VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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sabato 17 settembre 2011

Siate generosi operai della vigna.

Questa settimana è passata velocemente
nella mia vita, portandomi speditamente
alla partenza per Medjugorje
che avverrà il 27 Settembre,
Venerdì scorso però Maria ha chiamato
a raccolta i suoi fedeli in un incontro
in cui ha partecipato la veggente Marja,
quante persone hanno partecipato all’evento,
eravamo veramente in tanti.
Poi dicono che le persone non vanno più in chiesa,
non è vero, non credo che tutti quelli presenti siano
venuti soltanto per la curiosità di vedere la veggente,
tanti hanno sfidato il sole e il caldo per pregare
in un modo famigliare caro alla Madonna,
non credo che i presenti siano stati tutti dei cretini,
anzi, sono convinto del contrario,
tutti erano la perché amano Gesù Cristo,
visto che è proprio Lui che manda sua Madre
in mezzo a noi per richiamarci alla fede e
senz’altro in quella folla ci saranno
stati quelli della prima ora, i primi chiamati,
ma anche quelli dell’ultima ora,
e tutti hanno avuto lo stesso trattamento,
l’Amore e la Misericordia del Signore
e tutto gratuitamente, come al solito.
Insisto spesso sulla gratuità di Dio.
Gratuità assoluta, sconcertante,
che ne svela la bontà profonda,
che ne mostra l’autentico volto.
Il Vangelo, però, è tutto un intreccio
d’incomprensioni rispetto a questa bontà.
Così il prologo di Giovanni ci ricorda che le tenebre
non hanno accolto la luce (Giovanni 1,11),
la splendida parabola del figliol prodigo (Luca 15)
ci parla di due fratelli che non hanno ancora
capito il volto del padre, uno scambiandolo per un
ostacolo alla sfrenata libertà, l’altro nella ristrettezza
di un dovere sopportato a malincuore.
Dio è troppo buono.
Forse dovrebbe intervenire di più e
punire i malvagi (sempre gli altri).
Il perdono, anche quello di Dio, è eccessivo.
La parabola di oggi racconta un
fatto abituale in Palestina;
un padrone va in piazza ad assumere
alcuni braccianti per la vendemmia.
Una scena normale, in apparenza.
L’anormalità, semmai, sta nel padrone,
che si ostina—fino alle cinque del pomeriggio a
dare lavoro ai disoccupati.
Torna in piazza per far lavorare
anche solo un’ora i più disperati.
Alla fine della giornata accade il fattaccio.
Il padrone, lo avete letto, ha pattuito con i primi la
paga di un denaro per la giornata di lavoro.
Un buon prezzo, il giusto, ci dicono gli storici.
Al momento della paga inizia a pagare gli ultimi,
quelli che hanno lavorato solo un’ora
e—sorpresa!—dà loro un denaro.
A quella vista, gli operai della prima
ora gongolano e pensano; a noi darà di più.
Ma, quand’è il loro turno, restano di sale;
come pattuito anch’essi ricevono un denaro di paga.
A questo punto tutti ci aspetteremmo che dicano
al padrone: “Dacci di più!”, come normale.
Invece chiedono che gli ultimi sia dato di meno.
Non dicono ciò che pensano, non vogliono fare
la figura dei pitocchi; tanto era stato pattuito.
Vogliono fare i giusti, mascherando la loro piccolezza
dietro un nobile sentimento e una questione di principio.
Un denaro è considerato il salario minimo giornaliero
per far vivere una famiglia palestinese ai tempi di Gesù.
È come se i primi chiedessero la morte degli ultimi,
facendo dar loro una paga inferiore alla sopravvivenza.
Dietro una questione di giustizia si nasconde,
come spesso accade, una meschinità assoluta.
Il padrone si arrabbia, e fa bene.
Lui è buono, non sciocco.
È buono, e quindi giusto, e svela
la malvagità nascosta dei primi operai.
È sconcertato il padrone; il suo gesto—nobile,
dignitoso, signorile, di far lavorare un’ora soltanto
per mantenere qualche famiglia in più,
senza fare elemosina, senza umiliare adulti volonterosi,
è interpretata come una debolezza.
Nessuno nota questa generosità,
l’avidità prende il sopravvento.
Che paga ci aspetta alla fine della nostra giornata lavorativa?
Che visione abbiamo del premio che il Signore ci riserva?
Alcuni pensano; compio più o meno i miei doveri religiosi,
non faccio del male, non uccido,
quindi alla fine ci sarà il denaro di ricompensa.
In un certo senso mi “merito” il paradiso.
Non è, però, ambiguo questo termine?
Davvero possiamo “meritare” la presenza di Dio?
O non è più giusto dire che il Signore gratuitamente
riempie il nostro cuore e che a noi, semmai,
spetta di preparare il cuore a riceverlo?
Gli operai della prima ora, come i figli del Padre prodigo,
non hanno colto con chi hanno a che fare.
Hanno ridotto la loro fede a fatica e sudore.
Guardano con sospetto gli altri,
quasi concorrenti dei loro privilegi.
Non è così per chi ha colto la luce del Vangelo.
Stupiti, abbagliati dalla bontà del padrone,
gioiamo per la grazia di poter lavorare nella vigna,
gioiamo per la possibilità
che altri fratelli, anche all’ultimo,
possano accogliere la grazia che ci ha trasformato.
La bontà di Dio contagi la nostra vita,
in modo da rendere la nostra giornata lavorativa,
sin d’ora, immagine di quella gioia che il Signore
riverserà nei nostri cuori forgiati dalla fatica dell’amore.
Il nostro Dio, mite e umile di cuore,
che per primo ha vissuto questa parabola
dall’albero della croce accogliendo il buon ladrone,
ci faccia uscire dalle ristrettezze di una
fede “sindacale” per percepire, almeno un poco quale
braciere d’amore e di bontà è il suo cuore.
Buona vendemmia, anche se ce ne siamo appena
accorti della bontà dell’amore del Signore.
Partirò questa volta con quasi tutte persone
che è la prima volta che vengono a Medjugorje,
ma prego il Signore e Maria perché possano ricevere
tutto quello che ho ricevuto io fino ad adesso,
anche se sono quelli dell’ultima ora.
Coraggio allora, pensiamo anche agli ultimi,
anche loro hanno il diritto di ricevere
la stessa paga dei presunti primi.
Buona e Santa Domenica a tutti da Fausto.

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