VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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domenica 21 marzo 2010

COL CUORE A NAZARET

Giovedì la Chiesa ricorda l'Annuncio di Dio a Maria,
che nel suo grembo custodirà il Figlio suo e,
sarà il Salvatore del Mondo.
L'Annuncio ha voluto fosse fatto dall'Angelo Gabriele,
in umiltà e nel nascondimento, fuori dai frastuoni del mondo.
Pensiamo di entrare a Nazareth nel mistero dell’incarnazione.
Perché proprio Nazareth?
Perché era un paese di povera gente ignorante.
Gente in prevalenza pastori, dichiarati a quei tempi dei poco di buono;
e Gesù nella sua umiltà volle venire su questa terra proprio fra gli ultimi.
Pensiamo di respirare quell’aria particolare in un giorno di primavera,
dove con un fremito d’ali, l’Angelo Gabriele entrò in quella povera casa,
ad annunciare a Maria che in Lei il Verbo si sarebbe fatto carne.
Quante volte abbiamo ascoltato questo brano del Vangelo!
Credo che ad ognuno di noi verrebbe voglia,
di rivivere quei momenti misteriosi,
in cui con semplicità e umiltà l’Angelo apparve a quella fanciulla di Nazareth:
“Ave Maria, piena di grazia”.
Allora da questo momento solenne,
con la nostra mente inizieremo a seguire la vita di Gesù, i passi di Gesù,
col bruciante desiderio di resuscitare in noi la sua presenza,
la sua Parola, il suo Amore.
Questo cammino deve essere soprattutto un cammino interiore,
un cammino dell’anima;
e quello che veramente conta è la disposizione dello spirito,
e l’apertura del cuore.
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L’Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea,
chiamata Nazareth, a una vergine,
promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe.
La vergine si chiamava Maria.Entrando da lei disse:
“Ti saluto o piena di grazia, il Signore è con te”. (Luca 1.26-28)
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Al tempo dell’Annunciazione,
Nazareth era un villaggio nascosto fra i monti, solitario,
emarginato dalle grandi vie di comunicazione, quasi sconosciuto.
Solo Dio, che si compiace di;
“elevare le piccole cose e di umiliare le grandi”,
riguardò a questo; “fiore di Galilea”, per cercarvi; “la casa di Maria”,
dove si è compiuto il mistero dell’Incarnazione.
Da qui il Messia, ha osato irrompere nella storia umana e,
spezzarla in due.
Ma non è soltanto il tempo che nasce qui.
Qui nasce la preghiera che è cara a tutti,
la preghiera che abbiamo cominciato a balbettare da bambini,
la prima preghiera che ci hanno insegnato:
“Ave Maria piena di grazia”.
L’Ave Maria è stata pronunciata qui per la prima volta.
È la prima preghiera del tempo cristiano.
È la nostra prima preghiera.
Ed è anche l’ultima preghiera quella che i sacerdoti,
recitano agli orecchi dei moribondi.
Ed è la preghiera che anche noi chiediamo spesso;
quante volte a qualcuno abbiamo detto:
“Dì un’Ave Maria per me”.
L’Ave Maria è diventata il simbolo della preghiera.
Il saluto dell’Angelo a quella fanciulla è diventata,
la prima e l’ultima preghiera di ogni credente in Cristo.
Allora possiamo dire che la nostra fede si accende a Nazareth.
E quando noi pensiamo al mistero dell’Annunciazione,
sentiamo che la fede e il tempo,
si incontrano su questo avvenimento.
Si può dire che gli uomini, le circostanze, la storia,
acquistano il loro significato direttamente da qui.
Gli uomini dell’Antico Testamento, gli uomini dell’antica alleanza,
hanno atteso con tanta speranza questo momento,
che era stato promesso da Dio: “Verrà una donna”!
E quando questa donna è venuta, inconsapevole dell’attesa dei secoli,
la risposta alla speranza di Dio e alla speranza degli uomini è stata:
“Ave Maria”, le dice l’Angelo; e lei rispose:
“Ecce Ancilla Domini”, che vuol dire:
“Ecco l’Ancella del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola”.
Mettiamola sempre quest’Ave!
L’ha pronunciata il messaggero di Dio, è il messaggio di Dio,
è la confessione dei sentimenti di Dio per questa fanciulla di Galilea.
Ti salutiamo, o Vergine piena di grazia,
che hai suscitato la compiacenza di
Dio così pienamente, che Dio si è stabilito in Te, e con Te.
Ti salutiamo, opera di Dio, esclusivamente sua.
Ti salutiamo, Ancella di Dio, ammessa alla dolce intimità di Dio,
intima in Lui.
Ti salutiamo, benedetta fra le donne…..
Non dimentichiamo mai, non finiamo mai di meditare l’Ave.
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“A queste parole Ella rimase turbata e,
si domandava che senso avesse un tale saluto.
L’Angelo le disse: “Non temere, Maria,
perché hai trovato grazia presso Dio.
Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo;
il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e,
regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.
Allora Maria disse all’Angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”.
