VIAGGIAMO SULLE ALI DELLA MISERICORDIA

Il nostro intento e' quello di condividere l'amore del Signore e la maternità di Maria che hanno per tutti noi anche attraverso l'organizzazione di pellegrinaggi al santuario dell'Amore Misericordioso e da alcuni anni anche a Medjugorje.



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domenica 29 maggio 2011

Vivere, amare, rendere testimonianza.

Carissimi, siate sempre pronti a rispondere a
chiunque vi domanda ragione della
speranza che è in voi.
Pietro ci ammonisce oggi, alla fine di questo
tempo di Pasqua, a diventare testimoni
del Maestro Gesù, a correre a raccontare agli
altri dell’incontro che ci ha cambiato la vita,
come le donne, come i discepoli di Emmaus.
E se ci è successo tutto questo,
se abbiamo veramente incontrato il Cristo Risorto,
è proprio perché abbiamo scoperto
che il Signore è il nostro Dio,
desideriamo restare con Lui,
con Lui camminare, come Lui gioire del Padre,
ed allora possiamo rendere ragione della
speranza che è in noi e raccontarlo.
Vogliamo allora,
essere noi a fargli un po’ di pubblicità?
Amici avete davvero scoperto la
bellezza del Dio di Gesù Cristo?
Davvero la sua Parola ha riempito il vostro
cuore, aperto le vostre ali?
Avete scoperto, nella preghiera,
la gioia d’incontrare il volto sorridente di un Padre?
Allora parlatene in giro, senza eccessi,
senza fanatismi, senza stranezze,
pronti a rendere ragione della speranza che c’è in voi.
Qualche tempo fa parlando con un gruppo di persone,
si erano accorte del mio buonumore,
sapendo dei problemi che mi trascinavo da tempo,
alla domanda del perché tanto buonumore risposi
che avevo scoperto che Dio stava condividendo le
mie sofferenze e ne ero talmente felice
che non potevo essere triste.
Qualche perplessità, stupore e disappunto,
poi qualcuno di loro mi ha chiesto
maggiori informazioni.
Vedo davvero intorno a me
tanta sete di verità e di bellezza,
di armonia e di luce e—ahimè—pochissimi
credenti disposti a mettersi in gioco.
Come raccontare il Maestro Gesù alle
tante persone assetate di verità?
Credo sia la Spirito Santo a suggerirci come fare,
cosa dire, come muoverci e sostenerci.
Lui, se lo lasciamo fare,
parla attraverso i nostri gesti
e la nostra disponibilità.
Il mondo non vede il Signore Gesù, noi,
attraverso lo sguardo della fede, sì!
È vero, l’affermazione del Risorto che
abbiamo letto in questa domenica;
chi riceve il dono della fede,
chi è disposto ad accoglierlo, questo dono,
riesce a leggere la propria vita e la storia
in maniera completamente diversa.
Possiamo diventare trasparenza di Dio,
dimorando nel suo amore, ci dice Gesù.
Come dimorare in Lui?
Osservando i comandamenti,
modo semplice e straordinario di amore.
Quando sentiamo pronunciare la parola “comandamenti”,
subito pensiamo alla fatica dell’obbligo,
alla noia dell’obbedire e il piccolo adolescente
che c’è in noi ha un moto di stizza.
No, amici, tutto ciò è sbagliato,
perché l’unico comando che il Maestro ci ha dato;
è amare e lasciarci amare, accoglierci e accogliere.
Si può “comandare” di amare?
No, certo, è gesto libero, l’amore.
Amore diventa, in realtà, una risposta all’amore
più grande che ci ha salvato.
L’obbedienza, è fidarsi del Signore,
credere che l’amore può davvero cambiare il mondo.
Noi che abbiamo conosciuto il Maestro, possiamo,
dimorando in Lui, prendendo la sua Parola come
bussola nella vita, mostrare amore e fiducia in Lui,
diventare segno e testimonianza per chi ci sta intorno.
Il mondo ha bisogno di testimoni,
di amanti, di discepoli.
Voi, ci siete?
Bene allora dice il Signore Gesù,
amatevi gli uni gli altri, come Io vi ho amato!
E con questa prospettiva vi saluto, con una
preghiera ed una santa Domenica nell'amore
del Signore Gesù.
Lunedì partiamo per Medjugorje, per
un'altra bella esperienza e vi porterò
tutti nel cuore, però vi chiedo di pregare
in particolare per Noemi, una giovane mamma
di due bambini che stà lottando con
un male particolarmente brutto, grazie
da parte sua e dei suoi bimbi.
Uniti nel Signore Gesù, Fausto.

