VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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mercoledì 14 dicembre 2011

L'illogica sbalorditiva di Dio (e di Maria)

Amici, manca ancora una settimana
poi ci sarà il Natale.
Come sarà quest'anno il vostro
Natale, spero sia veramente bello,
Certo; nasce Gesù, si ma non per
tutti, per qualcuno sarà un Natale
triste, senza bollicine, senza
entusiasmo, peccato, però il
neonato Gesù viene proprio
per loro, per condividere la
loro sofferenza, il loro dolore.
Coraggio, riprendiamo il
cammino.
E due.
Per due volte, negli ultimi quindici giorni,
abbiamo ascoltato questa parola.
È dunque così importante questa pagina scarna,
che ha scatenato la fantasia e l’estro
di generazioni di pittori?
È così centrale la presenza di questa acerba
adolescente di Nazareth propostaci
come modello dell’accoglienza?
Sì, certo, lo è.
Marco, ormai un mese fa, ci ha chiesto
di vegliare, per non abituarci allo stupore
del Natale, per non asfaltare il nostro
cuore col demone dell’abitudine,
per non cedere al Natale tarocco;
non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce, no.
Gesù è già nato nella storia e tornerà nella gloria.
A noi, qui e ora, di aspettarlo,
di lasciarlo nascere nel cuore perché possiamo,
fare, i cristiani per tutta la vita
senza incontrare mai il Dio di Gesù.
Natale è un dramma, una sfida; Dio viene,
ma non trova accoglienza, pochi lo riconoscono.
Tra questi pochi Maria di Nazareth e Giovanni il
battezzatore che abbiamo incontrato domenica scorsa.
Giovanni il sincero, che dice il vero di sé,
che non si prende per Dio e che c’invita a
prepararci al Natale con disarmante sincerità.
Oggi rileggiamo l’incontro di questo mistero e
garbato angelo (uno dei principi degli angeli),
che parla alla pari con questa ragazzina di Nazareth,
e scopriamo la grandezza del pensiero di Dio.
Perché è in quella minuscola casa di quel
minuscolo paese addossato a un dorsale roccioso,
da cui la gente ha ricavato nelle grotte
naturali delle abitazioni fresche e asciutte,
che avviene l’assurdo di Dio.
Protagonisti; una quindicenne senza istruzione
di un paese occupato da una potenza straniera,
ai confini del mondo, fuori dalle rotte commerciali
che da Damasco portavano a Cesarea, e Dio.
Nessun satellite, nessuna diretta televisiva,
nessun giornale è presente per riportarci l’accaduto,
nella minuscola Nazareth che diventa ombelico
del mondo, centro assoluto della storia.
Dio, stanco di essere incompreso,
decide di venire a raccontarsi, poiché la pur
lunga storia di amicizia e di affetto con il popolo
d’Israele non è stata sufficiente per spiegarsi,
Dio sceglie di farsi uomo, parole, lacrime,
sorriso, emozione, sentimento, tono di voce, sudore
e necessita di un corpo, ha bisogno di una madre.
Non la moglie dell’imperatore, o il premio
