VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



Per informazioni e contatti scrivere a:

FAUSTOBERTILLA@GMAIL.COM



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sabato 26 novembre 2011

In cammino verso il Natale

Amici, comincia l’Avvento,
prepariamoci ad accogliere
l’inaudito di Dio, che si fa bambino
per venire ad incontrare i più poveri
tra i poveri, i derelitti dell’umanità,
i pastori, e loro ci credono,
vanno e videro e tornarono entusiasti,
solo loro si sono messi in movimento
gli altri sono rimasti nelle loro
comodità ad aspettare invano.
Partiamo perciò, incamminiamoci,
solo così incontreremo quel Gesù
che viene incontro a noi.
È che Dio arriva quando meno te lo aspetti.
Magari lo cerchi tutta la vita, o credi di cercarlo,
o sei convinto di averlo trovato
e quindi dormi sugli allori e,
intanto, la vita ti passa addosso.
È che Dio è evidente e misterioso,
accessibile e nascosto, già e non ancora.
È che la nostra vita passa,
con i suoi desideri e le sue delusioni,
le sue scoperte e le sue pause,
le sue paure e le sue ironie,
i suoi entusiasmi e i suoi fallimenti.
Passa e fatichiamo a tenerla ferma in un punto,
un punto qualsiasi, attorno a
cui far girare tutto il resto.
È che intorno tutti gufano, ma tanto.
E anche a essere ottimisti e a voler sempre
vedere il mezzo bicchiere pieno
c’è da vivere in ansia perenne;
la tua tredicesima è meno dello scorso anno,
i tassi del mutuo mandano sul lastrico le persone,
il petrolio sale e la benzina ancora di più,
tuo figlio ha trent’anni e non trova
lavoro per più di sei mesi.
Insomma; per tutte queste ragioni
abbiamo assoluto bisogno di fermarci,
almeno qualche minuto,
di guardare dove stiamo andando,
di trovare un filo a cui appendere,
come dei panni, tutte le nostre vicende.
Oggi inizia l’Avvento, finalmente.
Amici; detesto il Natale.
Capiamoci; non il Natale che è lo stupore
a cui vogliamo prepararci, no.
Detesto lo sgorbio che ne abbiamo fatto,
la fiera insopportabile dei buoni sentimenti,
l’ipocrisia del politicamente corretto,
che fa del Natale una festa di compleanno
senza festeggiato, la mielosa retorica delle
nostre messe di mezzanotte, in cui preti assonnati
cercano di convincere i fedeli una tantum.
Io voglio prepararmi, ho necessità assoluta di costruirmi
un’arca, e fregarmene di quelli che mi deridono.
Ho bisogno di capire come posso trovare il Dio
diventato accessibile, fatto volto, divenuto incontrabile.
Voglio poterlo vedere questo Dio consegnato,
arreso, nascosto in mezzo agli sguardi e
ai volti di tanti neonati, ma c’è chi li uccide.
Sono poche quattro settimane, lo so.
Ma voglio provarci ancora,
è da qualche anno che ci provo.
Perché possiamo celebrare cento natali senza
che mai una volta Dio nasca nei nostri cuori.
Nessuno possiede Dio in modo tale
da non doverlo più attendere.
Eppure non può attendere Dio chi non sapesse
che Dio ha già atteso lungamente lui.
Iniziamo a leggere Marco, da oggi.
Giovane discepolo di Gerusalemme,
la sua vita s’intreccia con quella di Pietro,
di cui sarà segretario e di cui raccoglierà le riflessioni,
ordinandole nel primo, più breve e sgrammaticato dei vangeli.
Ma il suo schema sarà ripreso, copiato da Matteo e Luca.
Dio è discreto, modesto, quasi timido,
non impone la sua presenza,
come la brezza della sera è la sua venuta.
A noi è chiesto di spalancare il cuore, di aprire gli occhi,
di lasciar emergere il desiderio.
Come? Non lo so, amici.
Io cerco di farlo ritagliandomi uno
spazio quotidiano alla preghiera,
per meditare la Parola, per potervela regalare nel blog,
senza far arrabbiare mia moglie
perché stò troppo davanti al computer.
Cerchiamo di prepararci bene e fare un Natale cristiano,
facciamo qualcosa, anche se piccola,
per chiederci se Cristo è nato in noi,
per non lasciarci travolgere dal diluvio
di parole e cose che ognuno vive.
Ma, ad aggravare la nostra situazione, non dobbiamo
solo combattere contro la dimenticanza.
Ci tocca pure combattere contro il finto natale,
il Natale taroccato.
Non capisco perché una festa splendida,
la festa che celebra la notizia dell’inaudito di Dio
che irrompe nel mondo, sia stata travolta
dalla melassa del buonismo natalizio.
È un dramma, il Natale, è la storia di un
Dio presente e di un uomo assente.
Non c’è proprio nulla da festeggiare, non abbiamo
fatto una gran bella figura, la prima volta.
Natale è un pugno nello stomaco, una provocazione,
un evento che obbliga a schierarsi.
Natale è l’arrendevolezza di Dio
che ci obbliga a conversione.
Quindi; viva i regali, viva la festa.
Ma che sia autentico ciò che facciamo,
che sia presente il festeggiato, Dio,
alle nostre ipercaloriche cene,
che i bimbi capiscano che è il suo compleanno,
e a noi fanno i regali.
In questi anni ho visto con sgomento che il Natale,
per i poveri veri, per chi ha subito un abbandono,
un trauma, un lutto, è diventato una festa odiosa e insostenibile.
Di fronte alle immagini della famiglia felice
intorno all’albero e armonia e canti di angeli
che ci propinano i media, chi, invece,
vive affettività fragili e solitudini è
travolto da un insostenibile dolore.
E tutto questo mi fa arrabbiare.
Il Dio dei poveri, il Dio che viene per i pastori,
emarginati del tempo, il Dio che non nasce
nel Tempio di Gerusalemme,
ma nella grotta di Betlemme,
viene sostituito dal dio piccino
del nostro ipocrita buonismo.
Se i nonni soli, se le persone abbandonate,
se i feriti dalla vita non hanno un sussulto di
speranza nella notte di Natale,
significa che il nostro annuncio è ambiguo,
travolto e sostituito da un inutile
messaggio di generica pace.
Esagero? Prego Dio che sia esagerazione.
Tra quattro settimane celebreremo il Natale.
Non giochiamo a far finta che poi Gesù nasce,
Gesù è già nato, morto e risorto, vive accanto a me.
Il problema è, semmai, se io sono nato.
Spero che ognuno di voi si accorga di avere accanto
l'inaudito di Dio, Gesù Cristo.
Buon cammino e Santa Domenica a tutti voi da Fausto.