domenica 22 maggio 2011

Il Dio di Gesù

Carissimi, forse non ci accorgiamo che il
Gesù, che celebriamo Risorto e Signore,
Gesù, che scopriamo essere più di un Maestro,
più di un Profeta, ci svela il volto di Dio.
Gesù ne parla con autorevolezza perché Lui,
in quel volto, si specchia.
La prima comunità matura questa verità sconcertante;
Gesù è la presenza stessa di Dio, il Figlio di Dio venuto
per raccontare agli uomini chi è veramente Dio Padre.
Questo accade perché quasi duemila anni di alleanza con un popolo,
Israele, non erano bastati affinche l’uomo, finalmente,
si allontanasse da tutte le rappresentazioni superstiziose
di Dio e potesse, senza più errori, conoscere nel profondo,
in intimità il volto del Padre.
Io non credo in Dio, credo nel Dio di Gesù Cristo!
Tutti ci facciamo una certa idea di Dio;
per credergli o per rifiutarlo e—mediamente—sento
dire di Dio delle cose veramente orribili.
Mi spiace veramente che tanta gente abbia una così brutta
immagine di Dio, e sono convinto che molte persone
che si credono cristiane, in realtà non si siano neanche
mai poste il problema dell’identità di Dio.
Tutta la nostra vita è una conversione dal Dio
che c’è nella nostra testa al Dio di Gesù Cristo!
Il Dio che Gesù racconta è il Dio d’Israele,
che si è svelato progressivamente, rispettando i tempi di
comprensione dell’uomo, attento alla fatica di vivere dell’uomo.
È un Dio generoso, che ama sul serio tutti i suoi figli.
Un Dio che svela agli uomini la strada per essere felici,
un Dio che conosce la sofferenza del suo popolo e
vuole liberarlo attraverso l’opera di altri uomini;
che sa pazientare e scuotere,
intervenire e sostenere, amare e forzare.
Un Dio che sa perdonare e dimenticare, che è ostinato nel
suo amore, che perseguita i suoi figli con i suoi benefici.
Un Dio stanco di essere frainteso e si fa uomo,
perché l’uomo impari ad essere Dio.
Un Dio che suda e impara, si stanca e ride, fa festa e piange,
lavora e gioisce della famiglia e dell’affetto dei suoi.
Un Dio che si piega sull’umanità ferita,
come un buon Samaritano versa sulle sue ferite
l’olio della consolazione e il vino della speranza,
si prende in carico l’uomo dolorante e lo
conduce alla locanda del Regno.
Un Dio che come un Padre, accetta che il figlio minore
se ne vada di casa con i suoi soldi, rischiando di perderlo,
purchè egli faccia le sue scelte, che lo accoglie con rispetto,
senza chiedere ragione della sua fallimentare esperienza
e gli restituisce dignità, che fa festa ed esce a convincere
il rancoroso fratello maggiore a entrare con lui.
Un Dio che si commuove fino alle lacrime,
che ama l’amicizia e l’accoglienza,
che sceglie di donarsi fino in fondo,
che non ha paura del rischio,
che vuole morire per sigillare le parole
“ti amo” rivolte a ciascuno di noi, che piange di paura e
chiede a qualcuno che lo ascolti, che pende nudo da una croce.
La croce svela la misura di un Dio sconfitto per amore,
che preferisce morire per dire l’ultima parola.
Gesù ci svela il volto di un Dio paziente,
silenzioso, timido, rispettoso dell’uomo.
Un Dio che ci lascia liberi anche di cadere nel peccato,
e poi farsi mendicante per mendicare la nostra richiesta
di perdono, perché rispetta la libertà dei suoi figli.
Dio non ci allaccia le scarpe, né ci risolve i problemi,
ci aiuta ad affrontarli.
Gesù ci svela un Dio vittorioso nella risurrezione,
che ha un piano per tutti noi, farci vivere da salvati.
Un Dio che viene là dove la sua comunità si raduna e
si rende presente nell’Eucaristia per fare festa con noi.
Una domanda; noi, in quale Dio crediamo?
Possiamo non credere in un Dio
così pieno di Amore e Misericordia?
Credo proprio di no!
Con affetto a tutti voi una santa Domenica ed una
preghiera in compagnia del Dio di Gesù da Fausto ciao.