Nobel per la medicina, non una donna manager
dinamica dei nostri giorni, macchè,
la piccola adolescente Mariam (la bella) Dio sceglie,
e a Lei chiede di diventare la porta d’ingresso per
Dio nel mondo, tutto lì.
Cosa direste se domattina vi arrivasse una figlia
o una nipote adolescente dicendo:
“Dio mi ha chiesto di aiutarlo a salvare il mondo.
Sono incinta?”…..appunto!
Invece Maria ci sta, ci crede e tutti noi non
sappiamo se ridere o scuotere la testa
davanti a tanta splendida incoscienza,
tutti restiamo ammutoliti davanti alla
sconcertante semplicità di questo dialogo,
di una ragazzina che parla alla pari con l’Assoluto,
che gli chiede spiegazioni e chiarimenti.
Dio sceglie Nazareth e, a Nazareth, sceglie Maria.
E a Nazareth, per trent’anni, Dio si nasconde
nella quotidianità più semplice;
bambino, adolescente, giovane falegname, come suo padre.
Durante quei trent’anni,
milioni di persone gridavano la loro pena a Dio,
giorno e notte, e Dio che faceva? Sgabelli.
Quanto parla questo assordante silenzio!
Quanto dice di Dio questa sua scelta!
A noi che sempre cerchiamo l’applauso e la
visibilità, l’efficienza e la produttività,
Dio propone una logica diversa.
Scegliere Nazareth, un paese occupato
dall’Impero romano, ai confini della storia,
ai margini della geografia del tempo,
in un’epoca sprovvista di comunicazioni,
ci rivela ancora una volta la logica di Dio,
logica basata sell’essenziale, sul mistero,
sulla profezia, sulla verità di sé,
sui risultati imprevisti (e sconcertanti).
Animo, fratelli!
Quando pensiamo di avere sbagliato
tutto nella vita, di non avere avuto
sufficienti opportunità, quando non
siamo soddisfatti dei nostri risultati o
siamo travolti dall’assordante incitamento
di chi ci grida: “Devi riuscire”,
pensiamo a Nazareth, a questo modo di
operare che ci sbalordisce e c’incanta.
Pochi giorni ci separano dal Natale e dal mare
di banalità e di sofferenza che porterà ad alcuni.
Andiamo a Betlemme, amici, così come siamo,
perché dobbiamo solo ricevere;
come Davide nella prima lettura che vuole
costruire un bel tempio a Dio, anche noi ci
sentiremo rispondere: “Lasciami fare,
non preoccuparti di come hai preparato il
tuo avvento, sono Io che ti vengo incontro”.
Che volete, così è il nostro Dio,
lasciamoci incontrare!
E spero proprio di incontrarlo veramente Dio
in questo Natale, io ci provo speriamo.
Un saluto, amici, ora per un po di tempo
non vi scoccerò più con le mie lagne, vado a fare
un po di volontariato al Santuario, ci ritroveremo
dopo le feste, allora, amici voglio donarvi gli
auguri adesso, che questo Santo Natale sia per
tutti voi pieno di Gioia, Pace e Serenità e che l'anno
Nuovo porti veramente nelle vostre famiglie l'amore.
Al Santuario vi porterò tutti nel cuore e nella
preghiera Fausto e Bertilla.

