VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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venerdì 26 agosto 2011

L'altra faccia dell'Amore

Siamo appena tornati ieri sera dal
pellegrinaggio a Medjugorje, tutti bello,
giorni intensi con incontri inaspettati con
alcuni veggenti, il rientro in euforia dopo aver
scoperto di avere nuovi amici, tutto sembra bello
e felice, ma purtroppo a casa ci scontriamo con la
realtà che ci fa soffrire, era inevitabile,
sarebbe stato troppo bello non fosse così.
In questa Domenica però, abbiamo proprio
il Vangelo che ci mette davanti alla cruda realtà.
No, Pietro non si aspettava una
tale reazione da parte di Gesù.
E forse neppure noi.
Pietro ha appena riconosciuto nel Rabbì
di Nazareth lo sguardo stesso di Dio e
Gesù gli ha appena svelato che è pietra,
che ha un compito importante nella comunità;
finale felice, quindi. O quasi.
Sarebbe stato così bello tagliare qui la scena,
con questa reciproca cortesia, con questo reciproco dono;
poiché Pietro è presente come modello del discepolo,
tutti noi, credo, avremmo chiuso il Vangelo con un sorriso.
Ma c’è una seconda parte del Vangelo di domenica scorsa;
quella meno poetica e piuttosto sconcertante di oggi.
Gesù parla apertamente ai suoi discepoli del rischio
che sta correndo e del fatto che la sua missione potrebbe
portarlo al dono totale, alla consumazione, alla morte.
Momento di tensione tra i Dodici, e Pietro interviene
(che diamine, non è appena stato nominato papa?),
bene, prende da parte Gesù; meglio non fare questo
discorso, scoraggia il morale delle truppe,
Dio Ti preservi dalla sofferenza, Rabbì.
Catastrofe! Pietro eri partito così bene!
Perché vuoi insegnare a Dio come
deve salvare il mondo?
La reazione di Gesù è durissima;
tu ragioni come il mondo, non sei ancora
discepolo, il tuo parlare è demoniaco.
Anzi, per la precisione, l’ammonimento di
Gesù a Pietro è “passa dietro di me”,
cioè segui i miei passi, segui la mia logica.
Pietro proprio ci assomiglia, e tanto.
Dio è amore, è grande, è splendido,
la mia vita è faticosa, la cosa che più temo
è la sofferenza, quindi Dio, che è avverso
alla sofferenza, spero mi preservi dal dolore.
Discorso che fila via abbastanza liscio, se non
per un piccolo particolare; Dio non la pensa così!
Gesù ci ha svelato il volto di un Dio amante,
appassionato degli uomini, fuoco bruciante
(ne sa qualcosa Geremia; per lui l’incontro con Dio è
gioia e tormento, la sua vita è radicalmente cambiata).
Chi ama lascia libero,
chi ama soffre della mancanza d’amore dell’altro.
Gesù soffre per la dura reazione dell’umanità verso di Lui,
per l’inattesa reazione del suo popolo al suo messaggio.
Gesù intravede un ultimo gesto totale,
un’ ultima possibilità;
le parole non sono bastate né i segni prodigiosi
né la tenerezza, forse occorre consegnarsi,
compiere il gesto paradossale della morte in croce.
Pietro obietta; no, non questo,
non ci piace un Dio che soffre, non vogliamo
un Dio che non sia trionfante e glorioso.
Ma come, Lui può evitare la
sofferenza e invece l’abbraccia?
Povero Pietro, poveri noi.
Quando capiremo la terribile semplicità dell’amore di Dio?
Quando passeremo dall’idea che la sofferenza è male
all’idea che la vita è dono e donare chiede sofferenza?
Dio non ama la sofferenza, sia chiaro.
Ma—talora—compiamo gesti che comportano
una rinuncia, una morte, e la sofferenza diventa,
allora, misura dell’amore.
Così è il dolore del parto, necessario a dare
luce a un bimbo, il corpo affaticato che si
arrampica verso la vetta,
la notte insonne della madre che allatta il neonato.
Pietro; cambia idea!
Guarda l’amore, non il dolore, resta stupito dalla
serietà dell’amore di Dio, che non resta sulla
nostra barca solo quando tutto va bene,
ma che è disposto a mettersi in gioco, a donare tutto!
Ecco; il discepolo, come il Maestro,
è chiamato ad amare fino a perdersi.
Prendere la croce e rinnegare se stessi non
diventa un autolesionismo, ma una proposta di vita
che contraddice la logica mondana dell’autorealizzarsi.
Il nostro mondo ci offre una sorta
d’idolatria del sé (fragile e ingenua).
Gesù propone di più;
realizzi te stesso se la tua vita diventa dono,
apertura, accoglienza; è il paradosso del
ritrovarsi “perdendosi” per gli altri.
Anch’io sono ritornato euforico da questo
pellegrinaggio, ma appena tornato mi sono
ritrovato con la realtà del male e dover ripartire
di nuovo, rifare un’altra volta la strada per
Medjugorje, fare tanta fatica, per cercare di
strappare dal male un fratello in Cristo,
in difficoltà, preda del vortice del vizio
della droga, un vortice tante volte di morte,
anch’io mi sono chiesto ancora una volta perché,
e la risposta è che anche Cristo per
salvare l’umanità ha dovuto soffrire e morire,
perciò vale la pena soffrire per salvare
la vita di una persona dalla perdizione.
Vi chiedo di pregare per questo fratello
e per il nostro viaggio, grazie di cuore,
un saluto ed una Santa Domenica a tutti da Fausto.

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