venerdì 25 novembre 2011

Messaggio della Madonna a Marja 25-11-11

"Cari figli, oggi desidero
darvi la speranza e la gioia.
Tutto ciò che è attorno a voi, figlioli,
vi guida verso le cose terrene ma Io desidero
guidarvi verso il tempo di grazia perchè in
questo tempo siate sempre più vicini a mio Figlio
affinchè Lui possa guidarvi verso il suo amore
e verso la vita eterna alla quale ogni cuore anela.
Voi, figlioli, pregate e questo tempo sia per voi
il tempo di grazia per la vostra anima.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata. "

domenica 20 novembre 2011

Il valore di Dio.


Dio è un personaggio senza etichetta del prezzo,
viene valorizzato solo quando ha un contorno
che attrae la nostra attenzione,
solo allora spendiamo fortune per incontrarlo.
Che volete, siamo fatti così,
non riusciamo a capire che Dio vuole vivere il
nostro quotidiano e non vuole essere
collocato in una cornice d'oro,
ma farsi nostro compagno di viaggio,
buona Domenica a tutti voi da Fausto.

sabato 19 novembre 2011

La concretezza dell'Amore

Sono ritornato dal Santuario
dell’Amore Misericordoso e mi
sono portato nel cuore una cosa grandiosa;
l’Amore che il Signore ha per ciscuno di noi,
tutto questo lo capiamo nel Vangelo di
questa domenica di fine anno liturgico.
Fine.
Anzi, no, inizio.
Oggi termina l’anno liturgico,
anno passato con Matteo manager riuscito
e temuto, che ha gettato alle ortiche le sue
presunte conquiste per essere conquistato
dal Rabbì, Gesù di Nazareth, che ci ha
insegnato a essere discepoli.
E, al solito, l’anno termina con la
festa di Cristo Re dell’Universo.
Un ultimo invito a riflettere su chi è
Dio e su chi è il discepolo di questo Dio.
Tenetevi ai braccioli della poltrona,
perché ciò che oggi leggiamo è il non
senso di Dio, la negazione dei nostri (falsi) sogni.
Non siamo più o meno tutti convinti che
Dio sia Eterno, Onnipotente, onnipresente,
Assoluto, eccetera?
Non ce lo immaginiamo come un vecchio
con la barba, seduto su un alto trono dorato,
che sovrasta l’Universo e la Storia,
girando inpercettibilmente e stancamente,
lo sguardo sulle sue creature?
Non ci sgoliamo nelle preghiere, scocciati e affranti,
quando non veniamo esauditi?
Tutto vero. Abbastanza.
Perché, in realtà, il Dio di Gesù è più sconfitto
di tutti gli sconfitti, fragile più di ogni fragilità.
Un re senza trono e senza scettro,
appeso nudo a una croce,
un re che necessita di un cartello per essere identificato,
un re senza potere se non quello (devastante) dell’amore.
Ecco; questo è il nostro Dio, un Dio sconfitto.
Ma un Dio sconfitto per amore, un Dio che, inaspettato,
manifesta la sua grandezza nell’amore e nel perdono.
Dio, Lui si, si mette in gioco, si scopre,
si svela, si consegna, si ostende.
Dio non è nascosto, misterioso;
è evidente, provocatoriamente evidente;
appeso a una croce, apparentemente sconfitto,
gioca il tutto per tutto per piegare la durezza dell’uomo.
Gesù è venuto a dire di Dio, a raccontarlo.
Lui, Figlio del Padre, ci dona e ci dice veramente chi è Dio.
E l’uomo replica; “no grazie”.
Forse preferiamo un Dio un po’ severo e scostante,
sommo egoista, bastante a se stesso, potente,
da convincere e tenere buono.
Forse l’idea pagana di Dio che ci facciamo
ci soddisfa maggiormente perché ci assomiglia di più,
non ci costringe a conversione, ci chiede superstizione;
non piega i nostri affetti, solo li solletica.
La festa di Cristo Re ci rivela il destino
finale della nostra storia.
È una pagina da imparare bene,
visto che svela il trucco della salvezza,
visto che i termini del contratto sono espliciti.
Alla fine dei tempi, davanti al Cristo
in maestà che succederà?
Lo trovate scritto, leggete bene,
e mettete da parte il taccuino in cui abbiamo
segnato le nostre ore di preghiera, le
noiose messe e confessioni che abbiamo subìto,
e le eventuali giustificazioni da tirare fuori.
Il Signore ci chiederà se lo avremo riconosciuto
nel povero, nel debole, nell’affamato, nel solo,
nell’anziano abbandonato, nel parente scomodo.
Sì; avete capito bene.
Il giudizio sarà tutto su ciò che avremo fatto.
E sul cuore con cui lo avremo fatto.
La fede è concretezza, non parole,
la preghiera contagia la vita, la cambia,
non la anestetizza, la celebrazione continua
nella città, non finisce nel tempio.
Allora, certo, la preghiera, l’Eucaristia,
la confessione sono strumenti di comunione
col Cristo e tra noi per fare della
nostra vita il luogo della fede.
Nel mio ufficio, sul mio luogo di lavoro,
nella mia scuola, in casa a spadellare, mi salverò.
Se saprò portare la fede da dentro a fuori,
da lontano a vicino, e riconoscere il volto
del Cristo adorato nel volto del
fratello che incontro ogni giorno.
La regalità di Cristo, oggi,
si manifesta nei nostri gesti.
Cristo è Signore se sapremo sempre di più
amare i fratelli, renderli partecipi della nostra fede.
La fine di quest’anno ci richiama ancora, allora,
alla concretezza, ti fa cambiare la vita.
Un saluto ed una preghiera a tutti voi amici,
con la consapevolezza di essere amati di un
amore folle da parte del nostro Signore Gesù.
Santa Domenica di Cristo Re da Fausto.

mercoledì 16 novembre 2011

N° 4 Il ritorno del figlio più giovane.