lunedì 12 dicembre 2011

Giuseppe il grande ed il giusto

Parliamo un pò, amici, di Giuseppe uomo giusto.
Colui che ha saputo donarci una grande pagina
poetica di fiducia e abbandono nel Signore.
Giuseppe sta organizzando casa per accogliere Maria.
È un bravo ragazzo, un onesto lavoratore ed
è sufficientemente devoto, insomma: un buon partito.
È contento di accogliere Maria, che è una ragazza
timida ma decisa, gentile e di bell’aspetto:
molti lo considerano fortunato di avere in
sposa la piccola adolescente di Nazareth.
In questo clima di festa matrimoniale, arriva la doccia fredda.
Matteo, tutela della privacy, non ci spiega come Giuseppe sia venuto
a conoscenza della gravidanza di Maria.
Dubito che si siano incontrati, forse è stata la madre Anna
a comunicargli la notizia, chissà.
Possiamo, però immaginare la notte insonne di Giuseppe,
la peggiore della sua vita.
Ma come? Maria? La mia piccola Maria?
E chi sarà il padre?
Io che pensavo fosse una così brava ragazza!
Che stupido sono stato!
Ma ci sarà una ragione, qualcuno avrà abusato della sua gentilezza…
Giuseppe non riesce a prendere sonno, si gira e si rigira sul giaciglio,
come fa la porta sui cardini.
Ma, oltre alla profonda ferita di un amore tradito,
Giuseppe deve affrontare l’incubo del futuro.
Cosa deve fare?
A norma di legge (Dt 22,21), Giuseppe deve svegliarsi e radunare
altri uomini della comunità dicendo che quel bambino non è suo,
e subito Maria sarà lapidata a morte.
Per essere un buon credente e un devoto, deve uccidere Maria.
(Non è folle che, a volte, gli uomini compiano cose orribili in nome di Dio?).
Giuseppe deve informare il rabbino del fattaccio e ripudiare la futura sposa,
che rimarrà a casa dei propri genitori piena di vergogna, segnata per tutta la vita.
E, a questo punto, succede l’incredibile.
Giuseppe, che è un giusto, trova una soluzione.
Mentirà. Il mentitore giusto
Dirà che si è stancato di Maria, la ripudierà, salvandole l’onore.
Certo, nessuno prenderà più in sposa una donna che ha avuto
un figlio da un altro uomo, ma, almeno,
girerà a testa alta nelle strade di Nazareth.
Giuseppe è grandioso: non rispetta la Legge
attribuita a Dio e decide di mentire.
Matteo ci dice che Giuseppe è giusto.
A volte la legge di Dio, quella autentica, passa attraverso la
trasgressione della legge degli uomini, quella attribuita a Dio.
Giusto è un titolo straordinario, in Israele.
È, forse, il più bel complimento che si possa fare ad un ebreo.
Giuseppe è giusto come Dio è giusto, perché non giudica
secondo le apparenze, perché si sacrifica, supera il suo orgoglio
di maschio ferito (terribile!), e salva Maria.
Immenso Giuseppe, falegname abituato a riconoscere l’essenza
di un legno, a piallare un'asse, non ad inseguire fini
ragionamenti che lo mettono in crisi!
Ha deciso, anche se continua a non prendere sonno.
E, proprio quando ha scelto di salvare Maria, quando si è dato pace,
quando ha superato il proprio orgoglio, arriva,
in sogno, un angelo che lo rassicura.
Va tutto bene, gli dice l’angelo, hai a che fare col mistero.
Fai bene a fidarti di Maria, è prodigioso ciò che le è capitato,
colui che porta in grembo non è il figlio di un altro uomo,
ma di Dio stesso.
Maria lo partorirà e tu, Giuseppe, gli darai il nome,
cioè l’identità, il carattere e l’educazione.
A Maria l’angelo chiede di collaborare.
A Giuseppe l’angelo chiede di insegnare a Dio a diventare uomo.
Anche lui, Giuseppe, deve cambiare la sua vita, i suoi desideri,
le sue scelte, adeguarli all’evento improvviso di un Dio
che decide di diventare uomo.
Giuseppe obbedisce. Si sveglia e prende con sé Maria.
Leggo e rileggo questa conclusione sconcertante.
Si alza e obbedisce.
Non fa commenti, non approfondisce ulteriormente,
si fida e basta, accetta e accoglie.
La sua vita, ora, è radicalmente cambiata, ma va bene così:
ha a che fare con il mistero di Dio.
Grandioso Giuseppe; uomo giusto, e noi?
Speriamo, la speranza non deve mai mancare.
Impariamo da Giuseppe a fidarci; ad avere fiducia in Dio,
a credere che Lui è venuto a farsi uomo, perchè tutti noi
impariamo ad essere uomini.

