donna che ha avuto
un figlio da un altro uomo, ma, almeno,
girerà a testa alta nelle strade di Nazareth.
Giuseppe è grandioso: non rispetta la Legge
attribuita a Dio e decide di mentire.
Matteo ci dice che Giuseppe è giusto.
A volte la legge di Dio, quella autentica, passa attraverso la
trasgressione della legge degli uomini, quella attribuita a Dio.
Giusto è un titolo straordinario, in Israele.
È, forse, il più bel complimento che si possa fare ad un ebreo.
Giuseppe è giusto come Dio è giusto, perché non giudica
secondo le apparenze, perché si sacrifica, supera il suo orgoglio
di maschio ferito (terribile!), e salva Maria.
Immenso Giuseppe, falegname abituato a riconoscere l’essenza
di un legno, a piallare un'asse, non ad inseguire fini
ragionamenti che lo mettono in crisi!
Ha deciso, anche se continua a non prendere sonno.
E, proprio quando ha scelto di salvare Maria, quando si è dato pace,
quando ha superato il proprio orgoglio, arriva,
in sogno, un angelo che lo rassicura.
Va tutto bene, gli dice l’angelo, hai a che fare col mistero.
Fai bene a fidarti di Maria, è prodigioso ciò che le è capitato,
colui che porta in grembo non è il figlio di un altro uomo,
ma di Dio stesso.
Maria lo partorirà e tu, Giuseppe, gli darai il nome,
cioè l’identità, il carattere e l’educazione.
A Maria l’angelo chiede di collaborare.
A Giuseppe l’angelo chiede di insegnare a Dio a diventare uomo.
Anche lui, Giuseppe, deve cambiare la sua vita, i suoi desideri,
le sue scelte, adeguarli all’evento improvviso di un Dio
che decide di diventare uomo.
Giuseppe obbedisce. Si sveglia e prende con sé Maria.
Leggo e rileggo questa conclusione sconcertante.
Si alza e obbedisce.
Non fa commenti, non approfondisce ulteriormente,
si fida e basta, accetta e accoglie.
La sua vita, ora, è radicalmente cambiata, ma va bene così:
ha a che fare con il mistero di Dio.
Grandioso Giuseppe; uomo giusto, e noi?
Speriamo, la speranza non deve mai mancare.
Impariamo da Giuseppe a fidarci; ad avere fiducia in Dio,
a credere che Lui è venuto a farsi uomo, perchè tutti noi
impariamo ad essere uomini.

sabato 10 dicembre 2011

Cerchiamo la nostra verità.

Siamo alle silite, già da un pò anche la Domenica
i negozi sono aperti e tutti corrono a fare compere
per l'imminente Natale, tutti stiamo preparando
la grande festa in bellezza in barba alla crisi, ma
siamo sicuri che ci prepariamo veramente alla
venuta del Signore Gesù? o stiamo preparando
un natale taroccato, dimenticandoci di invitare
Lui, il festeggiato!
Lotta dura contro il Natale tarocco.
L’Avvento ci permette di recuperare il senso autentico
del Natale, di non lasciarci travolgere dall’onda melensa
di emozioni che dovremmo pur vivere.
Salviamo il Natale dall’approssimazione e dal (falso) buonismo per recuperare
il senso teologico, scomodo ma salutare.
Non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce e a commuoverci davanti a
questo bambinello nudo.
Siamo qui a digerire la più brutta figura della storia dell’umanità, che,
peraltro, rinnova tale atteggiamento.
Dio è venuto, stanco di essere frainteso, esasperato dalle nostre proiezioni.
Dio è venuto e si è raccontato in Gesù di Nazareth.
Dio è venuto ma, ad accoglierlo, ha trovato poca gente, semplice e dimessa,
che farebbe poco gossip in questi (fragili) tempi mondani.
Occorre svegliarsi per accorgersi di Dio, riconoscere i profeti presenti in
mezzo a noi e diventare consolatori dei troppi fratelli persi,
occorre avere la fiducia incosciente di Maria di Nazareth per
cambiare il nostro destino.
Per vivere autenticamente il Natale, fatte tacere le tante malelingue
che ci scoraggiano, superata la tentazione di un Natale senza Dio,
dobbiamo imitare il Battista nella sua lucida autoconsapevolezza.
Giovanni è il più grande tra i figli di donna,
un profeta austero e coerente, energico e carismatico.
Verso le sponde del Mar Morto, giù nella depressione vicino a Gerico,
Giovanni ha radunato un movimento di persone diverse come cultura,
di cercatori di Dio, di insoddisfatti bisognosi di senso.
Non è tenero Giovanni, disilluso e acre, chiede un
cambiamento radicale per incontrare il Messia di Dio.
Quasi alla fine della sua breve ma intensa vita, Giovanni riceve
la visita degli inviati del Sinedrio che s’interrogano, loro i detentori
del potere religioso, su questo strano personaggio che non si spaventa
neppure di fronte alle autorità.
Giovanni è chiaro; lui non è il Cristo.
Potrebbe pensarlo, gli altri lo pensano di lui (bisognosi come siamo di Cristo).
Potrebbe approfittarne, cedere alla più subdola delle tentazioni
(noi credo, l’avremmo fatto), quella del delirio di onnipotenza.
No, dice Giovanni, lui non si prende per Dio.
Anche lui, come i penitenti, ne è disperatamente alla ricerca.
Giovanni ci ammonisce; solo riconoscendo il proprio limite,
che è opportunità, non mortificazione, possiamo essere
liberi di accogliere il Dio fragile che nasce.
Solo riconoscendo che non abbiamo in noi
tutte le risposte, possiamo metterci alla ricerca.
Chi sei, allora?
Chi siamo, allora?
La logica mondana dice; sei ciò che produci,
sei ciò che appari, sei ciò che guadagni,
sei ciò che guidi, sei ciò che conti.
Giovanni sa che non è così, che è illusoria e menzognera questa logica,
che, mai, siamo ciò che possediamo o facciamo.
Giovanni ha pensato e ha capito.
Il sole del deserto e la polvere che raschia la gola,
gli occhi bruciati dalla luce e il corpo ormai piegato alla durezza delle scelte,
l’hanno portato a capire chi è lui nel profondo.
Un mistico? Un provocatore? Un guru?
No, egli è la voce.
Voce, voce prestata a una Parola,
voce che amplifica un’idea non sua,
voce che fa riecheggiare un’intuizione di cui anch’egli è debitore.
C’immaginiamo sempre di essere dei grandi,
di compiere cose memorabili, di restare nella storia o, perlomeno,
nella piccola storia delle persone che amiamo.
Dio ci svela cosa siamo in profondità.
Ma io, tu, noi, cosa siamo?
Cosa pensiamo di noi stessi?
Forse siamo pazienza, o attesa, o sorriso, o perdono, o sogno, o inquietudine.
Contrariamente alla falsa idea del cattolicesimo
che mortifica e castra le ambizioni degli uomini
(se Dio c’è, io sono fregato, pensa Erode),
il vangelo ci svela un Dio che mi aiuta a cogliere la verità di me stesso.
Non so come stiate arrivando a questo Natale;
l’importante è che ci arriviate in maniera autentica.
Forse non è un gran periodo, forse non siete
per nulla soddisfatti di voi e delle vostre scelte.
Pazienza, Dio viene lo stesso, se avete il coraggio di invocarlo.
Perciò state o stiamo nella gioia, rallegriamoci sempre nel Signore,
teniamo buone le cose che egli ci ha donato,
gioiamo pienamente in questo Dio che non meritiamo e che si dona.
Questo mite Dio che attendiamo e che già amiamo.
Buona continuazione dell'Avvento ed una
Santa Domenica a tutti voi amici da Fausto