Sperperò le sue sostanze
vivendo da dissoluto.
Quando ebbe speso tutto,
in quel paese venne una grande
carestia, ed egli cominciò a trovarsi
nel bisogno, allora andò e si
mise a servizio di uno degli abitanti
di quella regione, che lo mandò
nei campi a pascolare i porci,
avrebbe voluto saziarsi con le
carrube che mangiavano i porci,
ma nessuno gliene dava.
Allora rientrò in sé stesso e disse:
“Quanti salariati in casa di mio
Padre hanno pane in abbondanza
e io qui muoio di fame!
Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te;
non sono più degno di essere chiamato tuo figlio,
trattami come uno dei tuoi garzoni”.
Partì e si incamminò verso suo Padre!
MEDITAZIONE
Il giovane abbracciato e benedetto dal Padre,
è un uomo povero, molto povero.
Ha abbandonato la propria casa con tanto
orgoglio e denaro, deciso a vivere la sua vita
lontano dal padre e dalla comunità,
ritorna con niente, il denaro, la salute,
l’amore, il rispetto di sé, la reputazione……
ogni cosa è stata sperperata.
In questa foto vedo davanti a me un
uomo che se né andato lontano in un
paese straniero e ha perso tutto ciò
che aveva con se, in lui vedo vuoto,
umiliazione e sconfitta, lui che era
tanto simile al padre, ora sembra
peggiore dei servi di suo padre,
è diventato uno schiavo.
Che cosa è accaduto al figlio
nel paese lontano?
A parte tutte le conseguenze materiali
e fisiche, quali sono state le conseguenze
interiori per essersi allontanato da casa?
La serie di eventi è piuttosto prevedibile,
più corro lontano dal luogo in cui Dio dimora,
meno sento la voce che mi chiama,
“figlio prediletto”, e meno sento quella voce,
più rimango invischiato nelle manipolazioni
e nei giochi di potere del mondo.
Le cose stanno più o meno in questo modo;
non sono più certo di avere una casa sicura,
e osservo altra gente che, fuori sembra stare
meglio di me; chiedo come posso arrivare
dove stanno loro, cerco in mille modi di piacere,
di raggiungere il successo e gli onori,
quando fallisco mi sento geloso e risentito
nei confronti degli altri;
quando ho successo, mi secca che gli altri
possano essere gelosi
o risentiti nei miei confronti;
“ECCO L’INVIDIA”.
Divento sospettoso e mi metto sulla difensiva
e ho sempre più paura di non raggiungere
ciò che tanto desidero o di perdere ciò che già ho.
Impigliato in un groviglio di esigenze e desideri,
non conosco più le mie stesse motivazioni,
mi sento ingannato dal mio stesso ambiente
e diffidente di ciò che gli altri fanno o dicono,
sempre in guardia, perdo la mia libertà
interiore e comincio a dividere il
mondo in coloro che sono per me
e coloro che sono contro di me;
mi chiedo se veramente qualcuno
si interessa di me; comincio a cercare
conferme alla mia diffidenza e, dovunque vada,
ne ho la prova e dico;
“non ci si può fidare di nessuno”,
e poi mi chiedo se qualcuno mi abbia mai amato,
il mondo intorno a me diventa oscuro,
il cuore si fa pesante, il corpo è pieno
di dolori, la vita perde significato.
Sono diventato un’anima perduta.
Il figlio più giovane si rese pienamente
conto della sua totale rovina quando più
nessuno nel suo ambiente mostrò
il minimo interesse nei suoi confronti.
Lo avevano tenuto in considerazione
soltanto finche era stato utile ai loro interessi,
ma quando non ebbe più denaro da spendere
e doni da fare, per loro cessò di esistere,
non è difficile immaginare cosa significhi essere
un individuo del tutto estraneo,
una persona cui nessuno mostra un
qualche segno di riconoscimento.
La vera solitudine arriva quando non
si riesce più a sentire di avere delle cose in comune,
quando nessuno voleva dargli il cibo che lui
stesso distribuiva ai maiali, il figlio più giovane
si accorse di non essere considerato
nemmeno un essere umano:
“ECCO LA DESOLAZIONE”.
In quel momento sentì tutto il vuoto del
suo isolamento, la solitudine più profonda
di cui l’uomo possa fare esperienza;
era davvero perduto, ma fu questa sensazione,
di essere completamente perduto a
farlo rientrare in se stesso.
Fortemente scosso dalla consapevolezza
della sua totale nullità, capì immediatamente
di essersi imbarcato in un’avventura di morte,
si era talmente sradicato da ciò che dà vita e cioè,
che si rese conto che la morte
sarebbe stata il fatale prossimo passo.
All’improvviso vide con chiarezza il sentiero
che aveva scelto e dove questo lo avrebbe condotto;
capì la sua scelta di morte; e intuì lucidamente
che un altro passo ancora nella direzione che
stava seguendo lo avrebbe portato all’autodistruzione,
in quel momento critico, quale
molla gli fece scegliere la vita!
Fu la riscoperta della parte
più profonda di se stesso.
Il significato del ritorno del figlio più giovane
è condensato nelle parole:
“Padre non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”.
Da un lato il figlio più giovane si rende conto di
aver perso la dignità della sua condizione di figlio,
ma allo stesso tempo quel senso di dignità perduta
gli fa capire che egli è davvero il figlio
che aveva una dignità da perdere.
Il ritorno del figlio più giovane avviene
proprio nel momento in cui recupera la
sua condizione di figlio, anche se ha perso
tutta la dignità che le è propria,