sabato 10 dicembre 2011

Cerchiamo la nostra verità.

Siamo alle silite, già da un pò anche la Domenica
i negozi sono aperti e tutti corrono a fare compere
per l'imminente Natale, tutti stiamo preparando
la grande festa in bellezza in barba alla crisi, ma
siamo sicuri che ci prepariamo veramente alla
venuta del Signore Gesù? o stiamo preparando
un natale taroccato, dimenticandoci di invitare
Lui, il festeggiato!
Lotta dura contro il Natale tarocco.
L’Avvento ci permette di recuperare il senso autentico
del Natale, di non lasciarci travolgere dall’onda melensa
di emozioni che dovremmo pur vivere.
Salviamo il Natale dall’approssimazione e dal (falso) buonismo per recuperare
il senso teologico, scomodo ma salutare.
Non siamo qui a far finta che poi Gesù nasce e a commuoverci davanti a
questo bambinello nudo.
Siamo qui a digerire la più brutta figura della storia dell’umanità, che,
peraltro, rinnova tale atteggiamento.
Dio è venuto, stanco di essere frainteso, esasperato dalle nostre proiezioni.
Dio è venuto e si è raccontato in Gesù di Nazareth.
Dio è venuto ma, ad accoglierlo, ha trovato poca gente, semplice e dimessa,
che farebbe poco gossip in questi (fragili) tempi mondani.
Occorre svegliarsi per accorgersi di Dio, riconoscere i profeti presenti in
mezzo a noi e diventare consolatori dei troppi fratelli persi,
occorre avere la fiducia incosciente di Maria di Nazareth per
cambiare il nostro destino.
Per vivere autenticamente il Natale, fatte tacere le tante malelingue
che ci scoraggiano, superata la tentazione di un Natale senza Dio,
dobbiamo imitare il Battista nella sua lucida autoconsapevolezza.
Giovanni è il più grande tra i figli di donna,
un profeta austero e coerente, energico e carismatico.
Verso le sponde del Mar Morto, giù nella depressione vicino a Gerico,
Giovanni ha radunato un movimento di persone diverse come cultura,
di cercatori di Dio, di insoddisfatti bisognosi di senso.
Non è tenero Giovanni, disilluso e acre, chiede un
cambiamento radicale per incontrare il Messia di Dio.
Quasi alla fine della sua breve ma intensa vita, Giovanni riceve
la visita degli inviati del Sinedrio che s’interrogano, loro i detentori
del potere religioso, su questo strano personaggio che non si spaventa
neppure di fronte alle autorità.
Giovanni è chiaro; lui non è il Cristo.
Potrebbe pensarlo, gli altri lo pensano di lui (bisognosi come siamo di Cristo).
Potrebbe approfittarne, cedere alla più subdola delle tentazioni
(noi credo, l’avremmo fatto), quella del delirio di onnipotenza.
No, dice Giovanni, lui non si prende per Dio.
Anche lui, come i penitenti, ne è disperatamente alla ricerca.
Giovanni ci ammonisce; solo riconoscendo il proprio limite,
che è opportunità, non mortificazione, possiamo essere
liberi di accogliere il Dio fragile che nasce.
Solo riconoscendo che non abbiamo in noi
tutte le risposte, possiamo metterci alla ricerca.
Chi sei, allora?
Chi siamo, allora?
La logica mondana dice; sei ciò che produci,
sei ciò che appari, sei ciò che guadagni,
sei ciò che guidi, sei ciò che conti.
Giovanni sa che non è così, che è illusoria e menzognera questa logica,
che, mai, siamo ciò che possediamo o facciamo.
Giovanni ha pensato e ha capito.
Il sole del deserto e la polvere che raschia la gola,
gli occhi bruciati dalla luce e il corpo ormai piegato alla durezza delle scelte,
l’hanno portato a capire chi è lui nel profondo.
Un mistico? Un provocatore? Un guru?
No, egli è la voce.
Voce, voce prestata a una Parola,
voce che amplifica un’idea non sua,
voce che fa riecheggiare un’intuizione di cui anch’egli è debitore.
C’immaginiamo sempre di essere dei grandi,
di compiere cose memorabili, di restare nella storia o, perlomeno,
nella piccola storia delle persone che amiamo.
Dio ci svela cosa siamo in profondità.
Ma io, tu, noi, cosa siamo?
Cosa pensiamo di noi stessi?
Forse siamo pazienza, o attesa, o sorriso, o perdono, o sogno, o inquietudine.
Contrariamente alla falsa idea del cattolicesimo
che mortifica e castra le ambizioni degli uomini
(se Dio c’è, io sono fregato, pensa Erode),
il vangelo ci svela un Dio che mi aiuta a cogliere la verità di me stesso.
Non so come stiate arrivando a questo Natale;
l’importante è che ci arriviate in maniera autentica.
Forse non è un gran periodo, forse non siete
per nulla soddisfatti di voi e delle vostre scelte.
Pazienza, Dio viene lo stesso, se avete il coraggio di invocarlo.
Perciò state o stiamo nella gioia, rallegriamoci sempre nel Signore,
teniamo buone le cose che egli ci ha donato,
gioiamo pienamente in questo Dio che non meritiamo e che si dona.
Questo mite Dio che attendiamo e che già amiamo.
Buona continuazione dell'Avvento ed una
Santa Domenica a tutti voi amici da Fausto