mercoledì 7 dicembre 2011

Immacolata Cocezione

Grandissima festa quella di oggi amici,
scopriamo quanto è grande il progetto di Dio
attraverso Maria, la bella di Nazareth.
Abbiamo bisogno di salvezza e di senso.
Urgente ed evidente.
Anche se il nostro mondo tende a non vedere
questo appello che sale dal ventre della storia.
Abbiamo bisogno di salvezza quando vediamo
intorno a noi situazioni di umanità sconfitta e umiliata, affamata e ribelle, violenta e violentata.
Nonostante gli immensi progressi della
scienza e della tecnica, l’uomo sembra
destinato a ripetere i propri errori, a regredire
nell’imbarbarimento attraverso le sue conquiste.
Invece di utilizzare le energie della terra per vivere meglio,
l’uomo ne abusa per far vivere meglio una minima
percentuale dell’umanità, a scapito della stragrande
maggioranza che non ha possibilità alcuna di una vita dignitosa.
È l’eterna lotta fra il bene e il male, fra la luce e le tenebre.
Lotta in cui Dio stesso ha voluto entrare,
sporcandosi le mani. E facendosi aiutare.
Molti preti, oggi, eviteranno amabilmente di
soffermarsi sul significato profondo di questa celebrazione
posta all’inizio del cammino di Avvento, e fanno benissimo.
È certamente più semplice e più comprensibile ai più,
soffermarsi sulla figura e sul ruolo di
Maria nella storia della salvezza,
sulla sua disponibilità, sulla sua esemplarità
e non inoltrarsi in un linguaggio teologico,
magari poco comprensibile ai più.
Però noi proviamo a dire qualcosa lo stesso.
Il peccato originale non è un peccato diverso
dagli altri e bizzarro, e c’entra poco con l’efficace
immagine della tentazione dei nostri progenitori.
Gli autori della Genesi, che scrivono dopo l’esperienza
bruciante dell’esilio in Babilonia, si pongono una domanda:
“Se Dio è buono e ci ha scelto, se il creato è così armonioso,
perché commettiamo il male, da dove deriva?”.
E giungono, due millenni e mezzo fa, a conclusioni
per niente scontate; nel cuore dell’uomo esiste
una radice negativa, malvagia,
contro cui l’uomo deve combattere.
Non serve guardare ai grandi genocidi del xx secolo,
basta guardarsi dentro con onestà.
In ciascuno di noi esistono un piccolo assassino e un
violento che impariamo a tenere a bada con gli anni.
Questa radice negativa è stata chiamata,
appunto, “peccato originale” e la Bibbia dice
che deriva dal desiderio dell’essere umano
di mettersi al posto di Dio e di non assumersi
il proprio ruolo, la propria dignità.
Adamo vuole essere come Dio,
poi accusa la moglie di averlo istigato,
che a sua volta accusa il serpente.
L’uomo non accetta il suo limite,
non accetta di dover imparare, non accetta di non
sapere e non avere tutto.
Da lì, da questa ribellione, nasce la violenza
che portiamo dentro.
Cristo, divenendo uomo,
ha eliminato il peccato originale.
Ogni uomo, battezzato in Lui, fa l’esperienza di
essere radicalmente cambiato, nel profondo.
Diventa capace di donarsi, d’individuare il proprio
ruolo all’interno della creazione, sa da dove proviene,
supera il peccato che viene cancellato.
Maria, pur non essendo battezzata, viene salvata
“preventivamente”, questo dice la strana festa di oggi.
Dal suo concepimento è preservata dal peccato originale,
è già senza peccato originale, come poi diverremmo noi.
Come se Dio avesse una gran fretta di salvarci.
Maria diviene la caparra dell’eredità. Viva.
Oggi è la festa della generosità di Dio e
della possibilità, per l’uomo, di salvarsi.
Guardando Maria, scopriamo come possiamo
vivere da salvati; donando la nostra vita,
dicendo “sì” al progetto di Dio,
assumendoci le nostre responsabilità,
divenendo davvero protagonisti della nostra storia.
Vi pare poco?
Buona festa dell’Immacolata Concezione amici, da Fausto

sabato 3 dicembre 2011

Lasciamoci consolare

È vero amici, non possiamo più nasconderci,
piangerci addosso non serve a niente,
dobbiamo solo avere speranza.
Abbiamo messo in moto il periodo dell’Avvento,
tempo di preparazione per i tanti cristiani
che aspettano la venuta del Signore.
Molti cristiano pensano di essere tali
semplicemente perché credono nella
venuta del Signore Gesù;
ma non c’è bisogno di essere cristiani per crederlo!
Siamo cristiani se desideriamo,
nella semplicità e povertà del desiderio,
che Cristo nasca nei nostri cuori.
Animo, cercatori di Dio, ammaliati da Cristo,
affascinati dalla sua Parola, animo.
Uomini e donne ci annunciano la
venuta di Cristo nella gloria,
mentre a noi è dato di accoglierlo
nella storia personale di ciascuno.
Natale è Dio che, stanco di essere male interpretato,
decide di avere uno sguardo e un volto per potersi
spiegare, raccontare e ci pone dinanzi all’evidenza
disarmante di Dio che diventa neonato.
Dio non è come lo immaginiamo, ne distante
ne severo ne manipolabile ne folle.
Dio si fa povero per amarci.
Isaia, il profeta dell’Avvento, parla al popolo
in esilio in Babilonia, da decenni.
Si rivolge a un popolo scoraggiato,
molto simile a noi che viviamo in questi anni sulla terra,
un popolo che non ha più fiducia,
che constata come le promesse di Dio non si
sono realizzate, che nulla è cambiato nella Storia,
nonostante la presenza del Dio d’Israele.
E Isaia profetizza, consola, invita a disegnare
una strada che scavalchi i burroni dell’indifferenza,
che spiani le alture dell’arroganza.
Dio viene, Lui prende l’iniziativa,
a noi di accorgercene, di esserci, di lasciarci consolare.
Natale è la consolazione degli uomini,
la nascita della speranza che Dio,
almeno Lui, non si dimentica.
Non si dimentica, ribadisce il rude Pietro,
ed esercita pazienza, ci dona del tempo perché
abbiamo la possibilità di capire e di cambiare.
Capire e cambiare perché Dio ci lascia immensamente
liberi nella scelta, sempre.
Il vero volto di Dio è quello di un Dio
che interviene con discrezione,
che ci chiede di accoglierlo, di cambiare idea
su di Lui e su di noi, con calma, diventando,
noi discepoli, la consolazione di Dio agli uomini.
Quante persone vivono il Natale con insostenibile disagio!
Isaia ci sprona; noi cercatori di Dio,
noi che abbiamo accolto il vero volto di Dio,
siamo chiamati, a nostra volta,
a diventare consolatori dei nostri fratelli.
Diciamolo ai tanti che vivranno la fatica del Natale,
che Dio fa nuove tutte le cose perché si mette
dalla parte degli sconfitti e dei perdenti.
Il vero volto di Dio è Gesù Cristo;
incontrare Lui è un nuovo inizio,
una nuova creazione, una nuova genesi.
Marco, discepolo di Pietro, inizia così il suo vangelo:
“Inizio della buona notizia che è Gesù Cristo”.
Pensare che Dio possa essere diverso
dall’immagine noiosa che ce ne siamo fatta,
dice Marco, è già l’inizio di un cambiamento
radicale, di una nuova creazione.
Prepararsi al Natale vero significa, allora,
riprendere in mano la buona notizia,
che è Gesù, a farla diventare concretezza
nelle nostre scelte, danza per la nostra vita.
Come Giovanni il battezzatore possiamo
diventare profeti di Dio, aiutarci e aiutare
i fratelli a preparare la strada a Dio.
I profeti non sono coloro che indovinano il futuro,
ma coloro che interpretano il presente,
che ci aiutano a leggere la nostra vita in una luce di fede,
a indovinarne la novità, a capirne il senso.
Non è difficile vivere; è impossibile,
se non capiamo per quale strana ragione
siamo stati messi al mondo.
Superata la tentazione dei sempre presenti
idoli della nostra vita (immagine di sé, carriera, denaro)
che falsamente pretendono di riempire il
senso di infinito che ci abita, ci resta il vuoto immenso
di senso da colmare, il bisogno assoluto di capire.
Molti, ahimè, vi hanno rinunciato, hanno abdicato
a pensare, a vivere, travolti dalla quotidianità.
Dio non si scoraggia e ci raggiunge proprio nella
quotidianità, diventando uno di noi.
Abbiamo urgenza di profetismo, abbiamo bisogno di
persone che ci scuotano come un pugno nello stomaco.
Buon Dio, di persone che ci disorientano
non sappiamo che farcene.
Ciò di cui abbiamo bisogno è una Parola
che spezzi la crosta che si è formata
intorno al nostro cuore.
Accogliamo la profezia del battezzatore
e dei tanti che camminano—mascherati da uomini
comuni, in mezzo alle nostre fetide città.
Non lasciamo che la profezia abbandoni la Chiesa,
comunità dei cercatori di Dio, ma che sia sempre
presente, anche quando è scomoda.
Santa Domenica amici,
nella luce dell’Avvento da Fausto.

