VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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sabato 7 gennaio 2012

Noi prediletti dal Padre.

Peccato, sta per finire, anzi è già finito il tempo
liturgico più corto dell’anno, il Natale,
quindici giorni per spalancare il cuore
all’inaudito di Dio, sono veramente pochi.
Salutati i Magi, cercatori di Dio,
che, seguendo la verifica delle proprie teorie
scientifiche, finiscono per incontrare Dio;
Magi che sono immagine dell’umanità che,
dopo Israele, riconosce la venuta del Messia
e che diventano l’icona di come la ricerca
della verità ci porti inevitabilmente tra le braccia
del Signore; e ritroviamo Gesù, adulto, in fila
per farsi battezzare da suo cugino Giovanni.
Peccato perdersi tutto il resto.
Perdersi i Magi che “per un’altra strada” tornano al proprio paese di origine
(l’incontro con Dio cambia definitivamente i nostri percorsi),
peccato perdersi il momento tragico della fuga in Egitto di Giuseppe e Maria,
inseguiti dal delirante re Erode.
Peccato non farla diventare una solenne festa liturgica quella precipitosa
fuga verso l’Egitto, la terra della schiavitù, per ricordare a tutti noi il valore
dell’accoglienza, Giuseppe e famiglia erano clandestini!, e per ricordarci
che riconoscere la presenza di Dio nel cuore non significa
avere la strada spianata ed esente da guai.
Peccato non dedicare almeno una domenica all’assordante silenzio di Nazaret,
quei misteriosi trent’anni di nulla (eccezion fatta per la piccola parentesi
della “cresima” di Gesù dodicenne a Gerusalemme)
che santificano le nostre piccole vite.
Seguiamo, allora, le orme dello sconosciuto falegname di Nazaret che,
solidale con noi peccatori, si mette in fila per ricevere il battesimo
di conversione, primo gesto di una condivisione che andrà ben più
lontano nel cuore di Dio, e meditiamo sul nostro battesimo.
“Tu sei il mio figlio beneamato, in te mi sono compiaciuto”,
così Marco scrive, e rivela la missione e la vera identità di Gesù.
Il salto logico, dall’Epifania al Battesimo, è solo teorico;
oggi Cristo nasce in noi attraverso il segno del battesimo,
segno che va riconosciuto, come hanno fatto i Magi.
Gesù è anzitutto “beneamato” e in lui Dio si “compiace”.
In Cristo; dice san Paolo, anche noi siamo figli, anche noi divenuti
coeredi, anch’io sono beneamato e in me il Padre si compiace.
Iniziamo l’anno civile e finiamo il tempo natalizio con questa
sconcertante verità; Dio mi ama, e mi ama bene.
Non è forse l’ultimo tassello della meraviglia che ha
accompagnato le settimane di Natale?
Pensavamo a un Dio sulle nuvole, ed eccolo a Betlemme;
ci aspettavamo un Dio astratto e concettuale, ed eccolo uomo;
speravamo in un Dio a cui chiedere, ed ecco un bambino che chiede;
ci aspettavamo un Dio accolto trionfalmente dall’autorità costituita
e dai sapienti, e invece chi lo riconosce sono gli abitanti della
periferia della vita; ci aspettavamo un Dio evidente e palese,
e invece viene un bambino timido che chiede l’ansia della
ricerca per trovarlo, come solo i Magi sanno fare.
Tutti noi siamo educati a meritarci di essere amati,
a compiere delle cose che ci rendono meritevoli dell’affetto altrui;
sin da piccoli siamo educati a essere buoni alunni, buoni figli,
buoni fidanzati, buoni sposi, buoni genitori; il mondo premia
le persone che riescono, che sono capaci e, dentro di noi,
s’insinua l’idea che Dio mi ama, certo, ma a determinate condizioni.
Tutta la nostra vita è elemosina di un apprezzamento, di un riconoscimento;
anzi, se una persona mi contraddice, mi accusa, reagisco, ma in fondo
penso che abbia ragione, e mi dico: ”Devi arrenderti all’evidenza, tu non vali”.
La reazione spotanea—lontani da Dio—è allora di difesa e aggressività
o di eccessiva superficialità; mi omologo, do il massimo,
passo la mia vita a inseguire l’idea di me che gli altri mi restituiscono.
Invece Dio mi dice che sono amato bene, dall’inizio, prima di agire;
Dio non mi ama perché sono buono ma, amandomi, mi rende buono.
Dio si compiace di me perché vede il capolavoro che sono,
l’opera d’arte che posso diventare, la dignità di cui egli mi ha rivestito.
Allora, ma solo allora, potrò guardare al percorso da fare per diventare
opera d’arte, alle fatiche che mi frenano, alle fragilità che devo superare.
Il cristianesimo è tutto qui, Dio mi ama per ciò che sono,
Dio mi svela in profondità ciò che sono; beneamato.
È difficile amare “bene”, l’amore è grandioso e ambiguo,
può costruire e distruggere, non si tratta di adorare qualcuno,
ma di amarlo “bene”, renderlo autonomo, adulto, vero, consapevole.
Così Dio fa con me.
Nel giorno del nostro battesimo, giorno così lontano dalla nostra sensibilità,
è stato messo nel nostro cuore il seme della presenza di Dio.
Non è stato un rito scaramantico, quindi, ma un seme da coltivare,
da accudire che, se trascurato, scompare.
Dentro; è lì che trovo Dio e tutto ciò che nella vita mi porto dentro
(arte, musica, silenzio natura) mi avvicina a Dio, tutto ciò che è fuori
(caos, apparenza, superficialità) me ne allontana.
Con il battesimo sono entrato a far parte della Chiesa,
quella del sogno di Dio, non lo sgorbio che ho in testa,
la Chiesa dei santi e dei martiri, la Chiesa che cammina,
canta e spera, non quella grottesca dei miei giudizi superficiali.
Con il battesimo sono salvo, redento, mi è tolto il peccato originale,
la fragilità nell’amore: come Cristo sono reso
capace di dare la vita per i fratelli.
Passiamo la vita a riuscire, a diventare qualcuno.
Ognuno ha un suo sogno segreto; essere un qualcuno che conta;
ma più che figli di Dio beneamati non potremo mai essere, e già lo siamo!
Questa festa, oggi, è la festa di ciò che è nascosto in noi e che va riscoperto;
come diceva un padre della Chiesa; cristiano, diventa ciò che sei!
Battezzato scopri ciò che hai dentro.
Amici, terminiamo le feste Natalizie in modo speciale,
rinnoviamo il nostro battesimo, Santa Domenica a tutti da Fausto.

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