infatti è stata la perdita di ogni cosa a
portarlo alla radice della sua identità,
ha scoperto il fondamento della sua
condizione di figlio, in definitiva
sembra che il figlio abbia dovuto perdere
ogni cosa per conoscere il significato
profondo del suo essere, quando si è
trovato a desiderare di essere trattato
come uno dei porci, si è reso conto di non
essere un porco, ma un essere umano,
un figlio di suo padre, il rendersi conto
di questo è diventato la base della
sua scelta di vivere invece di morire.
Tornato di nuovo a contatto con la verità
della sua condizione di figlio,
ha potuto udire-----anche se in modo
appena percepibile la voce che lo chiamava,
“figlio prediletto”, e sentire sebbene da
lontano il tocco della benedizione,
la consapevolezza e la fiducia nell’amore del padre,
per quanto possano essere stati confusi,
gli hanno dato la forza di rivendicare
la propria condizione di figlio,
anche se tale rivendicazione non
poteva basarsi su alcun merito.
Quante persone per ascoltare un
presunto amico si perdono,
non riconoscono più la casa paterna
e se ne vanno lontano e ci rimangono,
finche dopo aver sperperato tutti i beni avuti,
magari ridotti in un tunnel senza uscita,
perché i presunti amici si erano volatilizzati
e pensando come stavano bene prima,
si sono messi in ascolto, magari più per
disperazione che per volontà e riuscendo
nella disperazione a trovare magari un
amico di quelli veri che con pazienza è
riuscito a fargli risentire quella flebile voce che dice:
“Tu sei il mio figlio prediletto,
in te mi sono compiaciuto”.
È un’esperienza dolorosa perché per
capire devi precipitare fino in fondo,
d’altra parte è una nostra scelta, perché Dio dice:
“Io ti ho posto davanti la vita e la morte,
la benedizione e la maledizione;
scegli dunque la vita, perché viva tu e
la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio,
obbedendo alla sua voce e tenendoti vicino a Lui”!
In effetti è una questione di vita o di morte,
vogliamo accettare il rifiuto del mondo che
ci imprigiona, oppure rivendicare
la libertà dei figli di Dio?
A noi la scelta!
Giuda ha tradito Gesù!
Pietro lo ha rinnegato!
Entrambi sono diventati figli perduti!
Giuda, non riuscendo più a sostenere
la verità di non essere per sempre figlio di Dio,
si è impiccato, perciò ha venduto anche la
sua condizione di figlio, praticamente
non ha creduto nella Misericordia del Padre.
Pietro, nel colmo della sua disperazione,
l’ha rivendicata ed è tornato
piangendo molte lacrime.
Giuda ha scelto la morte!
Pietro ha scelto la vita!
Dobbiamo renderci conto che questa
scelta è sempre davanti a noi,
siamo continuamente tentati di cadere
nello smarrimento e di perdere contatto
con la nostra umanità dataci da Dio,
con le beatitudini fondamentali della
vita che ci è stata donata e, così lasciamo
che le forze della morte prendano il sopravvento.
Questo succede sempre ogni volta che
diciamo a noi stessi: “Non siamo buoni,
siamo inutili, non valiamo niente,
siamo antipatici, non siamo nessuno”.
Ci sono sempre un’infinità di eventi e
di situazioni che possiamo scegliere
per convincerci che la nostra vita non
vale la pena di essere vissuta, che siamo
solo un peso o un problema, molte persone
vivono con questo oscuro senso interiore,
e a differenza del figlio prodigo, lasciano che
l’oscurità li avvolga in modo così totale
che non rimane loro alcuna luce per girarsi
indietro e tornare, possono anche non
uccidersi fisicamente, ma spiritualmente
non sono più vivi, hanno abbandonato
la fede nella propria bontà originale e,
perciò, anche nel Padre cui devono la loro umanità.
Ma quando Dio creò l’uomo e la donna
a sua immagine e, vide che quanto aveva fatto,
“era cosa molto buona”, e nonostante le voci oscure,
né uomo né donna potranno mai cambiare quell’evento.
Scegliere la nostra condizione di figli,
non è comunque facile, le voci oscure
del mondo che ci circonda cercano di
persuaderci che non siamo buoni e che
possiamo diventarlo soltanto se ci
conquistiamo la nostra bontà arrampicandoci
sulla scala del successo, queste voci ci
conducono ben presto a dimenticare la
voce che ci chiama, “figlio mio prediletto”,
e che ci ricorda che siamo amati indipendentemente
da qualsiasi applauso o risultato, queste voci
oscure soffocano quella voce gentile, tenue e
luminosa che continua a chiamarci,
“il mio prediletto”, ci trascinano alla
periferia della nostra esistenza e ci
fanno dubitare che c’è un Dio che ama
e che ci aspetta proprio al centro del nostro essere.
Ma lasciare il paese straniero è soltanto l’inizio,
la strada verso casa è lunga e ardua,
che fare allora lungo la strada del ritorno al Padre?
Ciò che fa il figlio prodigo è chiaro,
appena è cambiato, prepara una specie di sceneggiata,
e ricordando la sua condizione di figlio,
dice a se stesso: “Mi leverò e andrò da mio
padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro
il cielo e contro di te, non sono più degno
di essere chiamato tuo figlio,
trattami come uno dei tuoi garzoni”.
Un saluto amici, ora vado a dormire perché
domattina parto per il Santuario dell’Amore
Misericordioso a Collevalenza (PG), la
Pregherò per tutti voi.
Il resto alla settimana prossima ciao