Medjugorje, messaggio della Madonna attraverso Mirjana

Cari figli,
come Madre sono con voi per
aiutarvi con il mio amore,
preghiera ed esempio a diventare
seme di ciò che avverrà, un seme
che si svilupperà in un forte albero
ed estenderà i suoi rami nel mondo intero.
Per divenire seme di ciò che avverrà,
seme dell’amore, pregate il Padre che
vi perdoni le omissioni finora compiute.
Figli miei, solo un cuore puro,
non appesantito dal peccato può aprirsi e
solo occhi sinceri possono vedere la via
per la quale desidero condurvi.
Quando comprenderete questo,
comprenderete l’amore di Dio ed esso vi verrà donato.
Allora voi lo donerete agli altri come seme d’amore.
Vi ringrazio".

sabato 26 novembre 2011

In cammino verso il Natale

Amici, comincia l’Avvento,
prepariamoci ad accogliere
l’inaudito di Dio, che si fa bambino
per venire ad incontrare i più poveri
tra i poveri, i derelitti dell’umanità,
i pastori, e loro ci credono,
vanno e videro e tornarono entusiasti,
solo loro si sono messi in movimento
gli altri sono rimasti nelle loro
comodità ad aspettare invano.
Partiamo perciò, incamminiamoci,
solo così incontreremo quel Gesù
che viene incontro a noi.
È che Dio arriva quando meno te lo aspetti.
Magari lo cerchi tutta la vita, o credi di cercarlo,
o sei convinto di averlo trovato
e quindi dormi sugli allori e,
intanto, la vita ti passa addosso.
È che Dio è evidente e misterioso,
accessibile e nascosto, già e non ancora.
È che la nostra vita passa,
con i suoi desideri e le sue delusioni,
le sue scoperte e le sue pause,
le sue paure e le sue ironie,
i suoi entusiasmi e i suoi fallimenti.
Passa e fatichiamo a tenerla ferma in un punto,
un punto qualsiasi, attorno a
cui far girare tutto il resto.
È che intorno tutti gufano, ma tanto.
E anche a essere ottimisti e a voler sempre
vedere il mezzo bicchiere pieno
c’è da vivere in ansia perenne;
la tua tredicesima è meno dello scorso anno,
i tassi del mutuo mandano sul lastrico le persone,
il petrolio sale e la benzina ancora di più,
tuo figlio ha trent’anni e non trova
lavoro per più di sei mesi.
Insomma; per tutte queste ragioni
abbiamo assoluto bisogno di fermarci,
almeno qualche minuto,
di guardare dove stiamo andando,
di trovare un filo a cui appendere,
come dei panni, tutte le nostre vicende.
Oggi inizia l’Avvento, finalmente.
Amici; detesto il Natale.
Capiamoci; non il Natale che è lo stupore
a cui vogliamo prepararci, no.
Detesto lo sgorbio che ne abbiamo fatto,
la fiera insopportabile dei buoni sentimenti,
l’ipocrisia del politicamente corretto,
che fa del Natale una festa di compleanno
senza festeggiato, la mielosa retorica delle
nostre messe di mezzanotte, in cui preti assonnati
cercano di convincere i fedeli una tantum.
Io voglio prepararmi, ho necessità assoluta di costruirmi
un’arca, e fregarmene di quelli che mi deridono.
Ho bisogno di capire come posso trovare il Dio
diventato accessibile, fatto volto, divenuto incontrabile.
Voglio poterlo vedere questo Dio consegnato,
arreso, nascosto in mezzo agli sguardi e
ai volti di tanti neonati, ma c’è chi li uccide.
Sono poche quattro settimane, lo so.
Ma voglio provarci ancora,
è da qualche anno che ci provo.
Perché possiamo celebrare cento natali senza
che mai una volta Dio nasca nei nostri cuori.
Nessuno possiede Dio in modo tale
da non doverlo più attendere.
Eppure non può attendere Dio chi non sapesse
che Dio ha già atteso lungamente lui.
Iniziamo a leggere Marco, da oggi.
Giovane discepolo di Gerusalemme,
la sua vita s’intreccia con quella di Pietro,
di cui sarà segretario e di cui raccoglierà le riflessioni,
ordinandole nel primo, più breve e sgrammaticato dei vangeli.
Ma il suo schema sarà ripreso, copiato da Matteo e Luca.
Dio è discreto, modesto, quasi timido,
non impone la sua presenza,
come la brezza della sera è la sua venuta.
A noi è chiesto di spalancare il cuore, di aprire gli occhi,
di lasciar emergere il desiderio.
Come? Non lo so, amici.
Io cerco di farlo ritagliandomi uno
spazio quotidiano alla preghiera,
per meditare la Parola, per potervela regalare nel blog,
senza far arrabbiare mia moglie
perché stò troppo davanti al computer.
Cerchiamo di prepararci bene e fare un Natale cristiano,
facciamo qualcosa, anche se piccola,
per chiederci se Cristo è nato in noi,
per non lasciarci travolgere dal diluvio
di parole e cose che ognuno vive.
Ma, ad aggravare la nostra situazione, non dobbiamo
solo combattere contro la dimenticanza.
Ci tocca pure combattere contro il finto natale,
il Natale taroccato.
Non capisco perché una festa splendida,
la festa che celebra la notizia dell’inaudito di Dio
che irrompe nel mondo, sia stata travolta
dalla melassa del buonismo natalizio.
È un dramma, il Natale, è la storia di un
Dio presente e di un uomo assente.
Non c’è proprio nulla da festeggiare, non abbiamo
fatto una gran bella figura, la prima volta.
Natale è un pugno nello stomaco, una provocazione,
un evento che obbliga a schierarsi.
Natale è l’arrendevolezza di Dio
che ci obbliga a conversione.
Quindi; viva i regali, viva la festa.
Ma che sia autentico ciò che facciamo,
che sia presente il festeggiato, Dio,
alle nostre ipercaloriche cene,
che i bimbi capiscano che è il suo compleanno,
e a noi fanno i regali.
In questi anni ho visto con sgomento che il Natale,
per i poveri veri, per chi ha subito un abbandono,
un trauma, un lutto, è diventato una festa odiosa e insostenibile.
Di fronte alle immagini della famiglia felice
intorno all’albero e armonia e canti di angeli
che ci propinano i media, chi, invece,
vive affettività fragili e solitudini è
travolto da un insostenibile dolore.
E tutto questo mi fa arrabbiare.
Il Dio dei poveri, il Dio che viene per i pastori,
emarginati del tempo, il Dio che non nasce
nel Tempio di Gerusalemme,
ma nella grotta di Betlemme,
viene sostituito dal dio piccino
del nostro ipocrita buonismo.
Se i nonni soli, se le persone abbandonate,
se i feriti dalla vita non hanno un sussulto di
speranza nella notte di Natale,
significa che il nostro annuncio è ambiguo,
travolto e sostituito da un inutile
messaggio di generica pace.
Esagero? Prego Dio che sia esagerazione.
Tra quattro settimane celebreremo il Natale.
Non giochiamo a far finta che poi Gesù nasce,
Gesù è già nato, morto e risorto, vive accanto a me.
Il problema è, semmai, se io sono nato.
Spero che ognuno di voi si accorga di avere accanto
l'inaudito di Dio, Gesù Cristo.
Buon cammino e Santa Domenica a tutti voi da Fausto.

