VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



Per informazioni e contatti scrivere a:

FAUSTOBERTILLA@GMAIL.COM



CELL. 349/1009626

mercoledì 16 novembre 2011

N° 4 Il ritorno del figlio più giovane.

Sperperò le sue sostanze
vivendo da dissoluto.
Quando ebbe speso tutto,
in quel paese venne una grande
carestia, ed egli cominciò a trovarsi
nel bisogno, allora andò e si
mise a servizio di uno degli abitanti
di quella regione, che lo mandò
nei campi a pascolare i porci,
avrebbe voluto saziarsi con le
carrube che mangiavano i porci,
ma nessuno gliene dava.
Allora rientrò in sé stesso e disse:
“Quanti salariati in casa di mio
Padre hanno pane in abbondanza
e io qui muoio di fame!
Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te;
non sono più degno di essere chiamato tuo figlio,
trattami come uno dei tuoi garzoni”.
Partì e si incamminò verso suo Padre!
MEDITAZIONE
Il giovane abbracciato e benedetto dal Padre,
è un uomo povero, molto povero.
Ha abbandonato la propria casa con tanto
orgoglio e denaro, deciso a vivere la sua vita
lontano dal padre e dalla comunità,
ritorna con niente, il denaro, la salute,
l’amore, il rispetto di sé, la reputazione……
ogni cosa è stata sperperata.
In questa foto vedo davanti a me un
uomo che se né andato lontano in un
paese straniero e ha perso tutto ciò
che aveva con se, in lui vedo vuoto,
umiliazione e sconfitta, lui che era
tanto simile al padre, ora sembra
peggiore dei servi di suo padre,
è diventato uno schiavo.
Che cosa è accaduto al figlio
nel paese lontano?
A parte tutte le conseguenze materiali
e fisiche, quali sono state le conseguenze
interiori per essersi allontanato da casa?
La serie di eventi è piuttosto prevedibile,
più corro lontano dal luogo in cui Dio dimora,
meno sento la voce che mi chiama,
“figlio prediletto”, e meno sento quella voce,
più rimango invischiato nelle manipolazioni
e nei giochi di potere del mondo.
Le cose stanno più o meno in questo modo;
non sono più certo di avere una casa sicura,
e osservo altra gente che, fuori sembra stare
meglio di me; chiedo come posso arrivare
dove stanno loro, cerco in mille modi di piacere,
di raggiungere il successo e gli onori,
quando fallisco mi sento geloso e risentito
nei confronti degli altri;
quando ho successo, mi secca che gli altri
possano essere gelosi
o risentiti nei miei confronti;
“ECCO L’INVIDIA”.
Divento sospettoso e mi metto sulla difensiva
e ho sempre più paura di non raggiungere
ciò che tanto desidero o di perdere ciò che già ho.
Impigliato in un groviglio di esigenze e desideri,
non conosco più le mie stesse motivazioni,
mi sento ingannato dal mio stesso ambiente
e diffidente di ciò che gli altri fanno o dicono,
sempre in guardia, perdo la mia libertà
interiore e comincio a dividere il
mondo in coloro che sono per me
e coloro che sono contro di me;
mi chiedo se veramente qualcuno
si interessa di me; comincio a cercare
conferme alla mia diffidenza e, dovunque vada,
ne ho la prova e dico;
“non ci si può fidare di nessuno”,
e poi mi chiedo se qualcuno mi abbia mai amato,
il mondo intorno a me diventa oscuro,
il cuore si fa pesante, il corpo è pieno
di dolori, la vita perde significato.
Sono diventato un’anima perduta.
Il figlio più giovane si rese pienamente
conto della sua totale rovina quando più
nessuno nel suo ambiente mostrò
il minimo interesse nei suoi confronti.
Lo avevano tenuto in considerazione
soltanto finche era stato utile ai loro interessi,
ma quando non ebbe più denaro da spendere
e doni da fare, per loro cessò di esistere,
non è difficile immaginare cosa significhi essere
un individuo del tutto estraneo,
una persona cui nessuno mostra un
qualche segno di riconoscimento.
La vera solitudine arriva quando non
si riesce più a sentire di avere delle cose in comune,
quando nessuno voleva dargli il cibo che lui
stesso distribuiva ai maiali, il figlio più giovane
si accorse di non essere considerato
nemmeno un essere umano:
“ECCO LA DESOLAZIONE”.
In quel momento sentì tutto il vuoto del
suo isolamento, la solitudine più profonda
di cui l’uomo possa fare esperienza;
era davvero perduto, ma fu questa sensazione,
di essere completamente perduto a
farlo rientrare in se stesso.
Fortemente scosso dalla consapevolezza
della sua totale nullità, capì immediatamente
di essersi imbarcato in un’avventura di morte,
si era talmente sradicato da ciò che dà vita e cioè,
che si rese conto che la morte
sarebbe stata il fatale prossimo passo.
All’improvviso vide con chiarezza il sentiero
che aveva scelto e dove questo lo avrebbe condotto;
capì la sua scelta di morte; e intuì lucidamente
che un altro passo ancora nella direzione che
stava seguendo lo avrebbe portato all’autodistruzione,
in quel momento critico, quale
molla gli fece scegliere la vita!
Fu la riscoperta della parte
più profonda di se stesso.
Il significato del ritorno del figlio più giovane
è condensato nelle parole:
“Padre non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”.
Da un lato il figlio più giovane si rende conto di
aver perso la dignità della sua condizione di figlio,
ma allo stesso tempo quel senso di dignità perduta
gli fa capire che egli è davvero il figlio
che aveva una dignità da perdere.
Il ritorno del figlio più giovane avviene
proprio nel momento in cui recupera la