mercoledì 9 novembre 2011

L malattia del sole e della terra.

Stiamo vedendo le tante
disgrazie causate dalla natura,
che purtroppo noi abbiamo voluto
sfidare e ne stiamo pagando il prezzo,
purtroppo molto alto.
Difatti,
che profitto trae l'uomo da
tutto il suo lavoro, dalle sue preoccupazioni
del suo cuore, dal suo profitto,
smisurato, da tutto quello che gli è
costato tanta fatica sotto il sole?
L'uomo non è mai contento.
Se piove si lamenta, se non piove anche.
Se fa caldo si arrabbia, se fa freddo lo stesso.
Se il sole picchia si lagna e si lamenta che fa male.
Se fa freddo allora il sole è malato!
Ma ci siamo mai chiesti se non siamo noi i Malati?
Ci siamo mai chiesti perchè la luce di Dio
non brilla nella nostra vita come vorremmo?
Ci preoccupiamo del sole che è malato,
ma spesso dimentichiamo che la causa
della sua malattia siamo proprio noi!
Non é Dio che si è allontanato da noi,
ma siamo noi a starcene distanti.
Se solo accettassimo il suo smisurato
e incondizionato amore!
Il sole, malato o no, continua ogni giorno
ad illuminare le nostre giornate
e a riscaldarci con i suoi raggi.
Lo stesso fa il Signore.
Egli è sempre presente, per tutti,
e sopratutto per i malati!
Egli bussa al nostro cuore,
apriamogli e lasciamoci
inondare dal suo caldo amore.
Con affetto Fausto, ciao a tutti.

martedì 8 novembre 2011

Messaggio della Madonna a Medjugorje.

Io vi invito alla luce che voi dovete portare
agli uomini che vivono nelle tenebre.
Ogni giorno nelle vostre case giungono
persone che sono nelle tenebre.
Cari figli, donate loro la luce.
Betlemme non aveva una Elisabetta,
non aveva un profeta, qualcuno che riconoscesse
chi era Colei che cercava un rifugio,
e così Gesù nacque in una stalla.
Terribile è vivere in una
parrocchia dove non c'è un profeta.
Terribile è vivere in una diocesi o in una
casa dove non c'è un profeta.
Quando la luce è spenta, uno non vede a causa del buio.
Il Rosario è la lampada.
Ogni Ave Maria è una nuova goccia di olio che cade e
riempie la nostra lampada e la nostra vita.

sabato 5 novembre 2011

Un pensiero per Dio

Buona giornata a tutti voi amici.
Pensiamo che Dio nostro Padre
sta aspettando che noi apriamo
gli occhi per darci il benvenuto
al nuovo giorno e se possibile
fare una chiaccherata con noi,
parlare dei nostri problemi
delle nostre ansie,
i nostri dolori ma anche delle nostre gioie,
allora invitiamolo a bere il caffe con noi
diamogli un attimo del nostro tempo e la nostra
giornata sarà più serena attraverso il suo Amore.