venerdì 25 novembre 2011

Messaggio della Madonna a Marja 25-11-11

"Cari figli, oggi desidero
darvi la speranza e la gioia.
Tutto ciò che è attorno a voi, figlioli,
vi guida verso le cose terrene ma Io desidero
guidarvi verso il tempo di grazia perchè in
questo tempo siate sempre più vicini a mio Figlio
affinchè Lui possa guidarvi verso il suo amore
e verso la vita eterna alla quale ogni cuore anela.
Voi, figlioli, pregate e questo tempo sia per voi
il tempo di grazia per la vostra anima.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata. "

domenica 20 novembre 2011

Il valore di Dio.


Dio è un personaggio senza etichetta del prezzo,
viene valorizzato solo quando ha un contorno
che attrae la nostra attenzione,
solo allora spendiamo fortune per incontrarlo.
Che volete, siamo fatti così,
non riusciamo a capire che Dio vuole vivere il
nostro quotidiano e non vuole essere
collocato in una cornice d'oro,
ma farsi nostro compagno di viaggio,
buona Domenica a tutti voi da Fausto.

sabato 19 novembre 2011

La concretezza dell'Amore

Sono ritornato dal Santuario
dell’Amore Misericordoso e mi
sono portato nel cuore una cosa grandiosa;
l’Amore che il Signore ha per ciscuno di noi,
tutto questo lo capiamo nel Vangelo di
questa domenica di fine anno liturgico.
Fine.
Anzi, no, inizio.
Oggi termina l’anno liturgico,
anno passato con Matteo manager riuscito
e temuto, che ha gettato alle ortiche le sue
presunte conquiste per essere conquistato
dal Rabbì, Gesù di Nazareth, che ci ha
insegnato a essere discepoli.
E, al solito, l’anno termina con la
festa di Cristo Re dell’Universo.
Un ultimo invito a riflettere su chi è
Dio e su chi è il discepolo di questo Dio.
Tenetevi ai braccioli della poltrona,
perché ciò che oggi leggiamo è il non
senso di Dio, la negazione dei nostri (falsi) sogni.
Non siamo più o meno tutti convinti che
Dio sia Eterno, Onnipotente, onnipresente,
Assoluto, eccetera?
Non ce lo immaginiamo come un vecchio
con la barba, seduto su un alto trono dorato,
che sovrasta l’Universo e la Storia,
girando inpercettibilmente e stancamente,
lo sguardo sulle sue creature?
Non ci sgoliamo nelle preghiere, scocciati e affranti,
quando non veniamo esauditi?
Tutto vero. Abbastanza.
Perché, in realtà, il Dio di Gesù è più sconfitto
di tutti gli sconfitti, fragile più di ogni fragilità.
Un re senza trono e senza scettro,
appeso nudo a una croce,
un re che necessita di un cartello per essere identificato,
un re senza potere se non quello (devastante) dell’amore.
Ecco; questo è il nostro Dio, un Dio sconfitto.
Ma un Dio sconfitto per amore, un Dio che, inaspettato,
manifesta la sua grandezza nell’amore e nel perdono.
Dio, Lui si, si mette in gioco, si scopre,
si svela, si consegna, si ostende.
Dio non è nascosto, misterioso;
è evidente, provocatoriamente evidente;
appeso a una croce, apparentemente sconfitto,
gioca il tutto per tutto per piegare la durezza dell’uomo.
Gesù è venuto a dire di Dio, a raccontarlo.
Lui, Figlio del Padre, ci dona e ci dice veramente chi è Dio.
E l’uomo replica; “no grazie”.
Forse preferiamo un Dio un po’ severo e scostante,
sommo egoista, bastante a se stesso, potente,
da convincere e tenere buono.
Forse l’idea pagana di Dio che ci facciamo
ci soddisfa maggiormente perché ci assomiglia di più,
non ci costringe a conversione, ci chiede superstizione;
non piega i nostri affetti, solo li solletica.
La festa di Cristo Re ci rivela il destino
finale della nostra storia.
È una pagina da imparare bene,
visto che svela il trucco della salvezza,
visto che i termini del contratto sono espliciti.
Alla fine dei tempi, davanti al Cristo
in maestà che succederà?
Lo trovate scritto, leggete bene,
e mettete da parte il taccuino in cui abbiamo
segnato le nostre ore di preghiera, le
noiose messe e confessioni che abbiamo subìto,
e le eventuali giustificazioni da tirare fuori.
Il Signore ci chiederà se lo avremo riconosciuto
nel povero, nel debole, nell’affamato, nel solo,
nell’anziano abbandonato, nel parente scomodo.
Sì; avete capito bene.
Il giudizio sarà tutto su ciò che avremo fatto.
E sul cuore con cui lo avremo fatto.
La fede è concretezza, non parole,
la preghiera contagia la vita, la cambia,
non la anestetizza, la celebrazione continua
nella città, non finisce nel tempio.
Allora, certo, la preghiera, l’Eucaristia,
la confessione sono strumenti di comunione
col Cristo e tra noi per fare della
nostra vita il luogo della fede.
Nel mio ufficio, sul mio luogo di lavoro,
nella mia scuola, in casa a spadellare, mi salverò.
Se saprò portare la fede da dentro a fuori,
da lontano a vicino, e riconoscere il volto
del Cristo adorato nel volto del
fratello che incontro ogni giorno.
La regalità di Cristo, oggi,
si manifesta nei nostri gesti.
Cristo è Signore se sapremo sempre di più
amare i fratelli, renderli partecipi della nostra fede.
La fine di quest’anno ci richiama ancora, allora,
alla concretezza, ti fa cambiare la vita.
Un saluto ed una preghiera a tutti voi amici,
con la consapevolezza di essere amati di un
amore folle da parte del nostro Signore Gesù.
Santa Domenica di Cristo Re da Fausto.

mercoledì 16 novembre 2011

N° 4 Il ritorno del figlio più giovane.