mercoledì 7 dicembre 2011

Immacolata Cocezione

Grandissima festa quella di oggi amici,
scopriamo quanto è grande il progetto di Dio
attraverso Maria, la bella di Nazareth.
Abbiamo bisogno di salvezza e di senso.
Urgente ed evidente.
Anche se il nostro mondo tende a non vedere
questo appello che sale dal ventre della storia.
Abbiamo bisogno di salvezza quando vediamo
intorno a noi situazioni di umanità sconfitta e umiliata, affamata e ribelle, violenta e violentata.
Nonostante gli immensi progressi della
scienza e della tecnica, l’uomo sembra
destinato a ripetere i propri errori, a regredire
nell’imbarbarimento attraverso le sue conquiste.
Invece di utilizzare le energie della terra per vivere meglio,
l’uomo ne abusa per far vivere meglio una minima
percentuale dell’umanità, a scapito della stragrande
maggioranza che non ha possibilità alcuna di una vita dignitosa.
È l’eterna lotta fra il bene e il male, fra la luce e le tenebre.
Lotta in cui Dio stesso ha voluto entrare,
sporcandosi le mani. E facendosi aiutare.
Molti preti, oggi, eviteranno amabilmente di
soffermarsi sul significato profondo di questa celebrazione
posta all’inizio del cammino di Avvento, e fanno benissimo.
È certamente più semplice e più comprensibile ai più,
soffermarsi sulla figura e sul ruolo di
Maria nella storia della salvezza,
sulla sua disponibilità, sulla sua esemplarità
e non inoltrarsi in un linguaggio teologico,
magari poco comprensibile ai più.
Però noi proviamo a dire qualcosa lo stesso.
Il peccato originale non è un peccato diverso
dagli altri e bizzarro, e c’entra poco con l’efficace
immagine della tentazione dei nostri progenitori.
Gli autori della Genesi, che scrivono dopo l’esperienza
bruciante dell’esilio in Babilonia, si pongono una domanda:
“Se Dio è buono e ci ha scelto, se il creato è così armonioso,
perché commettiamo il male, da dove deriva?”.
E giungono, due millenni e mezzo fa, a conclusioni
per niente scontate; nel cuore dell’uomo esiste
una radice negativa, malvagia,
contro cui l’uomo deve combattere.
Non serve guardare ai grandi genocidi del xx secolo,
basta guardarsi dentro con onestà.
In ciascuno di noi esistono un piccolo assassino e un
violento che impariamo a tenere a bada con gli anni.
Questa radice negativa è stata chiamata,
appunto, “peccato originale” e la Bibbia dice
che deriva dal desiderio dell’essere umano
di mettersi al posto di Dio e di non assumersi
il proprio ruolo, la propria dignità.
Adamo vuole essere come Dio,
poi accusa la moglie di averlo istigato,
che a sua volta accusa il serpente.
L’uomo non accetta il suo limite,
non accetta di dover imparare, non accetta di non
sapere e non avere tutto.
Da lì, da questa ribellione, nasce la violenza
che portiamo dentro.
Cristo, divenendo uomo,
ha eliminato il peccato originale.
Ogni uomo, battezzato in Lui, fa l’esperienza di
essere radicalmente cambiato, nel profondo.
Diventa capace di donarsi, d’individuare il proprio
ruolo all’interno della creazione, sa da dove proviene,
supera il peccato che viene cancellato.
Maria, pur non essendo battezzata, viene salvata
“preventivamente”, questo dice la strana festa di oggi.
Dal suo concepimento è preservata dal peccato originale,
è già senza peccato originale, come poi diverremmo noi.
Come se Dio avesse una gran fretta di salvarci.
Maria diviene la caparra dell’eredità. Viva.
Oggi è la festa della generosità di Dio e
della possibilità, per l’uomo, di salvarsi.
Guardando Maria, scopriamo come possiamo
vivere da salvati; donando la nostra vita,
dicendo “sì” al progetto di Dio,
assumendoci le nostre responsabilità,
divenendo davvero protagonisti della nostra storia.
Vi pare poco?
Buona festa dell’Immacolata Concezione amici, da Fausto