N° 3 Il figlio più giovane.

Il figlio più giovane disse al padre:
“Padre dammi la parte del
patrimonio che mi aspetta”,
e il padre divise tra loro le sostanze.
Dopo non molti giorni, il figlio più giovane,
raccolte le sue cose, partì per un paese lontano.
Nel ritorno ci deve essere sempre una partenza.
Ritornare è tornar-a-casa dopo aver-lasciato-casa,
un ritorno dopo essersene allontanati.
Il padre che accoglie il figlio a casa è
felice perché questo figlio;
“era morto ed è tornato in vita,
era perduto ed è stato ritrovato”.
La gioia immensa nel dare il benvenuto
al figlio perduto, nasconde il dolore immenso
sofferto prima.
Il ritrovamento presuppone la perdita;
prima del ritorno c’è la partenza.
Per arrivare a comprendere
ed approfondire il ritorno,
bisogna esplorare gli eventi dolorosi della partenza.
Immaginiamo il padre avvolto nella sua tunica
che abbraccia il Figlio coperto di stracci,
(aveva sperperato tutto perciò si
presume non avendo più soldi,
che fosse vestito di cose vecchie e logore),
i quali tradiscono la grande miseria
che è dentro di lui.
Nel contesto di un abbraccio compassionevole,
il fallimento dell’uomo può apparire bello,
ma non ha altra bellezza se non quella che
viene dalla Misericordia che lo circonda.
Per capire a fondo il mistero della Misericordia,
bisogna guardare la realtà che la ricorda.
Perché assai prima di rientrare in se stesso e
tornare a casa il figlio è partito.
Ha detto al padre,
“dammi la parte del patrimonio che mi spetta”,
poi ha messo insieme tutto ciò
che ha ricevuto ed è partito.
Tutto questo è un evento inaudito, offensivo,
perché nel modo con cui il figlio se ne va
è come se desiderasse la morte del padre.
Pensiamo, il figlio chiede la divisione dell’eredità,
ma anche il diritto di disporre della propria parte,
quell’eredità che non ha diritti fino alla morte
del padre, quel dammi vuol dire,
padre non posso aspettare che tu muoia,
praticamente gli augura la morte.
La partenza del figlio è un atto molto più offensivo
di quanto sembra, mentre si fa la lettura.
È un rifiuto crudele della casa in cui
il figlio è nato e cresciuto,
è un drastico taglio rispetto al modo di vivere,
pensare e agire che gli è stato trasmesso,
più che di mancanza di rispetto si tratta,
di un tradimento dei valori che la
famiglia stessa gli aveva insegnato.
Andarsene da casa è, la negazione
della realtà spirituale che appartengono
a Dio in ogni parte del nostro essere, cioè,
che Dio ci tiene al sicuro in un abbraccio eterno,
che siamo veramente scolpiti nelle palme delle
mani di Dio e nascosti alla loro ombra.
Andarsene da casa significa ignorare la verità,
che Dio ci ha, “formati nel segreto,
intessuti nelle profondità della terra e tessuti
nel seno della nostra Madre”.
Andarsene da casa è partire come se
ancora non avessimo una casa e dovessimo
cercare in lungo e in largo per trovarne una.
La casa è il centro del nostro essere,
dove possiamo udire la voce che dice:
“Tu sei il mio figlio prediletto,
in te mi sono compiaciuto”,
la stessa voce che ha dato vita al primo Adamo,
poi ha parlato a Gesù, il secondo Adamo;
la stessa voce che parla a tutti i figli di Dio