Sperperò le sue sostanze
vivendo da dissoluto.
Quando ebbe speso tutto,
in quel paese venne una grande
carestia, ed egli cominciò a trovarsi
nel bisogno, allora andò e si
mise a servizio di uno degli abitanti
di quella regione, che lo mandò
nei campi a pascolare i porci,
avrebbe voluto saziarsi con le
carrube che mangiavano i porci,
ma nessuno gliene dava.
Allora rientrò in sé stesso e disse:
“Quanti salariati in casa di mio
Padre hanno pane in abbondanza
e io qui muoio di fame!
Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te;
non sono più degno di essere chiamato tuo figlio,
trattami come uno dei tuoi garzoni”.
Partì e si incamminò verso suo Padre!
MEDITAZIONE
Il giovane abbracciato e benedetto dal Padre,
è un uomo povero, molto povero.
Ha abbandonato la propria casa con tanto
orgoglio e denaro, deciso a vivere la sua vita
lontano dal padre e dalla comunità,
ritorna con niente, il denaro, la salute,
l’amore, il rispetto di sé, la reputazione……
ogni cosa è stata sperperata.
In questa foto vedo davanti a me un
uomo che se né andato lontano in un
paese straniero e ha perso tutto ciò
che aveva con se, in lui vedo vuoto,
umiliazione e sconfitta, lui che era
tanto simile al padre, ora sembra
peggiore dei servi di suo padre,
è diventato uno schiavo.
Che cosa è accaduto al figlio
nel paese lontano?
A parte tutte le conseguenze materiali
e fisiche, quali sono state le conseguenze
interiori per essersi allontanato da casa?
La serie di eventi è piuttosto prevedibile,
più corro lontano dal luogo in cui Dio dimora,
meno sento la voce che mi chiama,
“figlio prediletto”, e meno sento quella voce,
più rimango invischiato nelle manipolazioni
e nei giochi di potere del mondo.
Le cose stanno più o meno in questo modo;
non sono più certo di avere una casa sicura,
e osservo altra gente che, fuori sembra stare
meglio di me; chiedo come posso arrivare
dove stanno loro, cerco in mille modi di piacere,
di raggiungere il successo e gli onori,
quando fallisco mi sento geloso e risentito
nei confronti degli altri;
quando ho successo, mi secca che gli altri
possano essere gelosi
o risentiti nei miei confronti;
“ECCO L’INVIDIA”.
Divento sospettoso e mi metto sulla difensiva
e ho sempre più paura di non raggiungere
ciò che tanto desidero o di perdere ciò che già ho.
Impigliato in un groviglio di esigenze e desideri,
non conosco più le mie stesse motivazioni,
mi sento ingannato dal mio stesso ambiente
e diffidente di ciò che gli altri fanno o dicono,
sempre in guardia, perdo la mia libertà
interiore e comincio a dividere il
mondo in coloro che sono per me
e coloro che sono contro di me;
mi chiedo se veramente qualcuno
si interessa di me; comincio a cercare
conferme alla mia diffidenza e, dovunque vada,
ne ho la prova e dico;
“non ci si può fidare di nessuno”,
e poi mi chiedo se qualcuno mi abbia mai amato,
il mondo intorno a me diventa oscuro,
il cuore si fa pesante, il corpo è pieno
di dolori, la vita perde significato.
Sono diventato un’anima perduta.
Il figlio più giovane si rese pienamente
conto della sua totale rovina quando più
nessuno nel suo ambiente mostrò
il minimo interesse nei suoi confronti.
Lo avevano tenuto in considerazione
soltanto finche era stato utile ai loro interessi,
ma quando non ebbe più denaro da spendere
e doni da fare, per loro cessò di esistere,
non è difficile immaginare cosa significhi essere
un individuo del tutto estraneo,
una persona cui nessuno mostra un
qualche segno di riconoscimento.
La vera solitudine arriva quando non
si riesce più a sentire di avere delle cose in comune,
quando nessuno voleva dargli il cibo che lui
stesso distribuiva ai maiali, il figlio più giovane
si accorse di non essere considerato
nemmeno un essere umano:
“ECCO LA DESOLAZIONE”.
In quel momento sentì tutto il vuoto del
suo isolamento, la solitudine più profonda
di cui l’uomo possa fare esperienza;
era davvero perduto, ma fu questa sensazione,
di essere completamente perduto a
farlo rientrare in se stesso.
Fortemente scosso dalla consapevolezza
della sua totale nullità, capì immediatamente
di essersi imbarcato in un’avventura di morte,
si era talmente sradicato da ciò che dà vita e cioè,
che si rese conto che la morte
sarebbe stata il fatale prossimo passo.
All’improvviso vide con chiarezza il sentiero
che aveva scelto e dove questo lo avrebbe condotto;
capì la sua scelta di morte; e intuì lucidamente
che un altro passo ancora nella direzione che
stava seguendo lo avrebbe portato all’autodistruzione,
in quel momento critico, quale
molla gli fece scegliere la vita!
Fu la riscoperta della parte
più profonda di se stesso.
Il significato del ritorno del figlio più giovane
è condensato nelle parole:
“Padre non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”.
Da un lato il figlio più giovane si rende conto di
aver perso la dignità della sua condizione di figlio,
ma allo stesso tempo quel senso di dignità perduta
gli fa capire che egli è davvero il figlio
che aveva una dignità da perdere.
Il ritorno del figlio più giovane avviene
proprio nel momento in cui recupera la
sua condizione di figlio, anche se ha perso
tutta la dignità che le è propria,
infatti è stata la perdita di ogni cosa a
portarlo alla radice della sua identità,
ha scoperto il fondamento della sua
condizione di figlio, in definitiva
sembra che il figlio abbia dovuto perdere
ogni cosa per conoscere il significato
profondo del suo essere, quando si è
trovato a desiderare di essere trattato
come uno dei porci, si è reso conto di non
essere un porco, ma un essere umano,
un figlio di suo padre, il rendersi conto
di questo è diventato la base della
sua scelta di vivere invece di morire.
Tornato di nuovo a contatto con la verità
della sua condizione di figlio,
ha potuto udire-----anche se in modo
appena percepibile la voce che lo chiamava,
“figlio prediletto”, e sentire sebbene da
lontano il tocco della benedizione,
la consapevolezza e la fiducia nell’amore del padre,
per quanto possano essere stati confusi,
gli hanno dato la forza di rivendicare
la propria condizione di figlio,
anche se tale rivendicazione non
poteva basarsi su alcun merito.
Quante persone per ascoltare un
presunto amico si perdono,
non riconoscono più la casa paterna
e se ne vanno lontano e ci rimangono,
finche dopo aver sperperato tutti i beni avuti,
magari ridotti in un tunnel senza uscita,
perché i presunti amici si erano volatilizzati
e pensando come stavano bene prima,
si sono messi in ascolto, magari più per
disperazione che per volontà e riuscendo
nella disperazione a trovare magari un
amico di quelli veri che con pazienza è
riuscito a fargli risentire quella flebile voce che dice:
“Tu sei il mio figlio prediletto,
in te mi sono compiaciuto”.
È un’esperienza dolorosa perché per
capire devi precipitare fino in fondo,
d’altra parte è una nostra scelta, perché Dio dice:
“Io ti ho posto davanti la vita e la morte,
la benedizione e la maledizione;
scegli dunque la vita, perché viva tu e
la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio,
obbedendo alla sua voce e tenendoti vicino a Lui”!
In effetti è una questione di vita o di morte,
vogliamo accettare il rifiuto del mondo che
ci imprigiona, oppure rivendicare
la libertà dei figli di Dio?
A noi la scelta!
Giuda ha tradito Gesù!
Pietro lo ha rinnegato!
Entrambi sono diventati figli perduti!
Giuda, non riuscendo più a sostenere
la verità di non essere per sempre figlio di Dio,
si è impiccato, perciò ha venduto anche la
sua condizione di figlio, praticamente
non ha creduto nella Misericordia del Padre.
Pietro, nel colmo della sua disperazione,
l’ha rivendicata ed è tornato
piangendo molte lacrime.
Giuda ha scelto la morte!
Pietro ha scelto la vita!
Dobbiamo renderci conto che questa
scelta è sempre davanti a noi,
siamo continuamente tentati di cadere
nello smarrimento e di perdere contatto
con la nostra umanità dataci da Dio,
con le beatitudini fondamentali della
vita che ci è stata donata e, così lasciamo
che le forze della morte prendano il sopravvento.
Questo succede sempre ogni volta che
diciamo a noi stessi: “Non siamo buoni,
siamo inutili, non valiamo niente,
siamo antipatici, non siamo nessuno”.
Ci sono sempre un’infinità di eventi e
di situazioni che possiamo scegliere
per convincerci che la nostra vita non
vale la pena di essere vissuta, che siamo
solo un peso o un problema, molte persone
vivono con questo oscuro senso interiore,
e a differenza del figlio prodigo, lasciano che
l’oscurità li avvolga in modo così totale
che non rimane loro alcuna luce per girarsi
indietro e tornare, possono anche non
uccidersi fisicamente, ma spiritualmente
non sono più vivi, hanno abbandonato
la fede nella propria bontà originale e,
perciò, anche nel Padre cui devono la loro umanità.
Ma quando Dio creò l’uomo e la donna
a sua immagine e, vide che quanto aveva fatto,
“era cosa molto buona”, e nonostante le voci oscure,
né uomo né donna potranno mai cambiare quell’evento.
Scegliere la nostra condizione di figli,
non è comunque facile, le voci oscure
del mondo che ci circonda cercano di
persuaderci che non siamo buoni e che
possiamo diventarlo soltanto se ci
conquistiamo la nostra bontà arrampicandoci
sulla scala del successo, queste voci ci
conducono ben presto a dimenticare la
voce che ci chiama, “figlio mio prediletto”,
e che ci ricorda che siamo amati indipendentemente
da qualsiasi applauso o risultato, queste voci
oscure soffocano quella voce gentile, tenue e
luminosa che continua a chiamarci,
“il mio prediletto”, ci trascinano alla
periferia della nostra esistenza e ci
fanno dubitare che c’è un Dio che ama
e che ci aspetta proprio al centro del nostro essere.
Ma lasciare il paese straniero è soltanto l’inizio,
la strada verso casa è lunga e ardua,
che fare allora lungo la strada del ritorno al Padre?
Ciò che fa il figlio prodigo è chiaro,
appena è cambiato, prepara una specie di sceneggiata,
e ricordando la sua condizione di figlio,
dice a se stesso: “Mi leverò e andrò da mio
padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro
il cielo e contro di te, non sono più degno
di essere chiamato tuo figlio,
trattami come uno dei tuoi garzoni”.
Un saluto amici, ora vado a dormire perché
domattina parto per il Santuario dell’Amore
Misericordioso a Collevalenza (PG), la
Pregherò per tutti voi.
Il resto alla settimana prossima ciao