Le rispose l’Angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di Te,
su Te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo.
Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio”.
(Luca 1,29-35)
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Tutti conosciamo la spiegazione biblica del male,
del dolore, della morte che è nel mondo;
sappiamo che la causa del male,
che si è instaurato nella nostra natura umana,
risale a un peccato originale, a una frattura,
a una specie di scelta fondamentale dell’uomo,
che si è direttamente staccato da Dio scegliendo la strada di se stesso.
Ma Dio non ha abbandonato l’uomo.
Nella sua misericordia,
ha guardato la miseria a cui l’uomo era destinato e gli ha
lasciato la speranza; la speranza della salvezza,
che sarebbe venuta da una donna.
Questa speranza entra nella storia dell’umanità,
proprio all’inizio del mondo.
Quando Adamo ha peccato e si nasconde,
Dio lo cerca: “Adamo, dove sei?”.
Questo Dio, che sempre ricerca l’uomo,
si mette sulle tracce di Adamo,
perché non vuole che l’uomo dovendosi allontanare,
dovendo fare l’esperienza del rifiuto di Dio,
dovendo imparare che generare è soffrire,
che lavorare è sudare, che camminare sulle strade
significa insanguinarsi fra le pietre e le spine,
non vuole che l’uomo esca dal Paradiso terrestre senza un dono,
un dono immenso.
Nella sua misericordia, Dio regala all’umanità peccatrice Maria,
l’Immacolata:
“Porrò inimicizia fra te e la donna, dice al serpente,
fra il tuo seme e il seme di Lei;
Essa ti schiaccerà la testa.
Ed è l’irreversibile vittoria del bene sul male.
Ognuno di noi conserva nel proprio segreto qualche debolezza personale.
In fondo a quell’abisso, dove noi nascondiamo il nostro “Io”,
nel fondo della nostra miseria, dei nostri limiti,
là si comincia a capire Maria,
l’unica creatura libera dal peccato originale, esente da ogni macchia,
più pura del cristallo, luminosa fin nel profondo.
Tutti, come poveri peccatori, ci presenteremo a Dio.
Ma in questa immensa processione di peccatori,
alla testa di essa, c’è Lei;
per ridare a questa nostra umanità peccatrice il conforto della speranza,
la garanzia della riabilitazione dal peccato.
La porta del Cielo è Lei, Lei senza colpa.
È chiaro; che in Maria il peccato non vive,
perché c’è in Lei la morte del peccato, c’è Cristo.
Tutta la ragione dell’Immacolata Concezione di Maria,
è nella sua divina maternità;
è questa divina maternità che forma la dignità più alta di Maria,
perché esige che Maria abbia una santità senza misure, elevata sopra a tutti,
gli Angeli e i Santi, come si addice alla Madre di Colui che è la Santità stessa.
Mistero dolce e profondo;
Maria avanza innanzi alla triste schiera dei figli di Adamo,
immacolata e radiosa:
“Come una rosa tra le spine,
così brilla la mia diletta in mezzo ai figli di Adamo”.
Il Regno dei Cieli sulla terra inizia con l’Ave Maria di Gabriele.
Il suo termine non sarà che un’Ave trionfante alla Madre della salvezza.
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“Vedi; anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia,
ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei,
che tutti dicevano sterile; nulla è impossibile a Dio”.
Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore,
avvenga di me quello che hai detto”.
E l’Angelo partì da Lei. (Luca 1.36-38).
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C’è il mistero dell’Annunciazione a Maria,
ma c’e anche il mistero dell’annunciazione che riceviamo noi,
nella nostra vita.
noi non ce ne accorgiamo,
ma milioni di angeli passano nella nostra storia personale,
a portarci un’annunciazione, a portarci il messaggio di Dio.
Non sarà l’Arcangelo Gabriele come a Maria, ma c’è un angelo,
c’è un annuncio che il Signore ci manda;
ce lo manda attraverso gli uomini,
attraverso un’emozione del cuore, una gioia o un dolore.
Quest’annuncio è un atteggiamento
permanente di Dio verso ciascuno di noi.
L’annunciazione non è soltanto l’evento di Nazareth;
è un evento perenne della nostra vita.
Guai a noi se diremo di non avere avuto delle annunciazioni.
Avremo una coscienza sorda,
un cuore chiuso alla percezione del messaggio,
che un Angelo continuamente ci porta da parte di Dio.
Allora facciamo attenzione,
cerchiamo di capire questi segni del Cielo che sono le annunciazioni.
Chiediamo a Maria questa grazia, perché ci possiamo accorgere di
questo passaggio d’ali nella nostra vita.
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Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe,
prima che andassero a vivere insieme,
si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla,
decise di licenziarla in segreto.
Mentre però stava pensando a queste cose,
ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse:
“Giuseppe, figlio di Davide,
non temere di prendere con te Maria, tua sposa,
perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù;
Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Tutto questo avvenne perché si adempisse
ciò che era stato detto dal Signore,
per mezzo del profeta: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio
che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi”.