e li rende liberi di vivere in un mondo
tenebroso rimanendo nella luce.
Tanti di noi hanno udito quella voce…..
ci ha parlato in passato e
continua a parlarci ora.
È la voce mai interrotta dell’Amore
che parla dell’eternità e dà vita e amore
ogni qualvolta viene udita.
“Io quando sento quella voce,
so di essere a casa con Dio e,
non ho niente da temere,
come il figlio prediletto del mio Padre celeste,
“se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché Tu sei con me”.
Come il figlio prediletto, posso, “guarire gli infermi
(quelle persone che sono lontane dalla fede),
risuscitare i morti
(pregare per le persone ammalate),
sanare i lebbrosi
(aiutare chi è nel peccato a ritrovare il Padre), avendo
ricevuto gratuitamente, così devo donare gratuitamente agli altri.
Come il figlio prediletto,
posso affrontare le difficoltà, consolare,
ammonire e incoraggiare senza paura di rifiuto,
come il figlio prediletto posso essere torturato
e ucciso senza dover mai dubitare che l’Amore
che mi è dato è più forte della stessa morte,
come il figlio prediletto, sono libero di vivere e di
dare la vita, libero anche di morire mentre do la vita.
Gesù mi ha fatto capire chiaramente
che la stessa voce che Lui ha udito sulla riva
del Giordano e sul monte Tabor,
può essere udita anche da me.
Mi ha fatto capire chiaramente che proprio come
Lui ha la sua casa con il Padre, così posso averla anch’io.
Pregando il Padre per i suoi discepoli,
Egli dice: “Essi non sono del mondo,
come io non sono del mondo,
consacrali nella verità.
Come Tu mi hai mandato nel mondo,
anch’io li ho mandati nel mondo, per loro Io consacro
me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità”.
Queste parole rivelano il nostro vero domicilio,
la nostra vera dimora, la nostra vera casa,
Fede è la fiducia radicale che la casa è
stata sempre lì e sempre sarà lì,
con le mani del Padre che si posano
sulle spalle del figlio prodigo,
con l’eterna benedizione divina:
“Tu sei il mio figlio prediletto,
in te mi sono compiaciuto”.
Però più e più volte tuttavia ce ne
siamo andati da casa,
ci siamo sottratti alle mani della benedizione
e siamo fuggiti verso paesi lontani
in cerca di qualcosa di diverso,
(questo si verifica quando cadiamo nel peccato).
Questa è la tragedia della nostra vita
è la vita di tantissime persone che sono
alla ricerca vana di un po di serenità nel mondo.
In qualche modo siamo diventati sordi alla
voce che ci chiama figli prediletti,
abbiamo lasciato l’unico posto dove possiamo
udire quella voce e ce ne siamo andati
sperando disperatamente di trovare da qualche
altra parte ciò che non potevamo più trovare a casa,
ma è pura illusione.
Amici, siamo arrivati all'inizio della meditazione
con il figlio che se ne vuole andare in cerca di
una vita nuova fuori dalle regole e il Padre anche
se a malincuore lo lascia andare perchè faccia
la sua esperienza, poi si mette in attesa del
suo ritorno con tanta pazienza.
Fine settimana piena di impegni cominciando
da Sabato con l'incontro Mariano a Verona,
pregherò per tutti voi che non potete esserci
e vi auguro una Santa Domenica. Fausto