mercoledì 9 novembre 2011

L malattia del sole e della terra.

Stiamo vedendo le tante
disgrazie causate dalla natura,
che purtroppo noi abbiamo voluto
sfidare e ne stiamo pagando il prezzo,
purtroppo molto alto.
Difatti,
che profitto trae l'uomo da
tutto il suo lavoro, dalle sue preoccupazioni
del suo cuore, dal suo profitto,
smisurato, da tutto quello che gli è
costato tanta fatica sotto il sole?
L'uomo non è mai contento.
Se piove si lamenta, se non piove anche.
Se fa caldo si arrabbia, se fa freddo lo stesso.
Se il sole picchia si lagna e si lamenta che fa male.
Se fa freddo allora il sole è malato!
Ma ci siamo mai chiesti se non siamo noi i Malati?
Ci siamo mai chiesti perchè la luce di Dio
non brilla nella nostra vita come vorremmo?
Ci preoccupiamo del sole che è malato,
ma spesso dimentichiamo che la causa
della sua malattia siamo proprio noi!
Non é Dio che si è allontanato da noi,
ma siamo noi a starcene distanti.
Se solo accettassimo il suo smisurato
e incondizionato amore!
Il sole, malato o no, continua ogni giorno
ad illuminare le nostre giornate
e a riscaldarci con i suoi raggi.
Lo stesso fa il Signore.
Egli è sempre presente, per tutti,
e sopratutto per i malati!
Egli bussa al nostro cuore,
apriamogli e lasciamoci
inondare dal suo caldo amore.
Con affetto Fausto, ciao a tutti.

martedì 8 novembre 2011

Messaggio della Madonna a Medjugorje.

Io vi invito alla luce che voi dovete portare
agli uomini che vivono nelle tenebre.
Ogni giorno nelle vostre case giungono
persone che sono nelle tenebre.
Cari figli, donate loro la luce.
Betlemme non aveva una Elisabetta,
non aveva un profeta, qualcuno che riconoscesse
chi era Colei che cercava un rifugio,
e così Gesù nacque in una stalla.
Terribile è vivere in una
parrocchia dove non c'è un profeta.
Terribile è vivere in una diocesi o in una
casa dove non c'è un profeta.
Quando la luce è spenta, uno non vede a causa del buio.
Il Rosario è la lampada.
Ogni Ave Maria è una nuova goccia di olio che cade e
riempie la nostra lampada e la nostra vita.

sabato 5 novembre 2011

Un pensiero per Dio

Buona giornata a tutti voi amici.
Pensiamo che Dio nostro Padre
sta aspettando che noi apriamo
gli occhi per darci il benvenuto
al nuovo giorno e se possibile
fare una chiaccherata con noi,
parlare dei nostri problemi
delle nostre ansie,
i nostri dolori ma anche delle nostre gioie,
allora invitiamolo a bere il caffe con noi
diamogli un attimo del nostro tempo e la nostra
giornata sarà più serena attraverso il suo Amore.

N° 3 Il figlio più giovane.

