VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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sabato 6 agosto 2011

Sono Io, non temete.

Santa fifa ora pro nobis;
quando tutto va bene siamo dei leoni,
quando va male e la nostra fragile barchetta
è sballottata dalle onde della vita, ecco i piagnistei,
mai diamo piena fiducia al Maestro e Pietro ne sa qualcosa!
Pietro, Elia, il popolo d’Israele; oggi la Parola ci
presenta questi tre modelli di discepolato con
cui confrontarci nella concretezza della nostra vita di fede.
Gesù fugge il delirio della folla che lo vuole fare re,
dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci,
e si rifugia nella preghiera, da solo, sulla montagna.
Gesù non vuole una fede—che spesso, ahimè,
è la nostra—basata sui miracoli.
Pietro e gli altri devono nuovamente
attraversare il lago di Tiberiade e lì,
sul far del mattino, sono investiti dalla tempesta.
Questo racconto è un’icona della Chiesa;
aspettando il ritorno del Maestro,
anche noi dobbiamo attraversare la Storia su
una fragile barca sballottata dai venti.
Ma è quasi mattino, fratelli.
Questi duemila interminabili anni di cristianesimo
hanno rappresentato una dura prova di fede
per i cristiani; spesso dimenticando il Vangelo,
spesso travolti dalle persecuzioni (che continuano!),
i discepoli hanno assaporato e assaporano la fatica della fede
vivendo tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.
Come succede a ciascuno di noi, d’altronde;
appena la Parola gettata dal seminatore attecchisce,
pur convivendo con la zizzania che tende a soffocarla,
ci mettiamo alla ricerca della perla preziosa nel segno della
condivisione e—statene certi—arriva qualche prova nella fede.
Una sofferenza, una stanchezza, una depressione;
il vento gelido del dubbio, l’assenza del Maestro
(sì, esiste, ho incontrato il suo sguardo
di compassione, ma ora è assente)
ci allontanano dalla fede, ci restituiscono al vortice
dell’inesorabile quotidianità, ci rendono pagani.
Così Elia, dopo avere sfidato la regina Gezabele
e il suo culto idolatrico a Baal,
deve fuggire per non essere ucciso e vorrebbe morire,
così Pietro e gli altri, turbati dal vento contrario,
stanchi di remare, così noi, fragili discepoli chiamati
a sopravvivere dentro una modernità che anestetizza
la nostra interiorità e ci allontana dal sé e dal vero.
Ma proprio quando l’onda è alta su di noi,
proprio quando ci sembra di essere
sconfitti, qualcosa accade.
Gesù cammina sulle acque tempestose e ci ripete:
“Coraggio, sono, io, non abbiate paura!”.
Pietro si tuffa,
anche lui vuole camminare sulle acque e sulle difficoltà;
si fida, muove i primi passi e poi miseramente
sprofonda nel lago agitato, perchè Pietro, stavi andando
così bene e Gesù, garbatamente, lo prende per mano.
Davanti ai dubbi di fede, davanti alle tempeste
della vita, il discepolo è chiamato, come Elia,
ad ascoltare nel suo cuore il silenzioso mormorio di Dio,
recuperando quella dimensione assoluta che è il silenzio,
la preghiera, l’ascolto meditato del grande e
quieto oceano della presenza di Dio.
Troppo pagano è diventato il nostro cristianesimo,
troppo efficientista, troppo rumoroso.
Urge riscoprire un modo nuovo di pregare e meditare,
un modo che attinge all’immensa tradizione cristiana
usando parole nuove, adatte alla sfida attuale.
Come Pietro, il discepolo è chiamato a gettarsi
nelle braccia di Dio, sul serio.
La fede è fidarsi, la fede è slanciarsi nel vuoto,
la fede è concreto abbandono.
Troppe volte, però, la nostra è fede condizionata,
tentennante, dubitativa; lasciamo aperta
una via di fuga, convinti ma non troppo.
E allora beviamo.
Quando la smetteremo di tenere in mano il timone
della nostra barca invece di affidarlo a Dio?
Fidati, affidati, confida, diffida delle tue
(piccole e fragili) sicurezze.
Paolo, infine, c’indica la fedeltà d’Israele come modello;
una fedeltà da imitare, una custodia della
Parola che ammiriamo, fedeltà conservata
con tenacia nella continua tempesta che Israele ha
attraversato (e noi cristiani pure a bucargli la barca!).
E come loro cerchiamo di vivere della
fiducia nel Dio dell’alleanza.
Animo, dunque, altri hanno già vissuto ciò che viviamo,
altri hanno già attraversato il mare in tempesta,
facciamoci coraggio, prendiamo in mano il Vangelo,
la nostra ancora di salvezza.
Ed ecco perché fra poche domeniche partiremo,
ed un lungo viaggio ci porterà in un paese lontano,
Medjugorje, dove per nostra fortuna,
lontani dal nostro benessere,
il nostro correre quotidiano, nella quiete,
nella serenità e nella gioia,
accompagnati dalla Mamma Celeste, riusciremo
a ritrovare Dio per affidargli la nostra fragile barchetta,
ma soprattutto ad imparare ad affidarci a
Lui per superare le tempeste della nostra vita.
Animo allora senza paura prepariamoci a partire.
Santa Domenica a tutti voi Fausto.

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