giovedì 3 novembre 2011

Messaggio della Madonna del 2 Novembre a Mirjana



Cari figli, il Padre non vi ha lasciato a voi stessi.
Il suo amore è immenso,
l’amore che mi conduce a voi per
aiutarvi a conoscerlo, affinché tutti,
per mezzo di mio Figlio, possiate
chiamarlo “Padre” con tutto il cuore e
affinché possiate essere un popolo nella
famiglia di Dio.
Ma, figli miei, non dimenticate che non
siete in questo mondo solo per voi stessi e
che io non vi chiamo qui solo per voi.
Coloro che seguono mio Figlio pensano al
fratello in Cristo come a loro
stessi e non conoscono l’egoismo.
Perciò io desidero che voi siate la luce di mio Figlio,
che voi illuminiate la via a tutti coloro
che non hanno conosciuto il Padre, a tutti
coloro che vagano nella tenebra del peccato,
della disperazione, del dolore e
della solitudine e che mostriate loro con la vostra vita l’amore di Dio.
Io sono con voi! Se aprite i vostri cuori vi guiderò.
Vi invito di nuovo: pregate per i vostri pastori! Vi ringrazio».

mercoledì 2 novembre 2011

Messaggio della Madonna a Medjugorje

Quando vengono le prove e i problemi,
allora dite: "Dio, Madre, dove siete?".
Io aspetto solo che voi mi diate il
vostro sì per porgerlo a Gesù,
affinchè Egli vi ricolmi della Sua grazia.
Oggi, si attende il tuo sì, il tuo fiat.
Come lo dirai? La Madonna ci dice;
attraverso la preghiera.
Con la preghiera di Cristo noi diciamo il nostro sì.
Padre sia fatta la Tua volontà.
Sia santificato il Tuo nome.
Se soltanto imparassimo quest'unica preghiera,
se la imparassimo veramente, come sarebbe potente!