Il figlio più giovane disse al padre:
“Padre dammi la parte del
patrimonio che mi aspetta”,
e il padre divise tra loro le sostanze.
Dopo non molti giorni, il figlio più giovane,
raccolte le sue cose, partì per un paese lontano.
Nel ritorno ci deve essere sempre una partenza.
Ritornare è tornar-a-casa dopo aver-lasciato-casa,
un ritorno dopo essersene allontanati.
Il padre che accoglie il figlio a casa è
felice perché questo figlio;
“era morto ed è tornato in vita,
era perduto ed è stato ritrovato”.
La gioia immensa nel dare il benvenuto
al figlio perduto, nasconde il dolore immenso
sofferto prima.
Il ritrovamento presuppone la perdita;
prima del ritorno c’è la partenza.
Per arrivare a comprendere
ed approfondire il ritorno,
bisogna esplorare gli eventi dolorosi della partenza.
Immaginiamo il padre avvolto nella sua tunica
che abbraccia il Figlio coperto di stracci,
(aveva sperperato tutto perciò si
presume non avendo più soldi,
che fosse vestito di cose vecchie e logore),
i quali tradiscono la grande miseria
che è dentro di lui.
Nel contesto di un abbraccio compassionevole,
il fallimento dell’uomo può apparire bello,
ma non ha altra bellezza se non quella che
viene dalla Misericordia che lo circonda.
Per capire a fondo il mistero della Misericordia,
bisogna guardare la realtà che la ricorda.
Perché assai prima di rientrare in se stesso e
tornare a casa il figlio è partito.
Ha detto al padre,
“dammi la parte del patrimonio che mi spetta”,
poi ha messo insieme tutto ciò
che ha ricevuto ed è partito.
Tutto questo è un evento inaudito, offensivo,
perché nel modo con cui il figlio se ne va
è come se desiderasse la morte del padre.
Pensiamo, il figlio chiede la divisione dell’eredità,
ma anche il diritto di disporre della propria parte,
quell’eredità che non ha diritti fino alla morte
del padre, quel dammi vuol dire,
padre non posso aspettare che tu muoia,
praticamente gli augura la morte.
La partenza del figlio è un atto molto più offensivo
di quanto sembra, mentre si fa la lettura.
È un rifiuto crudele della casa in cui
il figlio è nato e cresciuto,
è un drastico taglio rispetto al modo di vivere,
pensare e agire che gli è stato trasmesso,
più che di mancanza di rispetto si tratta,
di un tradimento dei valori che la
famiglia stessa gli aveva insegnato.
Andarsene da casa è, la negazione
della realtà spirituale che appartengono
a Dio in ogni parte del nostro essere, cioè,
che Dio ci tiene al sicuro in un abbraccio eterno,
che siamo veramente scolpiti nelle palme delle
mani di Dio e nascosti alla loro ombra.
Andarsene da casa significa ignorare la verità,
che Dio ci ha, “formati nel segreto,
intessuti nelle profondità della terra e tessuti
nel seno della nostra Madre”.
Andarsene da casa è partire come se
ancora non avessimo una casa e dovessimo
cercare in lungo e in largo per trovarne una.
La casa è il centro del nostro essere,
dove possiamo udire la voce che dice:
“Tu sei il mio figlio prediletto,
in te mi sono compiaciuto”,
la stessa voce che ha dato vita al primo Adamo,
poi ha parlato a Gesù, il secondo Adamo;
la stessa voce che parla a tutti i figli di Dio
e li rende liberi di vivere in un mondo
tenebroso rimanendo nella luce.
Tanti di noi hanno udito quella voce…..
ci ha parlato in passato e
continua a parlarci ora.
È la voce mai interrotta dell’Amore
che parla dell’eternità e dà vita e amore
ogni qualvolta viene udita.
“Io quando sento quella voce,
so di essere a casa con Dio e,
non ho niente da temere,
come il figlio prediletto del mio Padre celeste,
“se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché Tu sei con me”.
Come il figlio prediletto, posso, “guarire gli infermi
(quelle persone che sono lontane dalla fede),
risuscitare i morti
(pregare per le persone ammalate),
sanare i lebbrosi
(aiutare chi è nel peccato a ritrovare il Padre), avendo
ricevuto gratuitamente, così devo donare gratuitamente agli altri.
Come il figlio prediletto,
posso affrontare le difficoltà, consolare,
ammonire e incoraggiare senza paura di rifiuto,
come il figlio prediletto posso essere torturato
e ucciso senza dover mai dubitare che l’Amore
che mi è dato è più forte della stessa morte,
come il figlio prediletto, sono libero di vivere e di
dare la vita, libero anche di morire mentre do la vita.
Gesù mi ha fatto capire chiaramente
che la stessa voce che Lui ha udito sulla riva
del Giordano e sul monte Tabor,
può essere udita anche da me.
Mi ha fatto capire chiaramente che proprio come
Lui ha la sua casa con il Padre, così posso averla anch’io.
Pregando il Padre per i suoi discepoli,
Egli dice: “Essi non sono del mondo,
come io non sono del mondo,
consacrali nella verità.
Come Tu mi hai mandato nel mondo,
anch’io li ho mandati nel mondo, per loro Io consacro
me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità”.
Queste parole rivelano il nostro vero domicilio,
la nostra vera dimora, la nostra vera casa,
Fede è la fiducia radicale che la casa è
stata sempre lì e sempre sarà lì,
con le mani del Padre che si posano
sulle spalle del figlio prodigo,
con l’eterna benedizione divina:
“Tu sei il mio figlio prediletto,
in te mi sono compiaciuto”.
Però più e più volte tuttavia ce ne
siamo andati da casa,
ci siamo sottratti alle mani della benedizione
e siamo fuggiti verso paesi lontani
in cerca di qualcosa di diverso,
(questo si verifica quando cadiamo nel peccato).
Questa è la tragedia della nostra vita
è la vita di tantissime persone che sono
alla ricerca vana di un po di serenità nel mondo.
In qualche modo siamo diventati sordi alla
voce che ci chiama figli prediletti,
abbiamo lasciato l’unico posto dove possiamo
udire quella voce e ce ne siamo andati
sperando disperatamente di trovare da qualche
altra parte ciò che non potevamo più trovare a casa,
ma è pura illusione.
Amici, siamo arrivati all'inizio della meditazione
con il figlio che se ne vuole andare in cerca di
una vita nuova fuori dalle regole e il Padre anche
se a malincuore lo lascia andare perchè faccia
la sua esperienza, poi si mette in attesa del
suo ritorno con tanta pazienza.
Fine settimana piena di impegni cominciando
da Sabato con l'incontro Mariano a Verona,
pregherò per tutti voi che non potete esserci
e vi auguro una Santa Domenica. Fausto

giovedì 3 novembre 2011

Messaggio della Madonna del 2 Novembre a Mirjana



Cari figli, il Padre non vi ha lasciato a voi stessi.
Il suo amore è immenso,
l’amore che mi conduce a voi per
aiutarvi a conoscerlo, affinché tutti,
per mezzo di mio Figlio, possiate
chiamarlo “Padre” con tutto il cuore e
affinché possiate essere un popolo nella
famiglia di Dio.
Ma, figli miei, non dimenticate che non
siete in questo mondo solo per voi stessi e
che io non vi chiamo qui solo per voi.
Coloro che seguono mio Figlio pensano al
fratello in Cristo come a loro
stessi e non conoscono l’egoismo.
Perciò io desidero che voi siate la luce di mio Figlio,
che voi illuminiate la via a tutti coloro
che non hanno conosciuto il Padre, a tutti
coloro che vagano nella tenebra del peccato,
della disperazione, del dolore e
della solitudine e che mostriate loro con la vostra vita l’amore di Dio.
Io sono con voi! Se aprite i vostri cuori vi guiderò.
Vi invito di nuovo: pregate per i vostri pastori! Vi ringrazio».

mercoledì 2 novembre 2011

Messaggio della Madonna a Medjugorje

Quando vengono le prove e i problemi,
allora dite: "Dio, Madre, dove siete?".
Io aspetto solo che voi mi diate il
vostro sì per porgerlo a Gesù,
affinchè Egli vi ricolmi della Sua grazia.
Oggi, si attende il tuo sì, il tuo fiat.
Come lo dirai? La Madonna ci dice;
attraverso la preghiera.
Con la preghiera di Cristo noi diciamo il nostro sì.
Padre sia fatta la Tua volontà.
Sia santificato il Tuo nome.
Se soltanto imparassimo quest'unica preghiera,
se la imparassimo veramente, come sarebbe potente!

domenica 30 ottobre 2011

25 Settembre 2011 Medjugorje evento particolare.

Carissimi amici e pellegrini, eccovi la Santa Messa
con la visione della Madonna in cielo al momento
della Santa Comunione Domenica 25 Settembre 2011.
Sono certo che sarà cosa gradita questo segno
dell'amore materno di nostra Madre, credo che
questo sia stato un segno tangibile per tutti noi,
per comprendere che Lei ci è sempre vicina,
sempre presente nelle nostre avversità, si fa
nostra consolatrice nei momenti critici della
nostra vita, in particolare durante la malattia
e asciuga le nostre lacrime come ha fatto con
Pietro dopo il suo tradimento.
Coraggio amici non siamo soli come vedete,
ma siamo sempre in buona compagnia, sta a
noi volerlo, ciao a tutti da Fausto.