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva
ordinato l’angelo del Signore e,
prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse,
partorì un figlio, che egli chiamò Gesù. (Matteo 1.18-25)
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Dio entra nella storia degli uomini attraverso il Fiat della,
Vergine Maria.
Ma c’è un altro Fiat che accompagna quello di Lei;
è il Fiat di Giuseppe.
Giuseppe era un uomo giusto, ci dice la Scrittura.
Nel suo significato biblico, il “giusto”
è colui che è fedele e osserva la legge di Dio.
Maria, Vergine colma della Grazia e della presenza del Signore,
e a Giuseppe uomo giusto, Dio chiede un Fiat,
che è una fede incrollabile nei misteriosi disegni divini,
è una spada che trapasserà i loro cuori,
è un calvario che inizierà subito,
con la stalla di Betlemme e la fuga in Egitto.
Ma Maria e Giuseppe pronunciano umilmente questo Fiat,
ed entrano nel piano di Dio, nella storia della salvezza.
Credo che ognuno di noi abbia più di una volta fatto esperienza,
che il piano di Dio si è imposto nella nostra vita,
sovrastando il nostro piano.
E noi non abbiamo saputo acconsentire al piano di Dio.
Con troppa leggerezza rispondiamo durante la Messa:
“Rendiamo grazie a Dio”.
Ma poi, quando Tu o Dio, intervieni nella mia vita con certe prove,
con certi dolori, con situazioni che non combinano con la mia logica,
o con il mio cuore o con i miei desideri o
con i miei sogni o con le mie speranze,
allora sono coerente con le mie parole?
Rendo davvero grazie a Dio?
Mi conservo fedele, oppure mi allontano?
È triste arrivare al termine della propria esistenza,
senza aver saputo accettare il progetto di Dio;
essersi ribellati, induriti, urtati contro il progetto di Dio.
E quindi aver vissuto senza pace interiore;
perché la pace vera la sentiamo entrando
sia pure faticosamente nella volontà di Dio;
la pace è dove è il piano di Dio; la pace si trova lasciando fare a Dio,
come ha fatto Maria, come ha fatto Giuseppe.
Che i due grandi fiat di Nazareth, i due grandi obbedienti di Nazareth,
ci aiutino a chinare la testa dolcemente, fiduciosamente,
ogni volta che Dio ha per noi un disegno diverso dal nostro.
Ci aiutino a dire “Sì” per la vita di ieri,
per quella di oggi e per la nostra vita di domani;
a dire “Sì” per sempre, anche per le prove che non abbiamo accettato ieri,
ed anche per le prove di domani.
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In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e,
raggiunse in fretta una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.
Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria,
il bambino le sussultò nel grembo.
Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce:
“Benedetta Tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!
A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi,
il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.
E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”.
(Luca 1.39-45).
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Fino ad ora, abbiamo meditato su questa
fanciulla di Nazareth ardente di amore,
abbagliante di purezza, abbiamo meditato sull’Angelo Annunziante,
che recita per la prima volta nella storia l’Ave Maria;
abbiamo meditato sull’umile disponibilità di Lei, che risponde:
“Ecco l’ancella del Signore”.
Ora meditiamo con amore anche sul tempo che segue subito dopo.
Maria è divenuta madre di Dio per opera dello Spirito Santo;
è divenuta il primo ostensorio che racchiude il Santissimo,
il primo ostensorio al mondo, la prima custodia di Lui.
Ma dov’è Dio, lì è carità e amore.
E Maria allora per carità e amore,
si reca in fretta nella regione montuosa,
in una città di Giuda,
per aiutare la cugina Elisabetta che aveva bisogno di Lei.
È stata questa, nella storia, la prima processione del Corpus Domini,
il canto dei pastori, il belato degli agnelli, il luccicare delle prime stelle,
l’aroma dell’ulivo, fu il primo incenso che si levò al cielo per Lui.
In alto i cuori; Maria è madre, Maria è Madre di Dio!
Ma il mistero dell’Incarnazione non si esaurisce a Nazareth.
L’evento di Nazareth diventa realtà palpitante,
ogni volta che si celebra la Messa.
In ogni Messa è Nazareth.
In ogni Messa è il dono meraviglioso che Maria,
ci ha ottenuto con la sua risposta a Dio e la sua risposta agli uomini:
“Sia fatto di me secondo la tua Parola”.
Sull’Altare, nell’Eucaristia, Dio assume carne e sangue umano.
Questo dono continuato del corpo e sangue di Cristo,
ci è arrivato attraverso il corpo e il sangue di Maria.
Quando questo dono, quest’Ostia scenderà in noi nella comunione,
custodiamola anche noi nell’ostensorio del nostro corpo,
portiamola in processione nel nostro cammino quotidiano.
Contemplando Maria capiamo che l’Eucaristia è nata lì,
nel grembo Verginale di Maria,
che col suo Fiat ha dato la vita a Gesù,
il quale poi la istituita nella notte dei tempi,
durante l’ultima Cena che per noi diventerà la nostra; "Cena perenne".

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