VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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sabato 14 gennaio 2012

Andiamo a vedere.

Sono finite amici, tutte le feste,
ora iniziamo il tempo ordinario.
Il tempo che ci propone di seguire Gesù il Messia,
di fissarne i movimenti, ascoltare il suo insegnamento
come hanno fatto i suoi discepoli.
Giovanni e Andrea, discepoli del Battista,
fissano lo sguardo su Gesù che passa.
Tornati alle nostre attività per un’altra strada interiore,
dopo aver contemplato il vero volto di Dio come i Magi,
abbiamo fatto memoria del battesimo per sentirci beneamati
e così cominciare con gioia il nostro nuovo anno di lavoro.
Fissiamo lo sguardo, cioè affiniamo il nostro sguardo interiore,
diamo spazio al “dentro” come l’adolescente Maria,
perché il Signore Gesù passa.
Passa nelle nostre vite, mescolato alle tante persone,
ai tanti avvenimenti, alle tante preoccupazioni.
Passa il Signore e corriamo il rischio di perderlo, travolti
dalle troppe cose che ci ingombrano il cuore e la vita.
Ecco l’Agnello; dice il rude Giovanni, spiazzato anche lui
nel vedere l’Atteso mischiato all’immensa folla dei
penitenti in coda per ricevere il battesimo.
È sbalordito, il più grande dei profeti, spiazzato
per l’inatteso volto del Messia.
Lo vede e lo indica ai suoi due discepoli, e profetizza:
“Ecco l’Agnello”.
L’agnello; animale mansueto, mite, che non si fa notare,
che si lascia uccidere senza neppure belare.
L’agnello; profezia, intuizione, stupore nel vedere un Messia nascosto
e determinato, un Messia che ha già scelto di stare con gli ultimi,
di portare la fatica e il peccato, di condividere la fragilità e il tormento.
I discepoli, sentendolo parlare così, seguono il Nazareno.
È sempre qualcuno che ci indica il Signore, sempre qualcuno
che ce ne ha parlato, l’ha indicato.
Poi sta a noi seguire, scegliere, divenire discepoli.
Ma la fede si comunica così; da bocca a orecchio, da vita a vita.
Se siete discepoli, amici, qualcuno vi ha parlato del Rabbì,
qualcuno che già era discepolo.
Se qualcuno conoscerà il Rabbì, sarà attraverso la vostra
esperienza, la vostra luce interiore.
Giovanni Battista non è un guru che si specchia nell’adorazione
dei suoi seguaci; si stacca da loro con forza, vuole che essi,
ora, crescano nella conoscenza autentica di Dio.
Vero modello del Pastore, il Battista rifiuta di essere al centro
dell’attenzione, accetta volentieri di sparire per nascondersi
dietro alla Parola cui egli ha prestato la voce.
Una volta raggiunto Gesù, questi si volta e, sorprendentemente,
chiede ai due discepoli di Giovanni: “Chi cercate?”.
Che cosa cerchiamo quando ci mettiamo alla ricerca di Gesù?
Chi cerchiamo veramente?
È una domanda all’apparenza dura e che pure rivela il profondo
rispetto che Gesù ha nei confronti della nostra umanità.
Può succedere, e lo vediamo, che la fede non sia ricerca ma rifugio;
che Dio non diventi Signore ma padrone; che la sua azione non sia
grazia ma supplenza alle mie difficoltà; esiste, cioè, un modo di
avvicinarsi alla fede che non ci fa crescere come uomini,
che cu fa fuggire i problemi.
Il Signore pone attenzione al senso della ricerca dei due discepoli,
li invita a non lasciarsi andare al facile entusiasmo,
ma a riflettere sulla loro successione di cose.
Anche per noi la ricerca della fede può essere un momento passeggero,
euforico, legato a un momento particolarmente carico di emotività.
Il Signore ci scrolla; vuole accanto a sé degli uomini
consapevoli delle loro scelte.
La risposta dei discepoli rivela tutta l’insicurezza della loro scelta:
“Maestro, dove abiti?”.
Non cogliamo una richiesta di certezze in questa domanda?
Quasi a chiedere: “Prima di seguirti, facci vedere dove ci conduci?”.
Quanto bisogno di certezze abbiamo prima di poterci fidare!
Quanti “se” e “ma” mettiamo prima di dire il nostro
“sì” definitivo al Signore!
È Lui che, allora come oggi, ci risponde: “Venite a vedere”.
Non chiedere, fidati, muoviti, fa diventare
questa ricerca un’esperienza, investi.
La fede non è “fare”, “sapere”, ma “conoscere”.
Noi per primi siamo chiamati ad andare a vedere, noi per primi
siamo chiamati a fare l’esperienza della conoscenza.
Ed essi andarono.
Videro e restarono con Lui.
Dopo essersi fidati, restano, accettano, si lasciano coinvolgere.
L’annotazione di Giovanni è simpaticissima:
“Erano circa le quattro del pomeriggio”.
Quel giorno, quell’istante, è così importante per lui
che segna l’inizio di una vita nuova.
Sono passati forse sessant’anni da quell’evento e il discepolo
ricorda l’ora precisa, tutto è cambiato, ormai, per Giovanni e Andrea;
quel giorno è stato l’inizio di una nuova Creazione.
Per chi incontra il Signore i giorni non sono più uguali,
ma diventano gravidi di una luce nuova.
Ecco ciò che ci attende nell’ordinarietà del nostro tempo;
l’incontro con il Signore, l’esperienza della conoscenza.
Se sapremo ogni giorno spalancare gli occhi e riconoscere
l’Agnello che passa, potremo cambiare la nostra
vita con autenticità e maggiore luce interiore.
Fissiamo lo sguardo su Gesù Cristo e rimarremo
abbagliati dal suo insegnamento.
Santa Domenica ciao Fausto.

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