VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

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domenica 24 luglio 2011

Caccia al tesoro.

Da quello che sento nei miei colloqui con tanti di voi,
mi sembra di capire che la maggior parte delle persone
pensano di avere tutto, che con i soldi e le amicizie
si possa avere tutto nella vita, proprio come Matteo.
Matteo ha tutto; soldi, successo, potere;
era temuto, rispettato, uno in carriera,
come i tanti che si vedono anche al giorno d’oggi.
Un giorno, però,
quello sguardo dell’ospite di Pietro il pescatore,
quel tale Gesù della vicina Nazareth,
li a Cafarnao, sul lago, lo ha sconvolto.
È poi così certo di avere tutto?
Il tesoro vero, il senso della vita,
lo ha davvero scoperto?
Matteo fa l’errore di lasciare la
sua parte migliore emergere,
per una frazione di secondo intuisce
che la sua vita è piena di vuoto,
che tutto ciò che ha è fumo,
apparenza, inutile peso.
Quello sguardo lo perfora,
lo trapana, lo svela a se stesso;
lascia tutto e segue il Maestro.
Da Gesù, Matteo impara ad amare,
a conoscere Dio, a conoscere se stesso.
Da Gesù, Matteo impara a essere vero,
a diventare libero, e racconta,
parla come un fiume in piena,
del Regno, di Dio, di Lui, il Maestro.
Oggi Matteo ci dice, dopo tanti anni
(forse una trentina da quell’incontro),
che n’è valsa la pena, che lo rifarebbe e che,
anzi, ciascuno di noi può farlo.
Matteo dice di aver fatto il miglior affare
della sua vita lasciando tutto e seguendo il Nazareno,
ci dice che è come avere scoperto un tesoro nel campo.
La mia vita, la nostra vita è una gigantesca caccia al tesoro.
Ci vuole grinta, forza, lucidità per gareggiare;
bisogna tapparsi le orecchie di fronte
ai troppi che ammiccano vendendoti a
peso d’oro le istruzioni per trovare il tesoro,
tenere duro davanti ai troppi che ti dicono
che il tesoro non c’è, che la vita è
un’immensa e macchinosa fregatura.
Matteo dice che lui, il tesoro, l’ha trovato.
Non era come la fiammata dell’innamoramento
che sarebbe scomparso con il desiderio,
(come le tante nostre unioni famigliari),
ma come la lenta consapevolezza della verità,
del fiume che scorre sotto il terreno,
dell’evidenza del cuore.
Il piano di Dio è esposto, il volto che Gesù è venuto a
descrivere è ormai chiaro, la proposta del Regno annunciata.
Ora tocca a noi, tocca a me decidere.
Starò ancora ad aspettare?
Dopo aver veduto, dopo aver lasciato il seme della Parola
perforare l’asfalto del mio cuore, ancora tentennerò?
Dopo aver saputo che il padrone del campo
permette che la zizzania e il grano crescano insieme,
perché mi ama, aspetterò ancora che
il Regno si manifesti nella mia vita?
Il Signore, “pescandoci”, sa che dentro di noi ci sono pesci
commestibili e pesci velenosi, parti di luce e fitte tenebre.
E le ama, entrambe.
Le ama perché ama noi, le ama perché ci vuole salvi,
le ama perché è un Dio di tenerezza e compassione.
Paolo, nella seconda lettura, ha finalmente capito
il disegno di Dio, il suo piano, e ne resta affascinato.
Madre Speranza di dice che, è un Dio che ci vuole salvi,
è un Dio che ci scusa, un Dio che c’insegue
e ci perseguita col suo amore.
Ma abbiamo bisogno, come saggiamente chiede Salomone
nella sua preghiera, di molta saggezza, di molta sapienza.
Salomone è spaventato del suo nuovo ruolo di re.
Non assapora il potere, non è euforico della sua posizione.
Chiede la saggezza, chiede di fare scelte giuste.
Dio è piacevolmente stupito da questa richiesta
e lo premia col dono della saggezza.
Anche noi, allora, come Salomone, come Paolo,
come Matteo, chiediamo di avere il dono dello Spirito,
che sa orientare la nostra vita verso la pienezza,
verso il senso ultimo, verso il tesoro.
Che non ci succeda di essere travolti dalla vita,
che non ci accada di restare alla porta della storia,
ma che il Signore ci dia il coraggio di investire tutto,
tempo, intelligenza, affetti, nella ricerca del Regno,
nella cosa più preziosa che abbiamo.
Matteo è davvero lo scriba che ha saputo tirar fuori le
cose vecchie e le cose nuove dal tesoro della propria vita.
Il messaggio del Vangelo,
pur nella stanchezza dell’abitudine
e delle nostre comunità, ha bisogno di essere
capito e parlato con parole nuove.
La fatica di Matteo, scriba che ha valutato con sapienza
la strada da percorrere, è la nostra stessa fatica.
Inutile ancorarsi a fragili abitudini,
a consolidate e incomprensibili ritualità che
rendono vecchio il cristianesimo;
andiamo all’essenza, con intelligenza,
con rispetto per il passato, ma manifestando
tutta la luce devastante dell’incontro col Rabbì.
Solo così potremo dire in maniera comprensibile per
l’uomo contemporaneo che la vita è una caccia al tesoro.
Anche noi, come chi trova un tesoro, pieni di gioia,
venderemo tutto per averlo.
Ed allora, dopo l’esperienza fatta Domenica
scorsa nel nostro incontro,
vi auguro una buona caccia al tesoro,
con l’augurio di trovarlo veramente,
ed una Santa Domenica a tutti.

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