sabato 3 dicembre 2011

Lasciamoci consolare

È vero amici, non possiamo più nasconderci,
piangerci addosso non serve a niente,
dobbiamo solo avere speranza.
Abbiamo messo in moto il periodo dell’Avvento,
tempo di preparazione per i tanti cristiani
che aspettano la venuta del Signore.
Molti cristiano pensano di essere tali
semplicemente perché credono nella
venuta del Signore Gesù;
ma non c’è bisogno di essere cristiani per crederlo!
Siamo cristiani se desideriamo,
nella semplicità e povertà del desiderio,
che Cristo nasca nei nostri cuori.
Animo, cercatori di Dio, ammaliati da Cristo,
affascinati dalla sua Parola, animo.
Uomini e donne ci annunciano la
venuta di Cristo nella gloria,
mentre a noi è dato di accoglierlo
nella storia personale di ciascuno.
Natale è Dio che, stanco di essere male interpretato,
decide di avere uno sguardo e un volto per potersi
spiegare, raccontare e ci pone dinanzi all’evidenza
disarmante di Dio che diventa neonato.
Dio non è come lo immaginiamo, ne distante
ne severo ne manipolabile ne folle.
Dio si fa povero per amarci.
Isaia, il profeta dell’Avvento, parla al popolo
in esilio in Babilonia, da decenni.
Si rivolge a un popolo scoraggiato,
molto simile a noi che viviamo in questi anni sulla terra,
un popolo che non ha più fiducia,
che constata come le promesse di Dio non si
sono realizzate, che nulla è cambiato nella Storia,
nonostante la presenza del Dio d’Israele.
E Isaia profetizza, consola, invita a disegnare
una strada che scavalchi i burroni dell’indifferenza,
che spiani le alture dell’arroganza.
Dio viene, Lui prende l’iniziativa,
a noi di accorgercene, di esserci, di lasciarci consolare.
Natale è la consolazione degli uomini,
la nascita della speranza che Dio,
almeno Lui, non si dimentica.
Non si dimentica, ribadisce il rude Pietro,
ed esercita pazienza, ci dona del tempo perché
abbiamo la possibilità di capire e di cambiare.
Capire e cambiare perché Dio ci lascia immensamente
liberi nella scelta, sempre.
Il vero volto di Dio è quello di un Dio
che interviene con discrezione,
che ci chiede di accoglierlo, di cambiare idea
su di Lui e su di noi, con calma, diventando,
noi discepoli, la consolazione di Dio agli uomini.
Quante persone vivono il Natale con insostenibile disagio!
Isaia ci sprona; noi cercatori di Dio,
noi che abbiamo accolto il vero volto di Dio,
siamo chiamati, a nostra volta,
a diventare consolatori dei nostri fratelli.
Diciamolo ai tanti che vivranno la fatica del Natale,
che Dio fa nuove tutte le cose perché si mette
dalla parte degli sconfitti e dei perdenti.
Il vero volto di Dio è Gesù Cristo;
incontrare Lui è un nuovo inizio,
una nuova creazione, una nuova genesi.
Marco, discepolo di Pietro, inizia così il suo vangelo:
“Inizio della buona notizia che è Gesù Cristo”.
Pensare che Dio possa essere diverso
dall’immagine noiosa che ce ne siamo fatta,
dice Marco, è già l’inizio di un cambiamento
radicale, di una nuova creazione.
Prepararsi al Natale vero significa, allora,
riprendere in mano la buona notizia,
che è Gesù, a farla diventare concretezza
nelle nostre scelte, danza per la nostra vita.
Come Giovanni il battezzatore possiamo
diventare profeti di Dio, aiutarci e aiutare
i fratelli a preparare la strada a Dio.
I profeti non sono coloro che indovinano il futuro,
ma coloro che interpretano il presente,
che ci aiutano a leggere la nostra vita in una luce di fede,
a indovinarne la novità, a capirne il senso.
Non è difficile vivere; è impossibile,
se non capiamo per quale strana ragione
siamo stati messi al mondo.
Superata la tentazione dei sempre presenti
idoli della nostra vita (immagine di sé, carriera, denaro)
che falsamente pretendono di riempire il
senso di infinito che ci abita, ci resta il vuoto immenso
di senso da colmare, il bisogno assoluto di capire.
Molti, ahimè, vi hanno rinunciato, hanno abdicato
a pensare, a vivere, travolti dalla quotidianità.
Dio non si scoraggia e ci raggiunge proprio nella
quotidianità, diventando uno di noi.
Abbiamo urgenza di profetismo, abbiamo bisogno di
persone che ci scuotano come un pugno nello stomaco.
Buon Dio, di persone che ci disorientano
non sappiamo che farcene.
Ciò di cui abbiamo bisogno è una Parola
che spezzi la crosta che si è formata
intorno al nostro cuore.
Accogliamo la profezia del battezzatore
e dei tanti che camminano—mascherati da uomini
comuni, in mezzo alle nostre fetide città.
Non lasciamo che la profezia abbandoni la Chiesa,
comunità dei cercatori di Dio, ma che sia sempre
presente, anche quando è scomoda.
Santa Domenica amici,
nella luce dell’Avvento da Fausto.

Medjugorje, messaggio della Madonna attraverso Mirjana

Cari figli,
come Madre sono con voi per
aiutarvi con il mio amore,
preghiera ed esempio a diventare
seme di ciò che avverrà, un seme
che si svilupperà in un forte albero
ed estenderà i suoi rami nel mondo intero.
Per divenire seme di ciò che avverrà,
seme dell’amore, pregate il Padre che
vi perdoni le omissioni finora compiute.
Figli miei, solo un cuore puro,
non appesantito dal peccato può aprirsi e
solo occhi sinceri possono vedere la via
per la quale desidero condurvi.
Quando comprenderete questo,
comprenderete l’amore di Dio ed esso vi verrà donato.
Allora voi lo donerete agli altri come seme d’amore.
Vi ringrazio".