Messaggio della Madonna a Medjugorje.

Cari figli, oggi vi invito in modo particolare alla lotta
contro satana per mezzo della preghiera.
Cari figli, rivestitevi dell'armatura contro satana e
sconfiggetelo con il rosario in mano.
Ho bisogno di questa Madre.
Ho bisogno della Madre che è più
forte del mio nemico, che è più forte del dragone.
Sì, il nostro nemico esiste davvero;
ma quì c'è nostra Madre.
Sarai vincitore con Lei, e Lei sarà vittoriosa con noi.

sabato 29 ottobre 2011

N° 2 Il vero prodigo: Gesù.

Eccovi amici il secondo paragrafo della
meditazione del Figliol preodigo.
Parliamo del mistero di Gesù diventato
il figlio prodigo per amore nostro.
Ha lasciato la casa del Padre celeste,
è venuto in un paese straniero,
ha dato via tutto quello che aveva ed è tornato,
attraverso la croce, alla casa di suo Padre.
Tutto questo lo ha fatto non come figlio ribelle,
ma come figlio obbediente, inviato sulla terra per
riportare a casa tutti i figli perduti di Dio.
Anche Gesù, che ha narrato la parabola a quelli che
lo criticavano perché si accompagnava ai peccatori,
ha vissuto il lungo e doloroso viaggio che descrive il figlio prodigo.
Perciò quel giovane affranto che si inginocchia davanti al padre,
non è che l’Agnello, “l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”?
Non è l’innocente che si è fatto peccato per noi?
Non è colui che, ”non considerò un tesoro geloso la
sua uguaglianza con DIO, ma divenne simile agli uomini”?
Non è il figlio di Dio senza peccato che gridò a gran voce sulla Croce;
“DIO mio, DIO mio, perché mi hai abbandonato”?
Gesù il figlio prodigo del Padre prodigo, che ha
dato via tutto ciò che il Padre gli aveva affidato
perché io potessi diventare come lui e tornare
con lui alla casa di suo Padre.
Vedere Gesù stesso come il figlio prodigo significa andare
al di là della interpretazione classica della parabola.
Tuttavia questo modo di considerare la
parabola possiede un grande segreto.
Sto scoprendo gradualmente cosa significhi dire che:
“La mia condizione di figlio da parte
di Gesù sono la stessa cosa, che il mio ritorno
e il ritorno di Gesù sono la stessa cosa.
Non esiste alcun viaggio verso DIO all’infuori
del viaggio che, Gesù stesso ha fatto.
Colui che ha raccontato la storia
del figlio prodigo è il Verbo di Dio,
“tutto è stato fatto per mezzo di Lui,
e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”.
Egli, “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”,
e ci ha fatto partecipi della sua pienezza.
Quando rileggo la storia del figlio prodigo con
gli occhi della Fede, il “ritorno” del prodigo,
diventa il ritorno del Figlio di Dio che ha attirato
a sé tutti gli uomini e li porta alla casa del Padre suo celeste.
Come dice San Paolo: “Perché piacque a Dio di fare
abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare
a sé tutte le cose,
le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli”!
A voi tutti amici, una Santa Domenica nel Signore
alla prossima da Fausto

martedì 25 ottobre 2011

Messaggio della Madonna da Medjugorje

Pregate in modo particolare davanti alla Croce,
dalla quale vengono grandi grazie.
La Madre, dall'inizio, ci porta davanti alla Croce
e ci dice di guardarla, di meditare sulla Croce;
e di pregare davanti ad essa.
Io non ho paura.
Non ho paura di satana, dell'inferno o del male.
Il mio Dio mi ama. Il mio Dio mi perdona.
Ne ho la prova, ne ho il segno: è la Croce.

Messaggio del 25 Ottobre 2011 della Madonna dato a Marja

Cari Figli, vi guardo e nei vostri cuori non vedo la gioia.
Oggi io desidero darvi la gioia del Risorto perché Lui
vi guidi e vi abbracci con il suo amore e con la sua tenerezza.
Vi amo e prego incessantemente per la vostra conversione
davanti a mio figlio Gesù.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

sabato 22 ottobre 2011

Il vero prodigo: Gesù

Carissimi amici, a qualcuno di voi avevo preomesso
di mettere sul blog la meditazione del
figliol prodigo, quando l'avrei terminata,
ora è pronta, ma essendo piuttosto lunga
ve la metto a puntate mettendo ad ogni
puntata i numeri partendo dal n° 1 così
non vi potete sbagliare.
Poi mi fareste un favore se me lo
commentaste, così capisco se posso
mettere altre meditazioni, grazie.
Parliamo del mistero di Gesù diventato
il figlio prodigo per amore nostro.
Ha lasciato la casa del Padre celeste,
è venuto in un paese straniero,
ha dato via tutto quello che aveva ed è tornato,
attraverso la croce, alla casa di suo Padre.
Tutto questo lo ha fatto non come figlio ribelle,
ma come figlio obbediente, inviato sulla terra per
riportare a casa tutti i figli perduti di Dio.
Anche Gesù, che ha narrato la parabola a quelli
che lo criticavano perché si
accompagnava ai peccatori,
ha vissuto il lungo e doloroso viaggio
che descrive il figlio prodigo.
Perciò quel giovane affranto che si
inginocchia davanti al padre, non è che l’agnello,
“l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”?
Non è l’innocente che si è fatto peccato per noi?
Non è colui che, ”non considerò un
tesoro geloso la sua uguaglianza con DIO,
ma divenne simile agli uomini”?
Non è il figlio di Dio senza peccato che
gridò a gran voce sulla Croce;
“DIO mio, DIO mio, perché mi hai abbandonato”?
Gesù il figlio prodigo del Padre prodigo,
che ha dato via tutto ciò che il Padre gli
aveva affidato perché io potessi diventare
come lui e tornare con lui alla casa di suo Padre.
Vedere Gesù stesso come il figlio prodigo significa andare
al di là della interpretazione classica della parabola.
Tuttavia questo modo di considerare la
parabola possiede un grande segreto.
Sto scoprendo gradualmente cosa significhi dire che:
“La mia condizione di figlio da parte
di Gesù sono la stessa cosa, che il mio ritorno
e il ritorno di Gesù sono la stessa cosa.
Non esiste alcun viaggio verso DIO all’infuori
del viaggio che, Gesù stesso ha fatto.
Colui che ha raccontato la storia
del figlio prodigo è il Verbo di Dio,
“tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”.
Egli, “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”,
e ci ha fatto partecipi della sua pienezza.
Quando rileggo la storia del figlio prodigo con gli occhi della Fede,
il “ritorno” del prodigo diventa il ritorno del Figlio di Dio
che ha attirato a sé tutti gli uomini e li
porta alla casa del Padre suo celeste.
Come dice San Paolo: “Perché piacque a Dio di fare
abitare in Lui ogni pienezza
e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose,
le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli”!