domenica 15 maggio 2011

L'unico Pastore.

Carissimi, abbiamo 50 giorni per accorgerci
della risurrezione del Maestro.
State tranquilli; anche per gli Apostoli è stata dura;
siamo così abituati a fermarci al venerdì santo,
da avere bisogno di tempo per accorgerci che il Signore è vivo.
Anche noi rischiamo di andare al sepolcro per imbalsamare Dio,
e abbiamo bisogno di molta fede per riconoscerlo nello spezzare il pane.
Alla luce della Pasqua gli Apostoli rileggono le Parole del Maestro,
che ora hanno un significato inatteso e luminoso;
il Signore si presenta come un buon Pastore,
che conosce e ama le sue pecore, le chiama ad una ad
una per nome, le pecore lo riconoscono e lo seguono.
Gesù non è un pastore qualunque, ne un imprenditore agricolo
che tiene gli animali chiusi in una stalla o in un allevamento
intensivo o cose del genere, è un pastore buono, cioè efficace,
e vuole dare la vita in abbondanza.
Gli altri pastori, in realtà, non sono riconosciuti dal gregge,
le pecore diffidano della loro voce.
I discepoli, sul momento, non capiscono.
Gesù dice di essere una porta d’ingresso;
attraverso di Lui si arriva alla felicità.
Commentiamo questo brano cominciando dalle note dolenti.
Chi o che cosa è pastore della mia vita?
Chi la conduce e dove mi conduce?
Istintivamente ci viene da rispondere: “Io non ho pastori,
me la cavo da solo, sono libero e adulto”.
Certo, ci mancherebbe!
Pastore; possono essere la mia carriera professionale,
il giudizio degli altri, i miei sentimenti.
Se guardiamo bene; scopriamo che dietro ogni nostra azione,
esiste qualcosa o qualcuno che c’ispira.
Spesso, troppo spesso, siamo condotti dai bisogni
suscitati dal mercato; cerco di apparire più piacevole,
di essere più alla moda, di farmi accettare.
Tutto ciò è normale, in parte giusto.
Ai discepoli, però, a quelli che sulla loro strada
hanno incontrato il Risorto, a quelli che hanno superato la tristezza,
il Signore chiede di non seguire i falsi profeti, di saper
distinguere le voci suadenti di chi la felicità la vende,
di chi chiede adesione ad un sogno improbabile,
da quella di chi la vita vera-----in abbondanza---la dona.
A volte con qualche amico scherzo dicendo, viviamo in un mondo in
cui per essere felici basta poco, e sembra che tutti ne conoscano la via;
bellezza, fisicità, intelligenza, salute, lavoro, soldi, tanti soldi.
Pensate che c’è gente che addirittura ci crede!
Ci sono persone che passano la loro vita a dire che,
la ragione della propria infelicità è non essere
sufficientemente piacenti o abbastanza ricche!
Gesù pretende di proporre una vita vera, di essere la
porta attraverso cui passare per raggiungere la felicità vera.
Vi annuncio solennemente; io ho scelto.
Voglio che sia solo il Maestro, che mi conosce per nome e di
cui ormai riconosco la voce, a guidarmi sulle strade della vita.
Perciò, prendo a piene mani questa parabola del buon Pastore;
al giorno d’oggi rappresentato nelle nostre comunità
dai nostri sacerdoti, e seguire il loro insegnamento
per camminare sulla via maestra senza paura.
Mancano preti? No; manca la fede,
manca il coraggio di capire a che cosa serve un prete e,
seguirlo, come il gregge segue il suo Pastore.
Buon inseguimento, cercatori di Dio.
Con affetto, una santa Domenica in compagnia
del buon Pastore da Fausto!