sua condizione di figlio, anche se ha perso
tutta la dignità che le è propria,
infatti è stata la perdita di ogni cosa a
portarlo alla radice della sua identità,
ha scoperto il fondamento della sua
condizione di figlio, in definitiva
sembra che il figlio abbia dovuto perdere
ogni cosa per conoscere il significato
profondo del suo essere, quando si è
trovato a desiderare di essere trattato
come uno dei porci, si è reso conto di non
essere un porco, ma un essere umano,
un figlio di suo padre, il rendersi conto
di questo è diventato la base della
sua scelta di vivere invece di morire.
Tornato di nuovo a contatto con la verità
della sua condizione di figlio,
ha potuto udire-----anche se in modo
appena percepibile la voce che lo chiamava,
“figlio prediletto”, e sentire sebbene da
lontano il tocco della benedizione,
la consapevolezza e la fiducia nell’amore del padre,
per quanto possano essere stati confusi,
gli hanno dato la forza di rivendicare
la propria condizione di figlio,
anche se tale rivendicazione non
poteva basarsi su alcun merito.
Quante persone per ascoltare un
presunto amico si perdono,
non riconoscono più la casa paterna
e se ne vanno lontano e ci rimangono,
finche dopo aver sperperato tutti i beni avuti,
magari ridotti in un tunnel senza uscita,
perché i presunti amici si erano volatilizzati
e pensando come stavano bene prima,
si sono messi in ascolto, magari più per
disperazione che per volontà e riuscendo
nella disperazione a trovare magari un
amico di quelli veri che con pazienza è
riuscito a fargli risentire quella flebile voce che dice:
“Tu sei il mio figlio prediletto,
in te mi sono compiaciuto”.
È un’esperienza dolorosa perché per
capire devi precipitare fino in fondo,
d’altra parte è una nostra scelta, perché Dio dice:
“Io ti ho posto davanti la vita e la morte,
la benedizione e la maledizione;
scegli dunque la vita, perché viva tu e
la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio,
obbedendo alla sua voce e tenendoti vicino a Lui”!
In effetti è una questione di vita o di morte,
vogliamo accettare il rifiuto del mondo che
ci imprigiona, oppure rivendicare
la libertà dei figli di Dio?
A noi la scelta!
Giuda ha tradito Gesù!
Pietro lo ha rinnegato!
Entrambi sono diventati figli perduti!
Giuda, non riuscendo più a sostenere
la verità di non essere per sempre figlio di Dio,
si è impiccato, perciò ha venduto anche la
sua condizione di figlio, praticamente
non ha creduto nella Misericordia del Padre.
Pietro, nel colmo della sua disperazione,
l’ha rivendicata ed è tornato
piangendo molte lacrime.
Giuda ha scelto la morte!
Pietro ha scelto la vita!
Dobbiamo renderci conto che questa
scelta è sempre davanti a noi,
siamo continuamente tentati di cadere
nello smarrimento e di perdere contatto
con la nostra umanità dataci da Dio,
con le beatitudini fondamentali della
vita che ci è stata donata e, così lasciamo
che le forze della morte prendano il sopravvento.
Questo succede sempre ogni volta che
diciamo a noi stessi: “Non siamo buoni,
siamo inutili, non valiamo niente,
siamo antipatici, non siamo nessuno”.
Ci sono sempre un’infinità di eventi e
di situazioni che possiamo scegliere
per convincerci che la nostra vita non
vale la pena di essere vissuta, che siamo
solo un peso o un problema, molte persone
vivono con questo oscuro senso interiore,
e a differenza del figlio prodigo, lasciano che
l’oscurità li avvolga in modo così totale
che non rimane loro alcuna luce per girarsi
indietro e tornare, possono anche non
uccidersi fisicamente, ma spiritualmente
non sono più vivi, hanno abbandonato
la fede nella propria bontà originale e,
perciò, anche nel Padre cui devono la loro umanità.
Ma quando Dio creò l’uomo e la donna
a sua immagine e, vide che quanto aveva fatto,
“era cosa molto buona”, e nonostante le voci oscure,
né uomo né donna potranno mai cambiare quell’evento.
Scegliere la nostra condizione di figli,
non è comunque facile, le voci oscure
del mondo che ci circonda cercano di
persuaderci che non siamo buoni e che
possiamo diventarlo soltanto se ci
conquistiamo la nostra bontà arrampicandoci
sulla scala del successo, queste voci ci
conducono ben presto a dimenticare la
voce che ci chiama, “figlio mio prediletto”,
e che ci ricorda che siamo amati indipendentemente
da qualsiasi applauso o risultato, queste voci
oscure soffocano quella voce gentile, tenue e
luminosa che continua a chiamarci,
“il mio prediletto”, ci trascinano alla
periferia della nostra esistenza e ci
fanno dubitare che c’è un Dio che ama
e che ci aspetta proprio al centro del nostro essere.
Ma lasciare il paese straniero è soltanto l’inizio,
la strada verso casa è lunga e ardua,
che fare allora lungo la strada del ritorno al Padre?
Ciò che fa il figlio prodigo è chiaro,
appena è cambiato, prepara una specie di sceneggiata,
e ricordando la sua condizione di figlio,
dice a se stesso: “Mi leverò e andrò da mio
padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro
il cielo e contro di te, non sono più degno
di essere chiamato tuo figlio,
trattami come uno dei tuoi garzoni”.
Un saluto amici, ora vado a dormire perché
domattina parto per il Santuario dell’Amore
Misericordioso a Collevalenza (PG), la
Pregherò per tutti voi.
Il resto alla settimana prossima ciao

Nessun commento:

Posta un commento