domenica 8 maggio 2011

I due di Emmaus

Dopo essere tornato dal Santuario
dell'Amore Misericordioso, dove ho
trascorso e meditato con serenità
la Santa Pasqua, eccomi a casa in
questa domenica particolare, che ci
fa capire la nostra debolezza, che è
rappresentata nel brano del Vangelo
dei due ragazzi di Emmaus.
Sfiduciati, senza futuro, ripiegati su di sè,
illusi, con un grande passato alle spalle,
senza prospettive e possibilmente evitati
da tutti.
Non è la fotografia dei reduci del Vietnam
o di un gruppo giovanile che alla domenica
non sa come far sera tra una sgommata e
l'altra in automobile, è il ritratto della
nostra vita, del mondo delle nostre
relazioni, quando assaporiamo una
sconfitta e gli ideali che ci avevano uniti
non tengono più.
Ciascuno sfoglia nella sua memoria
l'album delle fotografie, le ricorda agli altri,
ma non c'è più niente che ci tiene assieme,
è il ritratto di una coppia di sposi che han
vissuto bene assieme, si sono dati amore e,
d'un tratto, la loro vita si svuota dell'interno,
è la scena dei due amici, tirati dentro,
entusiasti, nell'avventura di Gesù e ora
distrutti e delusi.
Credevano di averlo in mano: avevano
visto in trasparenza una vita nuova, ora
hanno negli occhi solo il suo cadavere,
nei pugni serrati la rabbia di essere stati
liquidati, nelle gambe un tentativo di
fuga dalla vita.
Aveva loro scaldato il cuore più di una
volta, e forse non avevano ancora fatto
il passo della fede.
A volte ci troviamo a domandarci; ma Dio,
esiste d'avvero?
Qualcuno ce lo mostrerà?
La fede non è come la pensiamo noi, ho
sempre pensato che ci fosse veramente
il bene, ma, se c'è, lo trovo sempre più
impigliato in compromessi.
Quei due discepoli, turisti sconsolati della
domenica sera, che si preparano a fare la
coda per rientrare ad affrontare un nuovo
lunedì, sono la nostra fotografia.
Ma hanno un'impennata di vita e di luce.
Si siedono a tavola con uno straniero che
ha cercato tutto il giorno di consolarli.
Quello prende un pezzo di pane,
lo spezza, lo benedice...
Si aprono loro gli occhi; questo gesto è
altamente simbolico; è vita donata e
spezzata, è un consegnarsi fino
all'ultima goccia per amore.
Si rimettono in coda per rientrare
a Gerusalemme, ma non sono gli
sconfitti della vita, i delusi del
proprio passato.
Hanno ritrovato la chiave interpretativa
della loro vita e della loro fede.
Direi; sono andati a messa, una messa di
quelle vere; in quel corpo spezzato hanno
trovato le uniche ragioni di vita.
Un augurio, che tutti voi possiate trovare
quel viandante che si fa compagno di
viaggio e vi aiuti ad aprire il cuore e la
mente, per poter assaporare ancora
di più il significato della Messa con il
Cristo Risorto, con affetto da Fausto.